Tokyo, 24 ago. (askanews) – Al mercato ittico di Tsukiji, a Tokyo, uno dei più importanti del Paese, cittadini e turisti s’interrogano sulle conseguenze dello scarico nell’Oceano Pacifico dell’acqua di raffreddamento, contaminata ma trattata, della centrale nucleare di Fukushima, danneggiata dallo tsunami del 2011, iniziato all’alba del 24 agosto, come preannunciato dal governo Giapponese.
“Penso che quando si tratta di pesce, diventa un problema globale – dice questo turista canadese – ci sono acque internazionali e tutti possono pescare lì, giusto? Il problema è quali altri Paesi si preoccuperanno delle ripercussioni che lo scarico dell’acqua contaminata avrà sui pesci che pescano. Solo il tempo potrà dirci se è davvero sicuro o no. Tutto quello che resta da fare è sperare che sia così”.
Secondo gli esperti internazionali, si tratta di una procedura normale e che non dovrebbe comportare alcun pericolo per la salute dei cittadini, vista l’esigua concentrazione residua di Trizio nell’acqua. La scelta, tuttavia, sta generando proteste e preoccupazioni anche negli stessi giapponesi, in particolare per le potenziali ripercussioni sull’intera filiera ittica e sulla qualità del sushi.
“Anche se abbiamo prove scientifiche e dati che indicano che la quantità di radiazioni nell’acqua è sicura, non è zero. Temo, quindi che questa anche piccola quantità sia comunque nociva”, dice quest’uomo, abitante di Tokyo.
Forse alcuni Paesi esiteranno a importare il pesce giapponese – aggiunge questo giovane turista – ma cosa si può fare quando si sente la parola ‘radioattività’? Si ha paura, è normale. Quindi forse è un po’ troppo affrettato ma penso che sia comprensibile vista la gravità della parola e quello che rappresenta”.