Solo un paziente obeso su 1000 riesce ad accedere alle cure
Ago 29, 2023
Roma, 29 ago. – L’obesità, patologia o fattore di rischio? Di sicuro va considerata una delle condizioni tra le più diffuse in Italia e nel mondo, con quasi la metà degli italiani in sovrappeso e il 10%, una persona su dieci, clinicamente obesa nel nostro Paese. È poi una condizione che genera malattie: diabete tipo 2 per quasi il 60% dei casi, cardiopatia ischemica nel 21% dei casi e fino al 42% di alcuni vengono ricondotti all’obesità che causa, nei pazienti più gravi – di classe III – una riduzione dell’aspettativa di vita tra i 10 e i 15 anni. A queste si aggiunge la maggior predisposizione a forme tumorali quali ad esempio al colon e, nelle donne, all’endometrio, ma anche a neoplasie epato-bilio-pancreatiche, neoplasie linfoproliferative e cancro al seno post menopausale. È, infine, una condizione complessa, che richiede un approccio multidisciplinare ed un percorso del paziente capace di integrare supporto psicologico e psichiatrico, terapia farmacologica, corretto regime alimentare e, ove indicato, l’intervento chirurgico.
“Tutti i dati in nostro possesso dimostrano che l’obesità è una malattia in sé stessa e come tale va riconosciuta sia dallo Stato che dalla società – dichiara il professor Giuseppe Navarra, responsabile del centro di eccellenza di chirurgia bariatrica e direttore delll’UOC Chirurgia Generale ad indirizzo oncologico del Policlinico G. Martino di Messina e presidente eletto SICOB – Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche -. Questo significa capire che i malati d’obesità non hanno colpa della loro condizione. L’obesità non è un vizio, ma è il prodotto di diversi fattori, molti dei quali stiamo progressivamente isolando e comprendendo: dai processi cerebrali che regolano in maniera alterata la sensazione di sazietà alle tante disfunzioni nell’assorbimento dei nutrienti. Accettare l’obesità come patologia significa riconoscere l’impatto gravissimo delle sue conseguenze – con malattie croniche e tumori – ma anche prepararsi a garantire quelle cure alle quali i pazienti hanno diritto: dai nuovi farmaci all’accesso ai circa 130 Centri Chirurgici multidisciplinari certificati e regolati. A tutto questo, SICOB continuerà a dare particolare attenzione fornendo assistenza ai soci nell’affrontare problematiche di tipo medico-legale e alla comunicazione dell’obesità come patologia e della chirurgia metabolica e bariatrica come possibile soluzione, nei casi indicati. Inoltre, ci dedicheremo alla revisione dei criteri di accreditamento tanto dei centri che dei chirurghi e ad implementare uno strumento eccezionale di monitoraggio degli esiti della chirurgia. Mi riferisco al Registro di cui SICOB si è dotata tra i primi al mondo, e che proprio per tale motivo necessita di una profonda e continua revisione. L’inesauribile mole di dati raccolti sarà poi oggetto di analisi e comunicazione dei dati alla comunità scientifica sotto la regia di un comitato scientifico”.
La chirurgia dell’obesità (o chirurgia metabolica e bariatrica) è, infatti, per quella parte di pazienti con BMI – body mass index superiore a 30, la cura più efficace per l’obesità, portando alla riduzione di fino al 70 per cento del peso in eccesso. È una chirurgia sicura – con il tasso di complicanze più basso dell’intero spettro chirurgico (0,05 per cento) e i cui effetti positivi si protraggono nel tempo. Purtroppo, è, ancora, una chirurgia cui si ricorre molto raramente – l’1% – rispetto al bisogno effettivo. Gli interventi sono aumentati sì del 300 per cento negli ultimi dieci anni, toccando i circa 30mila all’anno, ma coloro che potrebbero, potenzialmente ed effettivamente, trarne beneficio si stima superino i 3 milioni, ovvero il 50 per cento delle persone con obesità, in Italia circa 6 milioni.
