Milano, 10 ott. (askanews) – “Sono felice di essere qui, sono vicino alle 40 volte in questo posto magico ma non mi abituo mai. Ho una brandina dietro al palco ci dormo tutto l’anno e ogni tanto mi dicono, vieni adesso tocca a te!”, esordisce così Luciano Ligabue davanti al pubblico dell’Arena di Verona. Dopo aver fatto “urlare contro il cielo” di Milano e Roma 100.000 persone che a luglio hanno assistito ai due eventi allo Stadio San Siro e allo Stadio Olimpico, il Liga è tornato a cavalcare il palco più amato con due date completamente sold out all’Arena di Verona (lunedì 9 e martedì 10 ottobre) e poi, fino a dicembre, sarà nei palasport delle principali città italiane.
“Ho scelto di fare una scaletta diversa ogni sera, e quindi sono andato a pescare tra brani che era un po’ che non facevo, ogni sera ci sarà qualcosa di diverso, fosse per me ne suonerei molte” ma ha anche voluto dare tanto spazio al nuovo album “Dedicato a noi” con ben sei canzoni in scaletta, tra cui quelle che ha definito una delle sue canzoni più belle di sempre: “La Metà della mela”. “Ho inserito i testi dei nuovi brani sui visual per supportare le nuove canzoni, una volta quando usciva un album dopo una settimana i fan sapevano tutte le canzoni a memoria, ma ora è tutto troppo veloce e ho voluto sostenere questi brani che spero abbiano una vita lunga, ora li porterò in tour e poi vedremo”.
Poi il momento più emozionante, il rocker ha voluto sottolineare l’importanza della memoria. Luciano Ligabue ha fermato la musica all’Arena di Verona chiedendo un minuto di silenzio all’ora in cui, sessant’anni fa, il 9 ottobre 1963, ci fu la disastrosa inondazione del Vajont, rendendo omaggio alle 1.910 vittime. “Chiedere il silenzio è stato un po’ uno shock perché un mio concerto predispone alla festa, ma ho sentito che dovevo farlo, tutti dobbiamo fare la nostra parte” ha spiegato ai giornalisti al termine del concerto. Durante l’esibizione si è rivolto direttamente ai fan: “Una delle cose peggiori dei tempi che stiamo vivendo è che la velocità ci porta ad avere continuamente bisogno di impulsi forti, e questo sta accorciando la nostra memoria. Esattamente sessant’anni fa, in questo momento, un monte è franato all’interno di un bacino e 270 milioni di metri cubi di roccia sono finiti in quel bacino creando un’onda alta si dice 250 metri, dieci volte l’altezza che c’è da qui al tetto. Non ci possiamo permettere di dimenticare. Quindi vi chiedo una cosa che non si fa mai ai concerti, un minuto di silenzio, dedicato non solo a loro ma anche alla nostra memoria nel momento in cui lo facciamo”.
Il silenzio, il buio, gli applausi e poi di nuovo la musica. Una raffica di successi ed energia che fanno cantare e ballare l’Arena. Le chitarre la fanno da padrone, vero elemento rock che trascina i cuori dei fan. “Ho da sempre il senso del dovere catto-comunista, sento di dover fare felice la gente – racconta Luciano -. Sono tossico da palco, io suonerei dal vivo tutte le sere e ho ancora bisogno della conferma del pubblico e di sentirmi parte di un noi, per questo Dedicato a noi per me è così importante”.
“Dedicato a noi” è il quattordicesimo album di inediti e la venticinquesima uscita discografica della sua carriera ultra-trentennale.
Sempre tra palco e realtà, più sopravvivente che sopravvissuto, ha voluto chiudere il concerto con tre bis, partendo da “Dedicato a Noi” poi facendo impazzire l’Arena con “Certe Notti” e dando l’arrivederci ai prossimi live “Urlando contro il Cielo”.
Di Alessandra Velluto