Milano, 1 ott. (askanews) – Con un colpo di forchetta magica le chef Viviana Varese e Ritu Dalmia hanno trasformato il loro indirizzo milanese “Spica” in “Polpo”. Nasce così sul lungomare di via Melzo una trattoria di pesce che si ispira agli anni Ottanta e che punta tutto su materie prime eccellenti a prezzi interessanti. “E’ un voler tornare agli inizi della mia carriera con la cucina che facevo con la mia famiglia – sintetizza la chef 1 stella Michelin con il suo “ViVa” – mescolato con l’esperienza dei miei ultimi vent’anni”.
Quello al civico 9 di una delle vie della movida di Porta Venezia, è un grande spazio informale diviso tra il bar per gli aperitivi e la sala dove si cena. Nel primo si consumano ostriche e una ventina di tapas pescecentriche golosissime, nel secondo il ricco menù si divide in “crudi e marinati”, “vapore e sautè”, “brace”, “fritti” e “padelle” (dalle cozze, ai cannolicchi fino ai gamberoni al cognac), ma offre anche la pasta e le verdure, tutto preparato da una brigata capitanata dalla giovane ma collaudata Valentina Gaeta, e da godere con le gambe sotto il tavolo.
Finalmente in questo progetto-bis che la Varese ha intrapreso nel 2019 con la socia indiana Dalmia, anche il vino trova lo spazio che merita. Certo è più facile abbinare il vino a pesce, frutti di mare e molluschi piuttosto che a bao, gyoza e riso alla curcuma che caratterizzavano la cucina fusion di “Spica”, ma è anche un segno di un’attenzione in più rispetto al passato, che va di pari passo con quella per il servizio in sala. La Cantina di “Polpo” ha alle spalle il sommelier di “ViVa”, Alessandro Limongelli, ma è nella mani del 26enne Davide Gianni.
“Abbiamo 180 etichette, una trentina delle quali di rosso e le altre equamente divise tra bollicine, e bianchi e rosè fermi” racconta Gianni ad askanews, spiegando che “la maggior parte delle bolle sono Champagne, seguiti dai Franciacorta, ma non solo”. “Mi piace però sottolineare che in carta, oltre a grandi e importanti Cantine, abbiamo tanti piccoli produttori, soprattutto campani e ancor più siciliani, alcuni dei quali non rientrano nelle Doc ma sono davvero interessanti” aggiunge Gianni, parlando di un’offerta ricca pensata per sposarsi con tutte i sapori e le differenti cotture della cinquantina di piatti in menù. Per la Sicilia ci sono i vignaioli della celebratissima zona dell’Etna ma anche del territorio di Noto, dove la chef salernitana classe 1974 ha altri due ristoranti.
Non mancano le referenze biologiche, qualche vino naturale, i passiti e persino alcune etichette di Vermouth. Si parte dai 25 euro e si arriva ai 400 delle bottiglie più blasonate, ma si può anche bere al calice scegliendo tra una dozzina di vini. Sugli scaffali le bottiglie riportano due prezzi, il costo al tavolo e quello per l’asporto: un plus prezioso.