Vitovska e i suoi fratelli: i gioielli del Carso figli di pietra e fatica – askanews.it

Vitovska e i suoi fratelli: i gioielli del Carso figli di pietra e fatica

Askanews ne parla con tre grandi vignaioli: Skerlj, Zidarich e Skerk
Lug 31, 2023

Milano, 31 lug. (askanews) – ‘Il Carso è molto più di un’entità geografica, è uno scrigno di tesori culturali che raccontano storie millenarie e tradizioni tramandate di generazione in generazione. È nostro dovere custodire questa ricchezza e garantire che sia trasmessa alle future generazioni, perché possano continuare a godere di un patrimonio unico e di straordinario fascino’. Sono parole pronunciate dal presidente dell’Associazione dei viticoltori del Carso-Kras, Matej Skerlj, nel corso del convegno che ha aperto la 17esima edizione di ‘Mare e Vitovska’ nel meraviglioso Castello di Duino (Trieste).

L’associazione è nata nel febbraio 2013 sulle ceneri del Consorzio Collio-Carso: ‘Avevamo delle discrepanze interne – racconta Skerlj ad askanews – e per una piccola realtà come la nostra il Consorzio era un impegno gravoso, soprattutto dal punto di vista burocratico e dei costi, così nove membri (di cui otto produttori) hanno fondato l’Associazione, che è molto più snella da gestire e oggi è la refente per la Regione e il ministero per il Disciplinare Carso-Kras Doc’. Oggi i soci sono 25 vignaioli carsolini che fanno più o meno il 70% delle circa 900mila bottiglie prodotte ogni anno in tutto il Carso. Numeri piccoli, per non dire piccolissimi, ma del resto, la provincia di Trieste rappresenta circa il 4% della produzione totale del Friuli Venezia Giulia che complessivamente conta circa 23mila ettari vitati sui più o meno 680mila del vigneto Italia, il 3,3%. Del resto qui i piccolissimi vignaioli sono un’infinità e producono ancora piccole quantità di vino per uso domestico o per le ‘osmize’, i locali tipici di queste zone dove si vendono e si consumano vini , salumi e formaggi direttamente dai produttori.

Il Carso è un altopiano roccioso calcareo con un terzo della superficie in Friuli-Venezia Giulia, due terzi in Slovenia e una piccola parte in Croazia. Il Carso Triestino si snoda tra i 200 e i 400 metri di altitudine, fino a scivolare nelle acque del Golfo del capoluogo friulano, e incontrare la provincia di Gorizia. Perché, comanda il Disciplinare, la Doc Carso-Kras ‘comprende in tutto o in parte i comuni di Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino e Sgonico in provincia di Trieste e Doberdò del Lago, Sagrado e Savogna d’Isonzo in provincia di Gorizia’. Oggi è in parte brullo, in parte bosco e in parte ricoperto da una vegetazione spontanea e selvaggia con le piante che spuntano dalle fessure della pietra, tra le quali si ritagliano faticosamente spazio leviti, divise in tanti, piccoli, appezzamenti che mettono a dura prova gli altrettanto tanti, piccoli, produttori. Pendenze, roccia, bora, lavorazioni manuali, rese basse: questa è da sempre terra di fatica e oggi di viticultura eroica che ha per protagonisti uomini e donne indissolubilmente legati alla loro terra.

‘Questo nostro Carso è piccolissimo, lungo e stretto, e quello che ci ha sempre caratterizzato è la sofferenza che le nostre viti hanno nel trovare quella poca terra che c’è in profondità e che si rispecchia non solo nel vino che bevi ma anche nelle persone che qui vivono’ spiega ad askanews il produttore Sandi Skerk, aggiungendo che ‘però, ogni cosa sofferta poi dà delle grandi soddisfazioni nella vita come nel vino: io penso che chi riesce a rispettare e adattarsi in vigna e in Cantina a questo territorio tortuoso e difficile, viene ripagato all’ennesima potenza’. ‘Chi è in sinergia con questa terra viene risarcito nel lavoro che fa, neanche se ne rende conto, è una cosa automatica’ continua, sottolineando che ‘quindi i giovani che credono veramente nel Carso penso abbiano un grande futuro davanti’.

