Roma, 8 ott. (askanews) – Il successo dell’export italiano nel mondo non è solo frutto del lavoro delle imprese esportatrici, bensì anche di una forte filiera domestica, composta prevalentemente da imprese di piccole e medie dimensioni, su cui gli esportatori fanno affidamento per la realizzazione di prodotti finali a grande valore aggiunto. E’ quanto emerge da un’analisi elaborata dall’Ufficio Studi di Sace.
Il 71% del Valore Aggiunto incorporato nell’export della manifattura italiana è domestico, in linea con quello tedesco, mentre Francia e Spagna – caratterizzate da economie relativamente meno manifatturiere – mostrano un’incidenza più elevata del valore aggiunto estero.
L’Italia mostra una più alta incidenza della componente indiretta, vale a dire che il valore aggiunto incorporato nell’export proviene per il 37% da un settore italiano diverso da quello che esporta. Questo dato suggerisce quanto le imprese di tutte le dimensioni – e non solo le grandi – occupino un ruolo di rilievo all’interno delle filiere produttive italiane.
Ad esempio gli alimentari e bevande vedono un apporto significativo del valore aggiunto domestico indiretto, il settore mostra infatti un’alta incidenza del valore aggiunto delle materie prime agricole, nonché dei servizi di distribuzione e vendita e, anche se in misura minore, del packaging, spesso prodotto da altri settori quali metalli, vetro e plastica.
In Germania prevale invece la componente diretta, riflesso anche di settori più grandi e maggiormente articolati, all’interno dei quali le imprese riescono a produrre una più ampia parte del prodotto finale.