“I dati sono inequivocabili. – spiega il dottor Giuseppe Maria Marinari responsabile U.Op. Chirurgia Bariatrica all’IRCCS Humanitas di Milano – Secondo uno studio condotto dall’Università dello Utah su 22mila pazienti obesi per 40 anni, la mortalità di coloro che si erano sottoposti a chirurgia metabolica e bariatrica si è rivelata decisamente inferiore a quella delle persone con obesità non operate. A loro volta, i pazienti operati hanno una probabilità di morte inferiore del 16 per cento in assoluto e del 29 per cento per le malattie cardiache, del 43 per cento per tumore, e del 72 per cento per il diabete. La chirurgia dell’obesità va estesa ai pazienti per i quali è indicata, perché ha un impatto diretto e sostanziale sia sulla qualità di vita che sull’aspettativa di vita”.
“Bisogna sfatare un pregiudizio che ancora oggi persiste – si inserisce il Professor Marco Antonio Zappa, attuale Presidente SICOB – e cioè che la chirurgia metabolica e bariatrica possa essere considerata un intervento di tipo estetico volto a soddisfare i capricci del paziente, “colpevole” di essere una persona con obesità. Questo approccio trascura invece i tantissimi fattori che portano all’obesità quali predisposizione genetica, traumi psicologici, problematiche culturali. Manca la consapevolezza del fatto che si tratta di una malattia per la quale l’intervento si può rivelare un vero salva-vita. Non a caso l’obesità patologica è spesso definita il cancro del terzo millennio. Se non ci fosse l’obesità avremmo il 12% di tumori in meno nell’uomo e il 13,5% nella donna. Per questo tutti questi fattori fanno dell’obesità una malattia gravissima, la seconda causa di morte al mondo. Ma fino a quando continueremo a considerarla un problema estetico di cui il paziente è responsabile, non ne verremo mai fuori “.
“Non si pensi, però, – riprende e ribadisce Marinari – che la chirurgia metabolica e bariatrica sia una bacchetta magica per il dimagrimento oppure per l’aspetto estetico. Al contrario, è un intervento che richiede assoluta consapevolezza e assistenza. Non va bene per tutti e bisogna sapere dire di no ai pazienti, facendo anche capire che l’intervento bariatrico farà venire meno non solo lo stimolo ma anche l’interesse e la gratificazione del cibo: un elemento importante e decisivo nell’equilibrio emotivo della persona. Il paziente affetto da obesità è, infatti, una persona spesso fragile perché reduce, quando si presenta al chirurgo, da molti anni di tentativi falliti di dimagrire. Quello di cui abbiamo bisogno, dunque, è un’umanizzazione delle cure ma, alla luce del vasto bacino di pazienti che avrebbero bisogno dell’intervento, abbiamo bisogno anche di un’urgente razionalizzazione delle risorse. L’adozione del protocollo ERAS® (Enhanced Recovery After Surgery) in chirurgia metabolica e bariatrica è la chiave per raggiungere entrambi gli obiettivi: attraverso una serie di procedure standardizzate, superando pratiche tradizionali ma poco efficaci della chirurgia e avendo cura di includere le aspettative, le priorità e i feedback dei pazienti nel percorso di cura, l’applicazione del protocollo ERAS riduce, di fatto, i tempi di ospedalizzazione migliorando l’esperienza del paziente e permettendo di curare più persone con le stesse risorse”.
La costante innovazione tecnologica è all’origine sia dei traguardi scientifici che della minore invasività degli interventi.
