Roma, 9 giu. (askanews) – Il cobalto gioca un ruolo chiave nell’economia green, ponendosi al centro della transizione verso le energie rinnovabili. Quante volte avremo letto o sentito dire una frase simile. La spiegazione è semplice: il suo impiego nelle batterie agli ioni di litio, presenti nella maggior parte dei dispositivi elettronici di largo consumo, come smartphone, tablet, laptop e nelle auto elettriche, lo rendono un minerale di assoluto rilievo e molto ricercato. Tant’è che la crescente domanda di energia pulita ne dovrebbe aumentare a dismisura la richiesta. Si stima che, entro il 2025, crescerà da 4 a 20 volte la sua dimensione attuale. Tuttavia è necessario non trascurare l’impatto a livello globale dei flussi di estrazione e trasformazione del cobalto che presentano non pochi e preoccupanti lati oscuri.
“L’utilizzo del cobalto nelle batterie agli ioni di litio rende questo materiale cruciale per la transizione ambientale -afferma Erpinio Labrozzi, architetto e PhD candidate del Politecnico di Milano e coordinatore del progetto Blue Cobalt, geographies of the new extractive in mostra fino al 26 novembre presso Climate Wunderkammer, evento della Biennale di Architettura 2023. Allo stesso tempo però non va dimenticato il suo grande impatto ambientale determinato dal consumo di energia e dalle polveri prodotte durante i processi di estrazione e trasformazione, nonché dalla contaminazione dell’acqua dovuta al deflusso in corpi idrici delle acque meteoriche delle miniere o degli impianti di lavorazione. Inoltre, l’estrazione delle cosiddette terre rare è responsabile di perdita di habitat e biodiversità ed erosione del suolo, per non parlare dello sfruttamento della manodopera, soprattutto in paesi in via di sviluppo come la Repubblica Democratica del Congo. Nel Sud di questo paese, nella provincia del Katanga, nel 2018 è stato estratto circa il 65% del cobalto mondiale. Ma per gran parte della sua storia recente, la fame di minerali nello Stato ha causato danni ambientali e ha alimentato violenti conflitti, contribuendo alla prolungata crisi umanitaria del Paese. Storicamente le operazioni minerarie non hanno portato benefici alle comunità locali e, insieme alle sfide di governance, hanno causato insicurezza e povertà, creando le condizioni per cicli di violenza e sfruttamento del lavoro, ma rappresentando, allo stesso tempo, una fonte di reddito indispensabile per buona parte della popolazione”.
Altri produttori significativi sono il Canada e l’Australia, dove il cobalto viene prodotto principalmente come sottoprodotto dell’estrazione del nichel. Le esportazioni di cobalto hanno registrato un aumento significativo del 54,6% dal 2020 al 2021. La Cina domina le importazioni globali di cobalto e la produzione di cobalto raffinato che rappresentava oltre il 60% del totale mondiale nel 2018. “L’obiettivo della ricerca -spiega Labrozzi- non è di proporre soluzioni, quanto quello di restituire, in maniera transcalare ed innovativa, tramite l’utilizzo di mappature ed animazioni 3D, la complessità delle problematiche legate alle filiere di estrazione e raffinazione del cobalto”. Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha mostrato un rinnovato interesse per l’estrazione del cobalto da fonti indigene, inserendo il minerale tra le materie prime di “interesse strategico”, insieme ad altre terre rare. Inoltre, il Vecchio Continente, ha modificato la propria politica mineraria per estrarre materie prime da risorse autoctone, invertendo la tendenza degli ultimi decenni in cui l’attività mineraria è stata delocalizzata in altre parti del mondo. Questi materiali sono fondamentali per la realizzazione del Green New Deal europeo, e la concentrazione geografica dell’estrazione e della raffinazione del cobalto rappresenta un rischio potenzialmente serio per la futura fornitura di questo minerale. Attualmente l’estrazione di cobalto in Europa è presente solo in tre miniere in Finlandia. Mentre le attività di raffinamento si svolgono sempre in Finlandia, ma anche in Belgio e Francia.
“Studi recenti hanno identificato 509 depositi ed eventi contenenti cobalto in 25 paesi in Europa -continua l’Architetto Labrozzi- in particolare, nelle Alpi Occidentali, nei comuni di Usseglio e Balme (Italia), sono in atto nuovi piani per l’estrazione mineraria. Le autorità locali, in particolar modo di Usseglio, accolgono con favore la possibilità di esplorare la presenza di cobalto, spinte dalla promessa di nuovi posti di lavoro, sviluppo locale e che l’estrazione mineraria non impatterà sul paesaggio. Ma è necessario porsi alcune domande: quanti posti di lavoro può creare il mining moderno, considerando il suo alto livello di automazione? L’estrazione mineraria è compatibile con un’idea di turismo legato alla natura, con l’economia delle Malghe, con l’alpinismo, con lo sci e con le strategie di utilizzo naturale degli ecosistemi montani?”. Il Green New Deal dell’Unione Europea include politiche e programmi che incoraggeranno l’espansione dell’estrazione mineraria di risorse non rinnovabili, con conseguenze per il clima, gli ecosistemi e le comunità locali che destano non poca preoccupazione. “Prima di intraprendere questa epica ricerca industriale, la società deve domandarsi se è la soluzione giusta – conclude Labrozzi – sono necessari massicci investimenti nella ricerca e nello sviluppo di batterie senza cobalto e nel riciclaggio dello stesso minerale per migliorare la catena del valore ed evitare di replicare i vecchi processi di sfruttamento. Occorre proporre scenari per rispondere all’emergenza climatica senza danneggiare ulteriormente l’ecosistema e le comunità locali nei Paesi in via di sviluppo”.