Roma, 23 mag. (askanews) – Secondo gli ultimi sondaggi e dopo l’endorsement da parte del terzo candidato, il kingmaker Ogan, la strada per la rielezione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan sembra spianata, ma il candidato dell’opposizione turca Kemal Kilicdaroglu non intende arrendersi e, in vista del ballottaggio di domenica 28 maggio, ha alzato i toni per conquistare indecisi, giovani e nazionalisti.
Kilicdaroglu ha ulteriormente spinto su una delle sue promesse elettorali, il rimpatrio dei rifugiati siriani: nella campagna per il primo turno il leader dell’opposizione aveva parlato di un’operazione graduale, in due anni e su base volontaria, con l’aiuto di finanziamenti dell’Unione europea per costruire case, scuole, ospedali e altri servizi in Siria. Ma dopo il voto del 15 maggio, Kilicdaroglu ha accusato il governo di aver permesso a 10 milioni di migranti “irregolari” di entrare nel Paese e ha accusato direttamente Erdogan “di non aver protetto i confini e l’onore” della Turchia, promettendo di rimandare a casa tutti i rifugiati.
Dichiarazioni che cozzano con l’immagine mite del candidato dei sei partiti d’opposizione, portata avanti nella prima fase della campagna nel corso della quale Kilicdaroglu ha più volte trasmesso video dalla sua cucina o dallo studio di Ankara con le maniche della camicia tirate su. Ma questa immagine ha lasciato il posto a quella di “leader duro” in particolare sulla questione migranti.
L’attacco al presidente uscente si è basato anche sull’accusa di collusione con i “terroristi” dopo che Erdogan ha ricevuto il sostegno del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Inoltre, per poter battere il capo di stato uscente, secondo i locali Kilicdaroglu si sarebbe affidato all’influente sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, per guidare la campagna elettorale.
Dal canto suo Erdogan, forte di un 52,4% in uno degli ultimi sondaggi pubblicati, invece di attaccare Kilicdaroglu, punta il dito contro l’Occidente che a suo dire ha cercato di influenzare l’opinione pubblica con titoli fuorvianti sulle elezioni turche. Un Occidente che sarebbe preoccupato dalla crescita e dai progressi turchi anche nel settore dell’industria della difesa: “Ovviamente non gli piacciamo. Non gli piacciamo perché non compriamo più armi o munizioni da loro … La mia nazione ha dato questa risposta a loro il 14 maggio. Spero che il 28 maggio lo facciano di nuovo”, ha detto Erdogan.
Sul fronte dei rifugiati il presidente uscente ha ribattuto: “Abbiamo già sostenuto il ritorno volontario e sicuro dei rifugiati sin dall’inizio. Finora, quasi 560.000 rifugiati sono tornati in aree sgomberate dal terrorismo. Questo numero aumenterà man mano che le organizzazioni terroristiche saranno spazzate via in Siria” e ha aggiunto che “i confini della Turchia sono più sicuri che mai”.
Erdogan ha chiuso il primo turno con il 49,52% dei voti, mentre Kilicdaroglu è arrivato secondo con il 44,88%, Sinan Ogan, che ieri ha annunciato l’appoggio a Erdogan nel ballottaggio, ha ottenuto il 5,17%. “Crediamo che la nostra decisione sia la decisione giusta per il nostro Paese e la nostra nazione”, ha detto Ogan, anche se alcuni analisti ritengono che non tutti i suoi sostenitori appoggeranno Erdogan, optando per Kilicdaroglu.
Altra tattica del leader del principale partito d’opposizione, il Partito Repubblicano del popolo (Chp), oltre a lanciare l’allarme su possibili brogli, è stata quella di fare appello agli “otto milioni di cittadini e a tutti i giovani che non hanno votato” al primo turno, parlando di un vero e proprio “referendum” tra chi vuole “vendere” il Paese e chi lo vuole salvare “da terrorismo e rifugiati”.
Nonostante il cambiamento delle tattiche di battaglia, le possibilità di vincere per Kilicdaroglu restano scarse e a poco servirebbe aver abbandonato il tipico gesto a forma di cuore con le mani per un più deciso sbattere di pugni sul tavolo. Il leader del Chp, fondato dal padre della Repubblica turca Mustafa Kemal Ataturk, guida una coalizione di sei partiti e gode del sostegno del principale partito filo-curdo HDP, ma gli analisti ritengono che lo spettro dei suoi sostenitori sia fin troppo ampio ed eterogeneo per scalfire il granitico fronte che appoggia Erdogan.
Oltre alla questione dei rifugiati siriani, altri temi sono in ballo al secondo turno delle presidenziali turche: il voto di domenica deciderà non solo chi guida la Turchia, un paese membro della Nato e che conta 85 milioni di abitanti, ma anche che direzione prenderà l’economia che attraversa una profonda crisi e come potrebbe cambiare la politica estera di Ankara.
Per quanto riguarda l’economia turca, Erdogan è stato fortemente criticato per la politica non ortodossa di bassi tassi di interesse, nonostante l’aumento dei prezzi, che ha spinto l’inflazione all’85% e il deprezzamento della lira turca. Kilicdaroglu si è impegnato a tornare a una politica economica più ortodossa e a ripristinare l’indipendenza della banca centrale turca.
Per la politica estera, nulla fa pensare che l’arrivo eventuale di Kicdaroglu possa modificare l’obiettivo di potenza regionale e militare nell’area, come anche i rapporti con la Russia.
Gli aventi diritto sono oltre 64 milioni in quasi 192.000 seggi elettorali, 3,4 milioni sono gli elettori all’estero, che voteranno tra il 20 e il 24 maggio.
Domenica 28 maggio i seggi apriranno alle 8:00 (le 7:00 in Italia) e chiuderanno alle 17:00. (le 16:00 in Italia). In base alle norme elettorali, notizie, exit poll e commenti sul voto sono vietati fino alle 18:00 (le 17:00 in Italia) e i media sono liberi di riferire i isultati solo dalle 21:00 (le 20:00 in Italia). Tuttavia, l’Alto consiglio elettorale, come già accaduto al primo turno, può rimuovere l’embargo prima.
(di Daniela Mogavero)