“La grande diffusione della chirurgia metabolica e bariatrica – conferma il professor Marco Raffaelli, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Endocrina e Metabolica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – è stata resa possibile negli ultimi 20 anni dalla definitiva affermazione della chirurgia laparoscopica, cioè la tecnica mininvasiva che, attraverso piccole incisioni e l’utilizzo di microcamere, permette di effettuare interventi chirurgici complessi con ripresa più rapida e ridotte complicanze rispetto alle tecniche del passato. L’introduzione delle piattaforme robotiche ci ha poi permesso di fare un importante passo in più. L’uso dei robot chirurgici nella cura dell’obesità è particolarmente indicato in alcuni casi, i più complessi, (grandi obesi, re-interventi) e permette di ridurre in maniera significativa il numero degli interventi necessari a raggiungere un livello di performance ottimale, rendendo molto più rapida la curva di apprendimento. L’impiego di programmi AI – Intelligenza Artificiale, inoltre, potrà nel prossimo futuro avvicinarci al traguardo di una medicina dell’obesità personalizzata, aiutando il chirurgo nell’esecuzione dell’intervento. E’, comunque, da sottolineare che la scelta del percorso terapeutico più adeguato va inserita nella prospettiva di una valutazione multidisciplinare di ogni singolo paziente che tenga conto della sua individuale unicità, in termini di abitudini alimentari, aspetti psicologici e comorbidità”.
Tra le innovazioni degli ultimi 5 anni figurano anche nuovi approcci chirurgici per il trattamento sia dell’obesità che del reflusso gastroesofageo. “L’obesità – racconta il professor Stefano Olmi, Responsabile della Unità Operativa di Chirurgia Generale e Oncologica, Centro di Chirurgia Laparoscopica avanzata e Centro di Chirurgia dell’obesità presso il Policlinico San Marco a Zingonia – Bergamo – aumenta il rischio di molte altre patologie in comorbidità. Oltre ai già citati diabete e tumori – del colon, endometrio e mammella in particolare – vanno contati anche ipertensione arteriosa, apnee notturne e dolori articolari. L’intervento chirurgico non risolve solo il problema del peso, ma anche le comorbilità associate. Non fa eccezione il reflusso gastro-esofageo, patologia associata a circa il 30 per cento degli obesi oltre che quella che pone più difficoltà dal punto di vista chirurgico. Il reflusso, infatti, è peggiorato dall’obesità ma, al contempo, preclude l’esecuzione di alcuni degli interventi bariatrici. È, inoltre, spesso sottovalutato nelle diagnosi, ma può portare a forme sintomatiche gravi e dolorose se trascurato. La soluzione che abbiamo sviluppato più di 5 anni fa – continua Olmi – è stata quella di associare l’intervento di plastica anti-reflusso (secondo la tecnica di Rossetti o Nissen) all’intervento di riduzione del volume dello stomaco (sleeve gastrectomy). Fondamentale premessa di questo percorso virtuoso è l’attenzione diagnostica per il reflusso attraverso gastroscopia, PH metria e manometria esofagea. L’associazione delle due tecniche chirurgiche permette al paziente obeso di perdere peso, risolvere comorbidità e non avere più problemi legati al reflusso gastro-esofageo”.
L’approccio olistico alla cura dell’obesità si riflette anche nella strategia di grandi aziende high-tech come Medtronic, uno dei leader mondiali dell’industria medica e delle tecnologie per la salute – presente con stand ai congressi SICOB e IFSO a Napoli.
Il Senior Business Director Surgical Innovation, Manuel Abate spiega: “Oggi più che mai la salute è uno snodo fondamentale per lo sviluppo delle nostre società attraverso sfide e parole chiave quali ‘Intelligenza Artificiale, big data, machine learning, connettività e digitalizzazione ma anche robotica, mini-invasività e miniaturizzazione delle tecnologie mediche ed infine telemedicina e remotizzazione delle cure’. In Italia il peso della cronicità affligge il 40% della popolazione, ponendoci di fronte a nuove sfide di sostenibilità, aspettative di salute, inclusione e accesso egualitario alle cure. Medtronic riconosce il ruolo sociale e la responsabilità che questo momento richiede alle aziende di tecnologia medica e ha l’ambizione di guidare un’evoluzione senza eguali, una rivoluzione dell’HealthTech dove l’assistenza sarà predittiva e personalizzata, dove i pazienti saranno curati prima e anche fuori dagli ospedali in assistenza digitale a distanza e dove ci sia un equo accesso all’innovazione, con una salute più sostenibile e inclusiva. Il nostro claim esprime bene questa direzione: attraverso Intelligenza Artificiale, digitalizzazione, robotica e telemedicina puntiamo ad “Ingegnerizzare lo straordinario”.
