Roma, 12 ott. (askanews) – Una ricerca congiunta dell’Università degli Studi di Brescia, dell’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) di Trieste e dell’Università Statale di Milano – condotta da Filippo Giorgi e James M. Ciarlo (ICTP), in collaborazione con la tesista magistrale Lara Belleri e Roberto Ranzi (Unibs) e con Maurizio Maugeri (Unimi) – dimostra il possibile incremento della frequenza e dell’intensità degli eventi precipitativi estremi a causa del riscaldamento globale nel recente passato e nel prossimo futuro.
La ricerca – pubblicata sul “Journal of Climatology” – prevede l’applicazione di un nuovo metodo di analisi dei dati pluviometrici, che consente di valutare se la frequenza dei record giornalieri di precipitazione durante un certo periodo dell’anno – cioè di valori maggiori di tutti quelli che si erano osservati nello stesso periodo negli anni precedenti – sia significativamente diversa da quella che si osserverebbe se la serie fosse stazionaria, cioè con statistiche costanti nel tempo.
L’applicazione – informa una nota – ha esaminato quattro serie secolari di dati pluviometrici italiani, osservazioni pluviometriche giornaliere disponibili su griglia in diverse regioni del Pianeta e dataset di rianalisi ottenuti a scala globale, attraverso la sintesi dei dati osservati e dei campi che si producono mediante i modelli di previsione meteorologica. Il metodo è stato poi applicato a serie ottenute simulando con modelli climatici regionali ad alta risoluzione le condizioni climatiche del futuro, utilizzando sia un’ipotesi in linea con l’obiettivo dell’accordo di Parigi (RCP2.6), che una (RCP8.5) che si otterrebbe se non venissero prese misure di riduzione delle emissioni di gas serra, il cosiddetto scenario “business as usual”.
Valutando le deviazioni dei dataset rispetto a quanto ci si aspetterebbe in condizioni stazionarie, si è riscontrato come nella maggior parte delle aree del globo – nonostante qualche incoerenza tra le varie regioni – negli ultimi decenni, ci sia una tendenza all’incremento della frequenza dei record di intensità della pioggia con il tempo, e quindi di eventi piovosi estremi, in particolare sulla regione Europea. Per gli scenari futuri, i risultati indicano una forte tendenza all’aumento dei record di intensità della pioggia nello scenario “business as usual”, mentre questa tendenza è molto ridotta nello scenario dell’accordo di Parigi.
I risultati hanno dimostrato che se saremo capaci di contenere le emissioni dei composti climalteranti rispettando quanto previsto dagli attuali accordi internazionali, l’accentuazione dei record pluviometrici sarà contenuta, e affrontabile con adeguate misure di adattamento. In caso contrario, alla fine del XXI secolo, in molte aree del globo, la probabilità di avere eventi pluviometrici di intensità senza precedenti rispetto al passato potrebbe aumentare fino a più del 100%, con gravi implicazioni per diversi settori socioeconomici.
“I risultati delle analisi effettuate dal team – osserva il prof. Roberto Ranzi, Ordinario di Costruzioni idrauliche e marittime e idrologia Unibs – mostrano come l’aumento delle precipitazioni giornaliere estreme sia già osservabile, mediamente, sul globo pur con significatività statistica che varia da luogo a luogo”.
“I risultati di questa ricerca mettono in evidenza chiaramente come l’evoluzione futura della frequenza con la quale si presenteranno precipitazioni eccezionali dipenderà fortemente dalle misure che verranno adottate a livello planetario per contenere la crescita delle concentrazioni atmosferiche di composti climalteranti”, commenta il prof. Maurizio Maugeri, climatologo dell’Università Statale di Milano.