Roma, 23 ott. (askanews) – Un viaggio nel magico universo del doppiaggio, per scoprire cosa significa davvero doppiare un film e quali conseguenza può avere la scelta di una voce o di un attore rispetto a un altro per la creazione dell’opera filmica. Una domanda a cui cerca di rispondere il documentario “La voce senza volto” diretto da Filippo Soldi e presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma. Lo stesso regista, girando il film, nato da un’idea di Michele Lo Foco (prodotto da Jacopo Capanna, Francesco Bruschettini e Dario Mazzoli), ha detto di aver scoperto un mondo molto interessante e di aver voluto raccontare un’eccellenza italiana.
“È l’ultimo atto della creazione di un film ma anche qualcosa che interviene prima. Se Fellini non avesse saputo che poi avrebbe doppiato, avrebbe scelto le facce che ha scelto? Quindi senza doppiaggio i film di Fellini avrebbero altre immagini, sarebbero altri film, per cui è un elemento che entra proprio nella creazione dei film”. “Noi diciamo il cinema verità, il neorealismo, attori presi dalla strada, ma la recitazione che noi sentiamo sono fiori d’attori teatrali, persone che imparano a modulare la voce, a ricercare quelle emozioni che devono esprimere con la recitazione, quindi è vero che noi vediamo le facce della strada ma sentiamo il risultato di una professionalità altissima che va considerata”.
Il documentario inizia con la voce di Stanley Kubrick che si rivolge al direttore del doppiaggio italiano di “Full Metal Jacket”, Mario Maldesi, e gli dice: “Se non hai un buon attore, ogni cosa suona falsa”. Da questa riflessione, il viaggio si snoda tra l’Accademia della Crusca, la Fondazione Zeffirelli di Firenze, partendo dal fatto che per Zeffirelli il doppiaggio fu prezioso, girando tanto in inglese; poi la Cineteca di Bologna, con interviste e aneddoti di doppiatori o nomi storici del nostro cinema, da Caterina D’Amico a Renato Cortesi, da Myriam Catania a Filippo Ascione.
“Io li ho scelti sulla base di quello che avevano doppiato ma sulla base anche di una loro costante professionalità, cioè volevo che a emergere fossero le persone che abitualmente fanno questo lavoro e poi ovviamente ne ho scelto alcune per i film che avevano doppiato”.