Roma, 15 set. (askanews) – E’ un continuo richiamo alla Costituzione e ai principi su cui è nata la Repubblica quello che il capo dello Stato Sergio Mattarella pronuncia davanti all’assemblea di Confindustria, un appello ad una comune assunzione di responsabilità di fronte alle sfide che il Paese ha di fronte. Un intervento che inizia con l’ammonimento a non cedere alla “paura” e con la sferzata alle tentazioni populiste che attraversano la società: il presidente denuncia il “prevalere di inerzia ovvero di impulsi di ansia, di paura” e mette in guardia da “due possibili errori: una reazione fatta di ripetizione ossessiva di argomenti secondo i quali, a fronte delle sfide che quotidianamente la vita ci propone, basta denunziarle senza adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni”.
Il capo dello Stato cita Luigi Enaudi, che invitava gli italiani a non credere “‘di dover la salvezza a nessun altro fuorché se stessi”. Oggi diremmo: a noi stessi e agli altri popoli coi quali abbiamo deciso di raccoglierci nell’Unione Europea”. Ricorda anche Franklin Delano Roosevelt che esortava: “La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”.
Mattarella, quindi, richiama “il legame, per quanto possa a molti apparire scontato, tra economia e democrazia”, ricorda gli effetti sulle democrazie della crisi economica del primo dopoguerra e aggiunge: “Una economia in salute contribuisce al bene del sistema democratico e della libertà, alla coesione della nostra comunità”.
Qui il discorso si rivolge più direttamente alla platea che lo ascolta. “La democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d’intraprendere dei cittadini”. E’ il “capitale sociale” del paese, un patrimonio da “non impoverire”. E, sottolinea, si tratta di una “responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all’estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili”.
Le imprese, sottolinea Mattarella, sono “al centro di un sistema di valori, non solo economici” e dunque “generare ricchezza è una rilevante funzione sociale” ma “naturalmente, non a detrimento di altre ricchezze, individuali o collettive” perché “non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione nel momento in cui definisce le regole del gioco. Il principio non è quella della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione”.
Così come bisogna ricordare sempre che “principio fondamentale della democrazia” è “evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti”. Di tutto il potere, sia quello politico-istituzionale che quello economico.
Non è in discussione la libertà di impresa, sancita dalla Costituzione – sottolinea il presidente – ma bisogna sempre tenere presente di un punto: “In quali condizioni si attua il precetto costituzionale?”.
La risposta è nel concetto di “utilità sociale” perché “le imprese non sono estranee all’art.3 della Carta che ricorda come sia compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E, aggiunge, l’economia di mercato non pone in discussione i “valori costituzionalmente rilevanti” come “il rispetto della dignità umana e il dovere di solidarietà”.
Il punto è, insiste Mattarella, che “l’Italia progredisce e si sviluppa con il dialogo tra le parti sociali”. Non può mancare un richiamo al tema della sicurezza sul lavoro che “interpella la coscienza di ciascuno” al punto che sarebbero “incomprensibili imprese che contro il loro interesse non si curassero della salute dei propri dipendenti”.
Insomma, nessuna “egemonia delle istituzioni”, nessuna pretesa di dirigismo, ma vanno rifiutate anche le pretese di “pseudo-assolutismo imprenditoriale”, compreso quello dei “giganti ‘over the top'” che non possono essere “legibus solutis”, al di sopra della legge.
Il presidente conclude con un messaggio di ottimismo: “Adesso tante imprese sono state colpite dall’alluvione. Le avversità si manifestano su più fronti. L’interrogativo è: la nostra comunità è adeguatamente resiliente? È sufficientemente desiderosa di futuro, di voler guardare avanti?”. La risposta è positiva: “Abbiamo fiducia nel nostro Paese e nel suo futuro; e sapere di avere il mondo dell’impresa impegnato, con convinzione e con capacità, per il progresso dell’Italia, è motivo di conforto e di grande apprezzamento”.