Roma, 21 ott. (askanews) – La satira, e non solo, piange la morte di Sergio Staino, 83 anni. Vignettista, fumettista, disegnatore tra i più noti in Italia, Sergio Staino è stato da sempre un’intellettuale della sinistra italiana, direttore anche dell’Unità tra il settembre e l’aprile del 2017 quando si dimise a seguito dello sciopero dei giornalisti contrari ai licenziamenti voluti dalla proprietà.
Nato a Piancastagnaio, in provincia di Siena, l’8 giugno 1940, Staino era figlio di un carabiniere. Portato sin da ragazzo per il disegno, laureato in architettura, aveva lavorato per lungo tempo come insegnante di educazione tecnica e si era stabilito a Scandicci, non lontano da Firenze, nel cuore della Toscana rossa. Al mondo del fumetto era approdato relativamente tardi, perché l’anno di nascita di Bobo è il 1979, quando il simpatico personaggio autoironico aveva esordito sulle pagine della rivista ½Linus», diretta all’epoca da Oreste Del Buono, riscuotendo subito un notevole successo. Iscritto al Pci, calvo, occhialuto, barbuto e piuttosto pingue, Bobo era una sorta di alter ego dell’autore, ne rifletteva le incertezze e la profonda sensibilità umana. Incarnando i sentimenti e le frustrazioni della sinistra italiana, Bobo ebbe un enorme successo. Bobo con i personaggi di contorno: la moglie Bibi, i figli Ilaria e Michele, il compagno brontolone Molotov, ancora intriso di mentalità stalinista.
Staino collaborò negli anni con il Corriere della Sera, il Venerdì, la Repubblica, Cuore. Nel 1986 fondò Tango un settimanale satirico dell’Unità, che ebbe tra i collaboratori Altan, ElleKappa, Riccardo Mannelli, Michele Serra, David Riondino, Gino e Michele, Francesco Guccini. Lo diresse fino alla chiusura nel 1989 e dalla cui esperienza nacque Cuore.
Il suo lavoro tuttavia era molto apprezzato anche al di fuori del partito. Umberto Eco ebbe a dire che uno studioso del futuro, ignaro delle vicende italiane, avrebbe trovato nelle strisce di Bobo un’ottima fonte per comprendere i cambiamenti avvenuti nella nostra società a partire dagli anni Ottanta. Nel 1984 Staino aveva vinto meritatamente il premio della Satira di Forte dei Marmi.
A Forattini, che lo aveva accusato di non avere il coraggio di rivolgere i suoi strali verso i dirigenti comunisti, Staino aeispose disegnando in prima pagina nel luglio 1986 Natta nudo e intento a ballare seguendo la musica di un’orchestrina diretta da Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Il caso fece rumore e molti nel Pci non avevano presero bene quella trovata coraggiosa.
COllaborò per quasi un anno, nel 2018, con il quotidiano dei vescovi, Avvenire, pubblicando fumetti poi raccolti nel volume Hello Jesus (Giunti, 2019). Da ricordare anche la sua attività come sceneggiatore in due film: Cavalli si nasce (1988) e Non chiamarmi Omar (1992).
Tra i tanti libri pubblicati, merita una menzione Quel signore di Scandicci (Rizzoli Lizard, 2020) una sorta di summa delle vicissitudini di Bobo. Sin dal 1977 Staino aveva accusato gravi problemi alla vista, causati da una progressiva degenerazione retinica, che con il tempo lo avevano reso quasi cieco. Aveva affrontato la malattia con estremo coraggio, assistito dalla moglie Bruna, e aveva continuato a lavorare fino all’ultimo, con l’aiuto del computer e con notevole fatica. Dal 2017 lavorava per ½La Stampa», ma non aveva perso la speranza di vedere rivivere ½l’Unità». Con il solito spirito equanime, riconosceva doti significative anche a Giorgia Meloni. Ma guardava alla vita pubblica con crescente perplessità: Oggi aveva detto in un’intervista, “c’è meno bisogno di satira. Oggi i politici si dissacrano da sé”.