Fukushima, 24 ago. (askanews) – Alle 6 del mattino (ora italiana) il Giappone ha iniziato a scaricare nell’Oceano Pacifico più di un milione di tonnellate di acqua, contaminata ma trattata, proveniente dalle cisterne realizzate nella centrale nucleare di Fukushima, sulla costa est del Paese, distrutta dallo tsunami del marzo 2011 e da 12 anni in stato d’allarme permanente per raffreddare 3 dei suoi 6 reattori, entrati in fusione a causa del surriscaldamento.
Due giorni dopo l’annuncio del governo giapponese che ha approvato il piano di smaltimento, il gestore dell’impianto, la Tokyo Electric Power (Tepco), ha iniziato a pompare una piccola quantità di acqua dall’impianto all’oceano attraverso un canale sotterraneo. L’acqua usata per raffreddare i reattori è, a sua volta, diventata radioattiva ma è stata filtrata e parzialmente decontaminata, fatta eccezione per residue tracce di Trizio che, secondo gli esperti, non sarebbero preoccupante per la salute dei cittadini.
Lo scarico graduale che dovrebbe durare dai 30 ai 40 anni, ha causato proteste e rabbia nei Paesi vicini, soprattutto Corea del Sud e Cina. Hong Kong, che bolla come “irresponsabile” l’atteggiamento di Tokyo, ha vietato l’importazione di pesce dal Giappone.
“Il governo cinese – ha detto la portavoce del Ministero del Commercio – ha sempre messo le persone al primo posto e prenderà tutte le misure necessarie per salvaguardare la sicurezza alimentare e la salute pubblica. Per questo, l’Amministrazione Generale delle Dogane ha emesso un avviso decidendo di sospendere, a partire dal 24 agosto l’importazione di prodotti ittici di origine giapponese”.
“La Cina – ha aggiunto il portavoce Ministero degli Esteri cinese – esprime la sua risoluta opposizione e una forte condanna e ha presentato solenni rimostranze alla parte giapponese, chiedendo di desistere da questo atto illecito.”
Proteste anche da parte di cittadini sudcoreani, più di dieci persone sono state arrestate per aver tentato di entrare nell’ambasciata giapponese a Seul, durante una manifestazione per denunciare lo scarico in mare delle acque di Fukushima.