Roma, 4 mag. (askanews) – Settant’anni separano l’incoronazione di Elisabetta II, morta otto mesi fa, da quella di Re Carlo III che avverrà sabato sei maggio nell’abbazia di Westminster. Settant’anni che hanno visto cambiare profondamente il Regno e anche i suoi abitanti.
“Era dopo la guerra, in cui avevamo vissuto tante restrizioni”, ricorda Joyce Lewis, che quel giorno c’era. “Nessuno aveva soldi, vestiti di seconda mano, eccetera. Ma noi eravamo abituati, anche se magari ci lamentavamo. E lì c’erano banidere, uniformi, cavalli, il lusso, era quella l’impressione, una giornata di lusso puro”.
In quel giorno del 1953 pioveva a dirotto, Carlo può sperare in un tempo migliore. Ma la sua incoronazione di Carlo sarà molto più modesta, ci saranno poco più di duemila invitati che già affluiscono a Londra contro gli ottomila che allora sedevano nell’abbazia su numerose file fino al tetto.
Secondo Robert Hazell, costituzionalista all’University College London, “la cerimonia del 1953 fu una sorta di ultimo urrà dell’impero, perché allora la Gran Bretagna aveva ancora colonie nel mondo intero e molti invitati venivano da paesi che oggi appartengono al Commowealth. Oggi i sondaggi suggeriscono che il sostegno per la monarchia sia in declino e il Palazzo è sensibile a queste trasformazioni; è per questo che non vogliono un evento troppo costoso o troppo sfarzoso”.
Sarà anche una cerimonia spirituale per un sovrano molto credente, un servizio della Chiesa d’Inghilterra guidato dall’arcivescovo di Canterbury. Ma a molti inglesi, apparirà comunque fuori dal tempo la sacra unzione cerimoniale con l’olio portato da Gerusalemme; mai come per Carlo III è evidente la distanza fra le illusioni della tradizione e la realtà di un paese che non comanda più il mondo.