L’innovazione nella chirurgia metabolica e bariatrica passa anche attraverso la metodologia e lo sviluppo delle linee guida. “La chirurgia italiana in questo ambito è una delle più influenti e rispettate al mondo – spiega il professor Maurizio De Luca, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale dell’ospedale di Rovigo e vicepresidente SICOB – e la nascita sia della Federazione mondiale che europea delle società scientifiche di chirurgia bariatrica (IFSO) deve molto all’azione di un luminare italiano come Nicola Scopinaro, recentemente scomparso”.
“Il XXXI Congresso Nazionale della SICOB è un evento senza precedenti perché si accompagna al XXVI Congresso Mondiale dell’IFSO – annuncia il presidente del Congresso, professor Mario Musella Ordinario di Chirurgia generale e Resp. U.O.C. Chirurgia generale ad indirizzo Bariatrico ed Endocrino Metabolico A.O.U. Federico II di Napoli – Avremo quindi l’opportunità di valutare quanto il peso scientifico raggiunto dalla SICOB, una delle Società fondatrici dell’IFSO, non abbia nulla da invidiare alle eccellenze internazionali riunite a Napoli a fine agosto per il Congresso Mondiale della Chirurgia dell’Obesità IFSO. Noi come SICOB evidenzieremo, tra le altre cose, l’importanza sociale della chirurgia metabolica e bariatrica perché il nostro scopo è restituire ai pazienti uno status di salute ottimale e una ritrovata qualità di vita. In noi, i pazienti ripongono tutte le loro aspettative e la volontà di cambiare la propria esistenza, maturata dopo anni di dubbi, di sofferenze, di isolamento. Per questo motivo noi li “prendiamo in carico” dando loro una nuova motivazione e fornendo loro percorsi chiari, sicuri e codificati. È importante, infatti, ricordare che non si tratta di procedure banali, ma di interventi chirurgici importanti, che vengono eseguiti in base a protocolli nazionali e internazionali precisi. Desidero sottolineare infine che la chirurgia non è per tutti ma viene scelta, dopo molte valutazioni ed esami, da team multidisciplinari”.
“Non a caso, le nuove linee guida SICOB per la chirurgia metabolica e bariatrica in Italia adottano la metodologia più rigorosa al mondo (GRADE®) – sottolinea, infatti, Maurizio De Luca -, si basano cioè sull’evidenza più solida della letteratura scientifica, a sua volta soppesata in un processo di severa e preliminare analisi critica, e constano di 32 raccomandazioni stilate da 70 esperti. Le linee guida saranno pubblicate, appena saranno approvate dall’Istituto superiore di sanità, ma il loro verdetto è chiaro: la chirurgia metabolica e bariatrica è il trattamento migliore tra quelli disponibili per il trattamento delle classi di obesi con indice di massa corporea superiore a 30. Gli interventi chirurgici offrono i migliori risultati a medio (5 anni) e lungo termine (10 anni)”. Ancora De Luca che, oltre ad essere coordinatore delle linee guida nazionali SICOB è autore delle Linee guida mondiali IFSO, aggiunge: “Ulteriore novità è rappresentata dall’indicazione favorevole all’intervento anche negli anziani e in alcuni casi di adolescenti. La scarsità degli interventi rispetto al numero di pazienti che potrebbero beneficiarne, è imputabile al limite delle risorse del SSN destinate alla chirurgia. Sono pochi i centri in Italia esclusivamente dedicati alla chirurgia metabolica e bariatrica e la maggior parte delle chirurgie può dedicare solo una parte delle sue energie a questi interventi che si stanno dimostrando indiscutibilmente salva vita, sul lungo periodo, per i pazienti”.
