Milano, 31 mag. (askanews) – Novità in vista per Comte de Montaigne, giovane brand di champagne della storica maison di Celles-sur-Orces nell’Aube, nella Francia Nord Orientale. A novembre di quest’anno verrà inaugurata a Milano la sua nuova sede, un migliaio di metri quadrati con un’ampia “residence” polifunzionale dedicata all’accoglienza di clienti e ospiti. Lo ha annunciato in un’intervista ad askanews, il presidente e ceo, Stéphane Revol. Al momento la location è ancora top secret: “I nostri architetti sono al lavoro, sarà un luogo che rispecchierà la mia visione dello stile aziendale” spiega il manager, precisando che “non sarà un ufficio: una volta aperta la porta, si entrerà direttamente nella Maison, un ambiente totalmente impregnato di champagne”. Parallelamente all’investimento a Milano, Revol punta anche a sviluppare “l’hospitality nella nostra bellissima proprietà nell’Aube, dove, a parte un paio di altre Cantine, non c’è offerta in questo senso”.
Nato a Marsiglia 40 anni fa, Revol, che da oltre dieci anni vive principalmente a Milano dove si è sposato e ha due figli, spiega che l’azienda di famiglia oggi conta su 40 ettari, il 60% dei quali vitati a Pinot Nero e il rimanente quasi interamente a Chardonnay. “Data la nostra costante crescita, l’anno scorso abbiamo comprato parecchia uva da diversi vigneron dell’Aube e continueremo a farlo” continua il ceo, spiegando che le bottiglie prodotte sono complessivamente un milione l’anno, di cui però solo mezzo milione vengono vendute con l’etichetta Comte de Montaigne, lanciata 15 anni fa. La Maison, che affonda le sue radici nel Medioevo, dal Dopoguerra era infatti solita produrre e imbottigliare champagne per conto terzi, fino a quando ha deciso di dare vita a due proprie linee. La prima è dedicata alla vendita ai privati di uno champagne “base”, con una lavorazione complessiva di 18 mesi, che cuba circa 300mila bottiglie l’anno, e la seconda è appunto il brand di punta Comte de Montaigne. Questo offre un Brut e un Extra Brut (70% Pinot Noir e 30% Chardonnay), un Rosé (100% Pinot Noir), un Blanc de Blancs che fanno 55mesi di invecchiamento (di cui 48 sui lieviti), e una Cuvée Spéciale (100% Pinot Noir) che invecchia per 67 mesi, di cui 12 in botti di legno. A questi si aggiunge la preziosa edizione limitata “Généalogie”, una selezione dei millesimi delle migliori vendemmie degli ultimi decenni, di cui sono attualmente in commercio l’annata 2008 e la 2012. Ma ricerca e sperimentazione non si fermano, rivela il manager, che annuncia: “Stiamo facendo dei test sui ‘vintage’ e stiamo sperimentando anche le anfore”.
“Siamo riconosciuti come una Maison premium perché pensiamo prima al vino e poi al mercato” dice soddisfatto Revol, evidenziando che “il nostro stile è la golosità: è uno champagne gourmand, complesso ed elegante caratterizzato da una bolla molto fine”. Nel 2022 la celebre bollicina francese ha registrato un successo straordinario, superando per la prima volta i sei miliardi di euro di fatturato complessivo (+ 4,3% sul 2021), con 326 milioni di bottiglie vendute (+1,6%) e una quota dell’export salita a poco più del 57% contro il 45% di dieci anni fa, e con l’Italia diventata uno dei mercati di riferimento. Un’onda che fa ben sperare anche il manager francese che ha spiegato che “quest’anno prevediamo per la nostra filiale italiana aperta nel 2012 un fatturato di 5,5 milioni di euro, che saliranno a 8 nel 2024 e a 12 nel 2026”. Sul posizionamento (molto alto) di Comte de Montaigne, Revol ha le idee chiare, sottolineando la vocazione della Maison per il “bon vivre” e l’attenzione per l'”hospitalité esclusiva” che, in questi anni, si è concretizzata in diverse collaborazioni e partnership con le catene alberghiere di lusso Aman e St. Regis, nonché marchi del calibro di Dolce & Gabbana haute couture, Cartier e Hermes.
“Facciamo una vendemmia parcella per parcella su 40 ettari, poi abbiamo i silos con il ‘vin claire’ con due persone dedicate, che per tre mesi riassumono i loro assaggi in più di tremila note gustative che il nostro enologo, Philippe Narcy, analizza per la delicata fase di ‘assemblage’ che darà al nostro champagne l’identità della Maison. Quindi ‘tirage’ e la presa di spuma, l’affinamento per 48 mesi sui lieviti al buio silenzioso della Cantina, il ‘remuage’ e la cruciale fase del ‘dégorgement’, che io chiamo l’operazione a cuore aperto, a cui non può che seguire (dopo il ‘dosage’ e la tappatura) un periodo di un mese di ‘convalescenza’. Quindi non resta che il cosiddetto ‘habillage’, la vestizione della bottiglia con il copricapsula e la doppia etichetta, e la spedizione per farlo arrivare sulle tavole più importanti del mondo”. Oggi circa il 70% dello champagne Comte de Montaigne viene infatti venduto in una trentina di Paesi, principalmente in Europa, Asia e Stati Uniti.
“Nonostante la vendemmia anticipata – precisa Revol che monitora con attenzione gli effetti del cambiamento climatico – l’anno scorso abbiamo avuto un’annata davvero eccezionale con una grandissima qualità e un’ottima quantità”. Uno standard sempre più elevato che sta facendo emergere il vigneto e i 64 Cru della Cote des Bar, la principale zona vitivinicola dell’Aube, Dipartimento per troppo tempo ritenuto marginale per lo champagne, di cui è stato storicamente un serbatoio di mosti e uve. Ancora oggi le Cantine sono poche e la maggior parte dei vigneron sono conferitori, eppure, c’è stato un tempo in cui il suo capoluogo, Troyes, è stato il centro principale dell’intera Champagne, e nella sua chiesa di Sainte-Madeleine costruita nel 1.120, una preziosa vetrata ritrae Thibaud IV, Comte de Champagne, che consegna al cardinale una barbatella di uva Chardonnay portata dalla Terra Santa via Cipro.
Stephane Revol crede nel terroir di questa culla dello champagne, ama le vigne dove è cresciuto, le colline, i villaggi, ed è convinto della potenzialità di un vino che i “cugini” della Marna, i “negociant” di Epernay e Reims, hanno impedito per secoli che si producesse nell’Aube. E in questa sua visione, fatta di “cuore, autencità e ‘bon vivre'”, spicca la voglia di comunicare e promuovere la storia della Maison e del suo territorio. Tutti i colori, le sfumature e le forme di Comte de Montaigne sono stati immortalati dal fotografo palermitano Giò Martorana in un prezioso “coffee table book” intitolato “Généalogie”.