Roma, 29 ago. (askanews) – In una lunga lettera, il segretario generale del Consiglio generale degli italiani all’estero Michele Schiavone ricorda la tragedia di Mattmark, avvenuta il 30 agosto 1965 quando una valanga investì il cantiere per la costruzione della diga nella località svizzera causando la morte di 88 operai italiani, e avverte dal rischio della metamorfosi del pensiero dominante.
“La presenza degli italiani in Svizzera rappresenta dei forti richiami di successi, che negli anni hanno accompagnato la storia di questo paese sostenendolo nella trasformazione sociale, modificandone parte della cultura, delle abitudini e delle tradizioni permeandolo di uno stile di vita che si accosta a quello del Bel Paese. Nel dopoguerra del secolo scorso gli italiani in Svizzera hanno fortemente contribuito allo sviluppo civile ed economico, al progresso elvetico: oggi sono diventati in prevalenza doppi cittadini e molti di loro dividono i sentimenti e l’orgoglio nazionale a seconda della contingenza e della convenienza”, scrive Schiavone.
“Il lungo percorso di integrazione e di affermazione dei diritti di cittadinanza e del lavoro è stato irto di ostacoli, a volte intriso di pregiudizi e di marginalizzazione che hanno segnato come uno stigma intere generazioni e classi sociali di nostri connazionali succedutesi in Svizzera”, aggiunge.
“In questa cornice storica e sociale è di grande rilevanza ricordare la tragedia di Mattmark e la profonda cesura che rappresentò quella triste circostanza per il futuro della presenza italiana in Svizzera: da una parte l’intero mondo operaio privo di diritti ai quali si schiudeva un avvenire migliore, dall’altra un mondo imprenditoriale consapevole di malcelate colpe e abusi di sfruttamento, schivo e restio a riconoscere ed applicare forme elementari di riconoscimenti di diritti del lavoro”.
“In questi giorni commemorativi la tragedia di Mattmark rivive attraverso le gesta e l’incessante impegno dell’Associazione italiana del Vallese e delle rappresentanze diplomatiche consolari italiane in Svizzera, che a 58 anni di distanza dalla morte di 88 operai – dei quali 56 italiani – hanno pedissequamente rinnovato l’appuntamento con quella storia per non perdere di vista le cause e gli effetti di quel tragico sacrificio umano. La ricerca della verità fattuale e storica di quella tragedia rappresenta un dovere civico e giuridico verso le vittime e le famiglie, costrette perfino a pagarsi il processo. Sono trascorsi tanti anni da quella tragedia, sarebbe ora di riscrivere la storia in maniera oggettiva!”, sottolinea Schiavone.
“Trasposta ai nostri tempi la narrazione della tragedia di Mattmark, che ha alimentato per lunghi anni il discorso pubblico per riempire pagine intere di giornali e numerose pubblicazioni documentaristiche, vuole rappresentare un monito e una sollecitazione: un monito a non perdere di vista i diritti acquisiti in ambito sociale e civile cercando di farli avanzare per creare condizioni di vita migliori e più sicurezza nel mondo del lavoro; una sollecitazione alle giovani generazioni di italiani residenti, nati e cresciuti in Svizzera a mantenere vive e valorizzare le caratteristiche culturali, sociali e civiche per le quali si sono battuti le loro madri e i loro padri e di cui sono degni eredi”.
“In questo pur difficile compito di avvicinamento tra le generazioni resta ferma la riconoscenza verso chi, pur nelle difficoltà, è riuscito a innescare un processo di integrazione dal quale sono nati e si stanno affermando figli migliori, che guardano alla Svizzera e all’Italia con occhi spalancati sul futuro. A distanza di anni pur nelle inaccettabili giustificazioni il sacrificio di Mattmark non è stato vano”, conclude.