Come e forse più di altre terre di confine, il Carso ha un grande fascino perché è un contenitore di storie, culture e tradizioni che uniscono popoli che i confini e la Storia hanno più volte diviso e contrapposto. Lo sintetizza a suo modo, nell’introduzione al libro ‘Vitovska frutto del Carso’ realizzato quest’anno dall’Associazione dei Viticoltori del Carso-Kras, Carlin Petrini: ‘Ci sono luoghi del cuore che condensano valori e amicizie, che mi fanno sentire a casa quando ho la fortuna di tornarci. Uno di questi è, senza alcun dubbio, il Carso’.

‘Noi non siamo in Friuli, siamo nel Carso che è tutta un’altra cosa’ dice ad askanews Benjamin Zidarich, uno dei vignaioli più conosciuti e apprezzati di questa terra così vicina a Trieste ma così lontana dal concetto stesso di città. Lo dice camminando tra i suoi filari a Prepotto di Duino Aurisina, passeggiando su quei ’20 centimetri di terra sopra la pietra’, dove la vigna cresce robusta facendo penetrare le sue radici per metri e metri, guardando sempre il mare. Come tutti i carsolini, anche lui appartiene alla comunità slovena, autoctona come i vitigni di cui qui tutti si prendono cura: Vitovska, Malvasia e Terrano. Il Carso ‘è un modo di essere e di pensare’ prosegue Zidarich, ma è anche un elemento identitario, di appartenenza, di comunità: il luogo del cuore, il porto franco. Il Carso non è il Friuli, come non è la Slovenia, come non è la Croazia. E’ per l’appunto Carso e chi ci abita sente di essere suo figlio e di dover rinnovare il patto con la terra e il legame con la tradizione. Anche chi da tempo qui innova, come lui, Skerk, Skerlj e Kocjancic (così come Kante e Vodopivec che non fanno parte dell’Associazione), lo fa sempre rivendicando le proprie radici, il rispetto per la storia della propria famiglia e per la natura in cui vive.

‘Il Carso è un territorio unico nella regione Friuli Venezia Giulia ma come storia, tradizione, cultura e microclima è un territorio differente, con una viticoltura totalmente diversa rispetto ad altre zone, con un suolo di terra rossa, ricca di ferro e con sotto la pietra che c’è esclusivamente qui’ continua Zidarich, produttore celebrato che però rimarca come ‘per diventare grandi e fare storia, prima di tutto serve verità, semplicità, un prodotto naturale e bisogna fare squadra, perché la squadra è molto importante sul territorio: siamo tutti diversi l’uno dall’altro ma ognuno deve portare il proprio mattone per costruire la casa’.

E a un evento come ‘Mare e Vitovska’ la volontà di fare squadra di questo affiatato gruppo di vignaioli è sotto gli occhi di tutti, così come la partecipazione attiva dei protagonisti della gastronomia del territorio. La comune visione d’intenti a partire dall’obiettivo di una qualità indiscutibilmente alta, si concentra in particolare sulla Vitovska, vitigno autoctono a bacca bianca che da qualche anno rappresenta la realtà più importante e interessante del panorama enologico locale. ‘E’ l’unico vitigno autoctono che ogni Cantina del Carso ha e quindi è il simbolo di questo pezzo di terra e da vita a vini fini ed eleganti’ sintetizza Skerk, a cui fa eco Zidarich ricordando che ‘è una varietà storica che si coltiva solo nel Carso italiano e sloveno, che resiste alla bora e ha una buccia molto spessa che si presta perfettamente alla macerazione. E’ un vino molto semplice – aggiunge – al quale ogni produttore dà qualcosa di se stesso attraverso vinificazioni e invecchiamenti diversi, lavorandolo in pietra o in anfora o in legno’. Il senso strategico di puntare su questo vino, lo spiega sempre ad askanews Matej Skerli: ‘Quando ti poni di fronte al mercato devi essere molto chiaro e presentarti con un unico biglietto da visita e questo è la Vitovska, il vitigno più tradizionale e più legato al territorio, il più nostro’.

