Milano, 2 ago. (askanews) – Parte la raccolta del pomodoro da salsa con l’Italia che a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, fra grandinate, nubifragi, alluvioni e ondate di calore, rischia di produrre ancora meno dei 5,6 miliardi di chili previsti per il 2023, mentre alle frontiere nazionali si assiste al balzo del +50% delle importazioni di concentrato di pomodoro cinese che costa la metà di quello tricolore grazie allo sfruttamento dei prigionieri politici e della minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang. La denuncia Coldiretti e Filiera Italia sulla base dei dati del World Processing Tomato Council in occasione dell’avvio della raccolta in Italia a Foggia dove si coltiva quasi 1/5 (19%) dell’intero raccolto nazionale. Così – sottolineano Coldiretti e Filiera Italia – la Cina con 7,3 miliardi di chili nel 2023 sorpassa l’Italia, che scivola al terzo posto della classifica mondiale dei produttori di pomodoro da industria
Il pomodoro Made in Italy – evidenziano Coldiretti e Filiera Italia – rappresenta un ingrediente fondamentale della dieta Mediterranea e della vera cucina italiana candidata all’iscrizione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco. In Italia – spiegano Coldiretti e Filiera Italia – sono circa 70mila gli ettari coltivati a pomodoro da salsa, con la Puglia che è il principale polo della salsa Made in Italy nel Mezzogiorno con quasi 18mila ettari concentrati per l’84% proprio a Foggia, mentre l’Emilia Romagna è l’hub dell’oro rosso al Nord con 26mila ettari, oltre la metà fra Piacenza e Parma. A livello nazionale – evidenziano Coldiretti e Filiera Italia – la filiera del pomodoro impegna complessivamente circa 7 mila imprese agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e occupa 10 mila addetti, per un fatturato totale che lo scorso anno ha raggiunto i 4,4 miliardi di euro.
Ai ritardi registrati in campagna nel trapianto delle piantine di pomodoro a causa del clima pazzo – proseguono Coldiretti e Filiera Italia – si aggiunge l’aumento dei prodotti energetici e delle materie prime che si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, anche per il caro carburanti e il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto. Il tutto mentre il pomodoro agli agricoltori viene pagato solo fra i 15 e i 17 centesimi al chilo. Il risultato è che, ad esempio, per una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,6 euro solo il 9,4% riguarda il valore riconosciuto al pomodoro in campo, mentre – affermano Coldiretti e Filiera Italia – mentre il 90,6% del prezzo è il margine della distribuzione commerciale, i costi di produzione industriali, il costo della bottiglia, dei trasporti, il tappo, l’etichetta e la pubblicità.