Milano, 12 mag. (askanews) – Giovane, ma in crescita con importanti prospettive di crescita che la candidano a diventare leader di settore nel Vecchio Continente: è la filiera italiana secondo quanto emerge dalla seconda edizione dell’ “Osservatorio H2IT: I numeri sul comparto idrogeno italiano”, realizzato congiuntamente dalla direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo. L’analisi ha preso in esame le imprese associate ad H2IT. che rappresentano tutta la catena del valore dell’idrogeno dalla produzione fino agli usi finali. H2IT è l’associazione italiana idrogeno che aggrega grandi, medie e piccole imprese, centri di ricerca e università che lavorano nel settore dell’idrogeno; conta attualmente 130 soci.
Dai fatturati agli investimenti: per le aziende della filiera il 2022 – secondo quanto merge dall’Osservatorio – è stato un anno di crescita. Il 65% delle aziende ha chiuso l’anno con una crescita degli investimenti sull’idrogeno. In termini di fatturato, il 2022 si è chiuso nel complesso con segno positivo per il 71% delle imprese e il 58% ha incrementato il giro d’affari dell’attività dedicata all’idrogeno, con aspettative di ulteriore crescita nel prossimo futuro. Negli ultimi cinque anni, oltre 1 azienda su 3 (36%) ha ottenuto almeno un brevetto o è in procinto di farlo.
La ricerca mette in evidenza poi come sia alta la correlazione tra investimenti e innovazione: la metà delle imprese intervistate ritiene di aver raggiunto un alto livello di maturità tecnologica nell’idrogeno. Il potenziale di sviluppo è elevato e può essere colto attraverso la formazione di personale qualificato, un quadro normativo chiaro e l’accelerazione degli investimenti infrastrutturali e di supporto alla domanda. “La filiera italiana è certamente giovane, ma è composta da tante realtà ambiziose, che non hanno paura di investire per fare vera innovazione – dice Alberto Dossi, presidente di H2IT – Siamo orgogliosi di come le aziende, anche grazie al nostro lavoro, abbiano capito il valore della collaborazione, secondo l’assunto che questo è il momento di crescere e creare tecnologia insieme. Dal PNRR, così come dalle altre risorse messe a disposizione dallo Stato e dall’Unione Europea, stanno arrivando fondi che danno certezze al settore e ci permettono di guardare al futuro con grande ottimismo.” Tra i diversi ambiti esplorati dall’Osservatorio, anche quelle sulle aspettative delle imprese riguardi i settori che cresceranno di più da qui al 2030. Dalle risposte ricevuti, su tutti spicca la mobilità (85% delle risposte), seguita dai settori hard-to-abate (67%) e lo storage di elettricità rinnovabile (55%).
Le aziende però metto in evidenza nelle loro risposte anche le criticità che possono penalizzare il comparto: prima tra le altre, la mancanza di un quadro normativo chiaro (78% delle risposte), l’incertezza di una domanda di mercato non ancora definita (64%) e tutto ciò che ruota attorno ad autorizzazioni (53%) e burocrazia (51%). Per superare le criticità le imprese chiedono soprattutto la definizione di normative e regolamenti nazionali (58% delle risposte), piani strategici nazionali (55%) e più investimenti per stimolare la domanda (45%) e in infrastrutture (42%).
“L’analisi restituisce il profilo di una filiera italiana dell’idrogeno molto eterogenea nelle dimensioni delle imprese coinvolte – ha detto Anna Maria Moressa, economista della direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo – Fra queste spicca un gruppo di pmi che possiede una forte mission, alte potenzialità di innovazione, in grado di intrecciare alleanze industriali trasversali con altri settori, da quello chimico e meccanico a quello informatico, e di collaborare con centri di ricerca nazionali e internazionali. La metà delle imprese dimostra di avere un’alta maturità di innovazione, con brevetti pronti all’industrializzazione. Sarà proprio grazie all’accelerazione della ricerca per l’efficientamento delle tecnologie di produzione, di stoccaggio e di trasporto, che l’idrogeno nel prossimo futuro potrà giocare un ruolo di primo piano nel processo di decarbonizzazione, con l’apertura di nuovi business anche per le pmi italiane. Si apriranno dunque anche opportunità di occupazione per i giovani e ci sarà bisogno di tecnici altamente qualificati per i quali saranno necessari percorsi formativi ad hoc. La crescita del tessuto economico richiede inoltre una accelerazione degli investimenti pubblici e privati e interventi normativi e di policy chiari e mirati”.