Roma, 5 giu. (askanews) –
Il partito del presidente Obrador, la formazione di sinistra al potere in Messico, ha consolidato la sua egemonia vincendo domenica una storica elezione nello Stato più popoloso del Paese, a poco più di un anno dalle prossime presidenziali. Il Movimento per la Rigenerazione Nazionale (Morena) ha strappato la carica di governatore nello stato di Mexico, alla periferia della capitale, baluardo per più di 90 anni del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) che ha regnato a lungo incontrastato sulla vita politica del Paese.
Sostenuta dalla popolarità del presidente Andres Manuel Lopez Obrador, la candidata di Morena, Delfina Gomez, ha nove punti di vantaggio sulla rivale del PRI Alejandra del Moral, secondo i primi risultati parziali dell’Istituto Nazionale Elettorale (INE). “Hai deciso che era tempo che il processo di trasformazione che il nostro Paese sta attraversando mettesse radici nel nostro Stato”, ha detto Delfina Gomez, un’insegnante di 60 anni, che guida una coalizione chiamata “Together We Do history”.
“È ora di cambiare”, esulta Jorge Alvarado, lustrascarpe di 50 anni e sostenitore del partito Morena, che sta cercando di ridurre le disuguaglianze sociali. La candidata del PRI ha riconosciuto il “trionfo” del suo avversario in un breve comunicato. Il PRI si è presentato principalmente in alleanza con il PAN (destra liberale) e il PRD (centrosinistra).
Con questa vittoria, il movimento di Lopez Obrador conferma la sua nuova egemonia a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali previste per la metà del 2024. Arrivato alla guida della presidenza federale nel 2018, Morena governa, da solo o con i suoi alleati, 22 dei 32 stati della federazione, senza contare le elezioni di domenica.
La sfida ora è sapere chi rappresenterà Morena alle presidenziali del 2024 per provare a subentrare a Lopez Obrador, limitato dalla Costituzione a un solo mandato di sei anni e che quindi non potrà ricandidarsi.
Il ministro degli Esteri Marcelo Ebrard e il sindaco di Città del Messico Claudia Sheinbaum sono i favoriti in una primaria interna la cui organizzazione dovrebbe iniziare nelle prossime settimane. Con la sua vittoria nella storica roccaforte del PRI, Morena conferma anche il declino dell’onnipotente ex partito, che aveva governato incontrastato il Messico dal 1930 al 2000, poi dal 2012 al 2018.
Il PRI, che in passato ha vinto tutte le elezioni, era stato definito una “dittatura perfetta” dal premio Nobel peruviano per la letteratura Mario Vargas Llosa. Un totale di 12,6 milioni di elettori si sono registrati per le elezioni di domenica, per un’affluenza tra il 48,7 e il 50,2%, secondo i risultati parziali dell’INE.
Con 17 milioni di abitanti – tanti quanto i Paesi Bassi, più del Quebec o del Belgio – lo Stato di Mexico riassume tutti i contrasti del Paese, come una “mini-repubblica”, secondo il politologo Miguel Tovar di Alterpraxis.
Lo stato è uno dei più violenti del Paese, soprattutto nelle città limitrofe alla capitale, che in alcuni punti si sta imborghesendo, pur contando un importante tessuto industriale (Ford, Nestlé). La sua economia rappresenta il 9,1% del PIL nazionale. Le elezioni si sono svolte domenica anche nello stato minerario di Coahuila (nord).
Il PRI manterrebbe il controllo di questo stato al confine con gli Stati Uniti, con il 57% dei voti per il suo candidato Manolo Jimenez, secondo i risultati parziali dell’INE. Morena è apparsa lì in ordine sparso con la candidatura dissidente di un ex segretario di stato nel governo di Lopez Obrador.