L’innovazione ha recentemente ampliato anche la disponibilità di nuovi farmaci per la cura dell’obesità. Farmaci che, secondo il professor Francesco Rubino, Ordinario di Chirurgia Metabolica al King’s College London hanno già dato buoni riscontri in studi clinici randomizzati. Anzi, “uno dei risultati dell’avvento di farmaci efficaci è quello di contribuire a far comprendere l’obesità come un problema medico, non di stile di vita” sottolinea il professor Rubino. Secondo una ricerca appena effettuata dall’organizzazione internazionale non-profit Metabolic Health Institute di cui Rubino è fondatore e Presidente, vi è ancora una diffusa tendenza, anche fra le stesse persone affette, ad attribuire le cause dell’obesità ad un problema di mancanza di responsabilità personale. Lo studio-sondaggio condotto su una popolazione di 1000 persone affette da obesità – dal titolo “Knowledge and Attitudes About Bariatric Surgery and Weight Loss Drugs Among Adults with Obesity” – ha rivelato infatti che la maggior parte degli intervistati considera l’obesità semplicemente come conseguenza di scelte individuali e facilmente modificabili come mangiare troppo e fare poco esercizio fisico. “La ricerca scientifica ci ha mostrato tuttavia che questo non è vero: le cause dell’obesità sono infatti più complesse e in parte ancora sconosciute – afferma Rubino -. In particolare, contribuiscono allo sviluppo dell’obesità, predisposizione genetica e familiare e il ridotto accesso a cibi sani e non ultra-processati (il che spiega, almeno in parte, la correlazione tra obesità e povertà)”.
“Bisogna sfatare, perciò, due miti sbagliati e dannosi: non è vero che l’obesità è semplicemente una “scelta” dell’individuo e, d’altra parte, non è vero che dieta e movimento fisico da soli possano far guarire dall’obesità. Una dieta equilibrata e l’attività fisica possono sì prevenire l’insorgenza dell’obesità e adiuvare i trattamenti per curarla, ma non sono la cura in sé, allo stesso modo come l’evitare di fumare è importante nella prevenzione dei tumori ma non nella loro cura: ad oggi, la cura più efficace per l’obesità e, in particolare, per il diabete di tipo 2, è la chirurgia metabolica e bariatrica. Nel caso di diabete di tipo 2 grave e comorbidità multiorgano l’intervento chirurgico è infatti spesso risolutivo e salva-vita. Lo studio del Metabolic Health Institute dimostra tuttavia come i pazienti e il pubblico in generale non siano quasi per nulla al corrente di quest’evidenza scientifica. Ciò spiega in buona parte il perchè oggi meno del 1% dei candidati alla chirurgia ricorrano a questa terapia. E’ vero, peraltro, che i nuovi farmaci sono oggi un’ottima aggiunta alle nostre opzioni terapeutiche; se gli studi ulteriori confermeranno i risultati anche sul lungo periodo saremo presto in grado di approcciare l’obesità in maniera simile a come trattiamo oggi altre malattie croniche. La speranza è quella di non continuare a confondere – come invece troppo spesso accade oggi – prevenzione e terapia e di poter approcciare l’obesità in maniera più razionale, facilitando l’accesso dei pazienti a terapie scientificamente provate ed efficaci”.
“Per questo l’approccio alla cura dell’obesità deve dispiegarsi su tutti i livelli – conclude il presidente eletto SICOB Giuseppe Navarra -. Nel prossimo futuro, dobbiamo estendere e aumentare la conoscenza attraverso: formazione continua delle figure professionali; confronto con i decisori politici al fine di approvare nelle diverse Regioni dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA ) per la cura dell’obesità e, infine, costruire reti al pari di ciò che è avvenuto per lo Stroke, l’infarto del miocardio ecc.; comunicazione all’opinione pubblica dell’obesità come patologia e della chirurgia come il più efficace strumento, insieme ad altri ovviamente, per la sua cura”.