Milano, 22 mag. (askanews) – “Questo riemergere, dopo un lungo scorrere carsico, dell’attenzione per Manzoni è una novità del tutto recente. L’occasione è stata il drammatico frangente della pandemia”. Lo ha evidenziato il presidente onorario della della Fondazione Centro nazionale Studi manzoniani, Giovanni Bazoli, nel suo intervento per i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“Era il 26 febbraio 2020 quando, a lockdown non ancora proclamato, il preside di un liceo scientifico milanese, primo fra tutti, scriveva una lettera ai propri studenti invitandoli a leggere Alessandro Manzoni, nello specifico i capitoli 31 e 32 dei Promessi sposi: ‘In quelle pagine’, avvertiva, ‘c’è già tutto: l’idea della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, l’emergenza sanitaria’” ha ricordato.
“La grandezza di Manzoni si manifesta proprio nel fatto di indagare il male e l’ingiustizia nella storia da due opposte visioni: quella ‘laica’ e razionale (pessimista, quasi disperata) e quella religiosa (che concepisce la Provvidenza come un ordine universale che ricomprende il tempo e l’eternità). L’itinerario tormentato di Manzoni sfocia in un mistero in cui possono riconoscersi credenti e non credenti” ha concluso.