Roma, 1 mag. (askanews) – In Sudan si viva una situazione “senza precedenti”: ne è convinto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che di fronte al persistere dei combattimenti a Khartoum e malgrado il prolungamento di una tregua dichiaratamente poco rispettata, ha deciso di inviare “immediatamente” un alto funzionario nella regione.
Milioni di sudanesi restano in preda a bombardamenti e colpi di arma da fuoco dallo scoppio, il 15 aprile, di una spietata lotta per il potere tra l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhane e il suo numero due, il generale Mohamed Hamdane Daglo, che comanda le Forze di supporto rapido (Fsr), temuta organizzazione paramilitare.
“La portata e la velocità con cui si stanno svolgendo gli eventi in Sudan (sono) senza precedenti”, ha sottolineato Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu. Guterres ha deciso l’invio immediato nel Paese del suo responsabile per gli affari umanitari, Martin Griffiths. “Sto andando (…) a studiare come possiamo fornire aiuti immediati” agli abitanti, ha spiegato in un comunicato stampa. Per i residenti la “situazione umanitaria sta raggiungendo un punto di rottura” nel Paese.
Il massiccio saccheggio di uffici e magazzini umanitari ha “esaurito la maggior parte delle nostre scorte. Cerchiamo modalità rapide per trasportare e distribuire” rifornimenti aggiuntivi, ha spiegato l’alto funzionario delle Nazioni Unite, secondo il quale la “soluzione ovvia” è “fermare” i combattimenti.
Poche ore prima della scadenza di un cessate il fuoco di tre giorni domenica a mezzanotte, le due parti rivali ne hanno annunciato la proroga, conclusa “sotto la mediazione di Stati Uniti e Arabia Saudita”, ha chiarito l’esercito sudanese.
Un primo aereo carico di otto tonnellate di aiuti e che dovrebbe essere in grado di curare 1.500 persone è atterrato nella giornata di ieri da Port Sudan, 850 chilometri a est di Khartoum, secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr).
La guerra ha provocato 528 morti e 4.599 feriti, secondo dati ufficiali largamente sottostimati. Entrambe le parti si rimpallano l’accusa di aver violato la tregua. Domenica sera, i combattimenti sono proseguiti e gli aerei da combattimento hanno continuato a sorvolare Khartoum e Omdurman, la sua periferia settentrionale, secondo testimoni sul posto. “Ci sono combattimenti molto violenti e spari”, ha detto un testimone.
Visto che i combattimenti infuriano da più di due settimane, i residenti della capitale, quando non fuggono, restano barricati, cercando di sopravvivere malgrado la penuria di cibo, acqua ed elettricità. Le Nazioni Unite parlano di 75mila sfollati interni.
Almeno 20mila sono fuggiti in Ciad, 6mila nella Repubblica Centrafricana e altre migliaia in Sud Sudan ed Etiopia. In totale, fino a 270mila persone potrebbero fuggire dai combattimenti che colpiscono 12 dei 18 Stati di questo Paese di 45 milioni di abitanti, uno dei più poveri al mondo.
Secondo l’Onu, un centinaio di persone sono state uccise da lunedì nel Darfur occidentale, regione segnata dalla sanguinosa guerra civile degli anni Duemila. Il segretario generale dell’Onu ha avvertito di una situazione “terribile” con “tribù che adesso cercano di armarsi” . Con l’aggravarsi del dramma umanitario, l’ong Medici Senza Frontiere (Msf) ha interrotto “quasi tutte le (sue) attività” a causa della violenza.
Sul fronte diplomatico, ieri il ministro degli Esteri saudita Faycal ben Farhane ha ricevuto un emissario del generale Burhane. E il vicino Egitto ha chiesto che sia convocata una riunione della Lega Araba per “discutere del Sudan”.
Per gli esperti del Carnegie Middle East Center, il generale Daglo sta cercando di guadagnare tempo. “Più a lungo riuscirà a mantenere le sue posizioni a Khartoum”, la tesi, “maggiore sarà il suo peso al tavolo dei negoziati”.