La Vitovska è l’unico vitigno locale che in questi ultimi anni ha registrato una crescita di popolarità ben oltre i confini regionali, dato che oramai ben oltre metà del fatturato si fa con l’export. Merito di un gruppo di rigorosi artigiani del vino, tra loro amici, che ci ha creduto e ha capito come valorizzarla facendo vini naturali che macerano le bucce e affinano nel tempo. In questa profondità, priva di superflue concentrazioni e superate ruvidità, ritrovi il terroir e il carattere unico del Carso di cui ogni vignaiolo fornisce uno spaccato, una sua interpretazione.

‘Noi puntiamo sulla tutela della Vitovska ma non abbiamo armi a disposizione perché la Legge non prevede la tutela del vitigno ma solo la tutela geografica di un nome’ spiega il presidente dell’Associazione dei viticoltori del Carso-Kras, conscio che dal punto di vista della promozione non basta ‘spingere’ un vino, ma serve ‘spingere’ un territorio con tutti i frutti che la sua terra produce’. ‘Essendo piccoli siamo i primi a volere creare un legame con gli altri prodotti, mieli buonissimi, olio, prosciutto, formaggi e dare vita ad un gruppo di amici che abbiano voglia di promuovere insieme il Carso’ spiega Skerlj, aggiungendo che ‘speriamo di riuscirci con il Gruppo di azione locale (Gal) sotto il logo del Carso, e poi ad esempio fare ‘sistema’ con il Collio, unire le Strade (del vino e dei sapori, ndr): sarebbe bello anche perché i visitatori si divertirebbero moltissimo a scoprire vini di alta gamma così diversi tra loro’. Un ragionamento che smentisce l’accusa che questa Associazione di produttori carsolini siano ‘contro tutto e tutti’, anche per la loro scelta di non aderire al Consorzio dei Consorzi (Uni.Doc FVG). ‘Siamo contrari alla politica che pone tutti i terreni sullo stesso piano, è contro natura, appiattisce e allinea tutto al basso, bisogna piuttosto evidenziare le differenze e le peculiarità di ogni territorio’ spiega Skerlj, sottolineando che ‘per questo siamo contrari alla Doc Friuli e alla Doc Pinot Grigio, grandi Denominazioni dove si mettono sullo stesso piano suoli e microclimi diversi’.

Un discorso che potrebbe valere anche per lo stesso Carso, ad esempio con l’individuazione di una sottozona nella fascia vicina al Comune di Muggia, il Breg, che ha la peculiarità di un suolo caratterizzato dal ‘flysch triestino’, una stratificazione di marne siltose e arenarie. Ma al momento quella che è stata identificata è quella del rosso Terrano, al centro del primo progetto di Doc transnazionale europea: ‘Abbiamo già un Disciplinare comune con il Kras (il Carso sloveno) e mi pare che a Bruxelles le cose stiano andando avanti’ racconta Skerlj, evidenziando che in caso di riconoscimento ‘non credo ci sarebbero grandi problemi ad allargare il discorso agli altri vitigni’. ‘Penso che quello che serve è iniziare ad incontrarsi con maggior frequenza e intraprendere delle strade comuni’ prosegue, concludendo: ‘sono processi lunghi, anche perché in Slovenia, dove esiste sia il Consorzio che l’Associazione, ci sono anche delle realtà molto grandi e quindi è più complesso identificare degli orizzonti comuni’. Questi sono i viticoltori del Carso-Kras, artigiani di grandi vini capaci di guardare oltre ogni confine.