Venezia, 31 lug. (askanews) – L’amore, il dolore, il mondo, la malattia, la scoperta della vita e della morte. C’è moltissimo nello spettacolo “On the Nature of Rabbits” che il coreografo e ballerino svedese Pontus Lidberg ha portato alla Biennale Danza di Venezia: un’opera che racconta di un’innamoramento guidato solo dai movimenti del corpo, ma, per estensione, anche dell’uscita dall’infanzia – dal suo mondo, dai ricordi e dagli oggetti che si porta dietro – per affacciarsi all’età adulta e al desiderio. “Il lavoro – ha detto Lidberg ad askanews – è stato pensato per questi danzatori, il processo è partito da questo e ora è diventato qualcosa che ha caratteristiche di sogno, anzi una serie di sogni, in un certo senso. Alcuni sono surreali o bizzarri, altri sembrano incubi. Abbiamo cercato, partendo dalle nostre fonti, di creare delle immagini o dipinti in movimento che somigliassero ai sogni”.
In alcuni passaggi i sogni sono forti, drammatici, poi improvvisamente virano verso la delicatezza, e sono i momenti più riusciti del lavoro, insieme ai passi a due, alcuni realmente commoventi e carichi di sentimento che diventa danza, che diventa coreografia. Altri passaggi sono più didascalici, forse cercano di dire fin troppo, ma l’idea che guida tutto il progetto costringe lo spettatore a porsi domande interessanti. “Essere realmente svegli – ha aggiunto l’artista – è molto difficile, viviamo sempre in un mondo nostro, nei nostri pensieri e sentimenti. Secondo me non c’è una ‘realtà’, credo che la realtà sia un concetto filosofico”.
Un concetto che però prende vita nello spazio mentale e fisico del palco, nella forza della danza come medium artistico in grado di aderire – pur con la sua inevitabile dose di oscurità e mistero – alle domande del presente, al bisogno, veicolato in tutta la Biennale Danza 2023, di cercare strade diverse e nuove per essere noi stessi, anche attraverso un’opera d’arte. “Io credo che un’altra cosa meravigliosa nella danza – ha concluso Pontus Lidberg – sia il fatto che può unire il racconto e le arti visive e molte altre pratiche. Non c’è solo questo, ma certamente per creare uno spettacolo di danza come questo sono coinvolte molte altre forme d’arte”.
L’effetto è, per ammissione dello stesso coreografo, una sorta di “realismo magico” danzato, ma probabilmente più importante è il modo in cui, nei momenti più intensi dello spettacolo, la danza prende consapevolezza della propria forza creativa: forse la realtà non esiste in toto, lo abbiamo già detto, ma certamente esiste la realtà dello spettacolo. E di questo tutti, nel Teatro alle Tese, abbiamo fatto esperienza diretta. (Leonardo Merlini)