Roma, 17 apr. (askanews) – Rispondendo all’appello costante del suo vescovo, Papa Francesco, la Diocesi di Roma accende un faro sulle “periferie”, così care al pontefice argentino e rilancia esperienze virtuose come le reti di mutualismo e i poli civici cittadini, un capitolo corposo di quella realtà che nella Capitale resta molto viva: l’impegno e la mobilitazione della società civile che si traduce in una serie di iniziative nei diversi quartieri e Municipi. E lo fa partendo da una indagine presentata questo pomeriggio presso la “sala Poletti” del Vicariato al Laterano. Una iniziativa promossa dall’Ufficio della “Pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato” della Diocesi di Roma con a tema proprio le “Reti di mutualismo e poli civici a Roma”. L’indagine sulle reti di mutualismo diffuse nella città, é stato mappato, a Roma conta ormai oltre 6.300 realtà radicate soprattutto nelle periferie. “Una riqualificazione che parte dai terrotori che, in alcuni casi, riesce anche a fare rete”, ha riferito Carlo Cellamare, ingegnere ed esperto di urbanistica dell’Università La Sapienza di Roma. L’obiettivo di questa indagine, ha spiegato il direttore dell’Ufficio della Pastorale sociale del Vicariato, mons. Francesco Pesce “è quello di proporre percorsi di sviluppo locale integrale che rendano protagonisti della trasformazione socio-economica, le reti di mutualismo territoriale e le economie trasformative e solidali presenti sul territorio” .
Lo studio, dopo un dettagliato lavoro di mappatura di gran parte del tessuto sociale romano, ha tracciato proposte possibili per la creazione di ‘poli civici orientati allo sviluppo urbano integrale’. Partendo da questa proposta che fa riferimento anche a diverse esperienze italiane e internazionali come le “case di quartiere” o le “neighbourhood houses”, “case di vicinato” fino agli “ateneos cooperativos” ai “Les tiers-lieux”, sono stati analizzati qualitativamente ventuno contesti territoriali romani dove si stanno sperimentato con intensità diverse, percorsi generativi che praticano un nuovo modello di welfare di comunità e la cura dei beni comuni. Una ricerca che è frutto di una intensa collaborazione tra realtà come il LabSU (Laboratorio di Studi Urbani “Territori dell’abitare”), DICEA (Università di Roma La Sapienza) e Fairwatch ed è a disposizione tramite un libro ebook edito da Comune-info. Curatori della ricerca, lo stesso Carlo Cellamare e gli economisti Monica Di Sisto e Riccardo Troisi, dell’associazione Fairwatch e Stefania Mancini della Fondazione Charlemagne. “Quello che abbiamo scoperto è stata una realtà di welfare locale e territoriale spesso misconosciuta”. “Una realtà ricca ma ancora frammenata e poco interagente con la politica pubblica locale. Anche il Comune, quindi, deve fare la sua parte e non intendo solo dal punto di vista economico”. “Uno dei temi che emerge dalla ricerca – ha affermato Monica Di Sisto – è l’errore di pensare che sociale sui territori a Roma é legata solo al sociale o al socio-sanitario. Abbiamo scoperto, invece, una realtà ricca che va dal culturale all’artigianato, all’agricoltura al manifatturiero. Si tratta, quindi, di una potenziale risposta importante per la costruzione di un reddito e di una economia locale”. “Una Chiesa in uscita è chiamata a vivere la pazienza dell’ascolto e la fiducia dell’incontro. Le esperienze che intercettano la vita, soprattutto la dove è più difficile scoprirle, sono quei ‘segni dei tempi’ che richiedono una presenza che sia testimonianza e che alimenti la speranza. – ha spiegato mons. Pesce – Per questo motivo riteniamo doveroso aprirci al dialogo con tutti coloro che hanno a cuore il bene comune. L’invito di Papa Francesco ad avviare processi con costanza, pazienza e coraggio prende forma proprio attraverso queste connessioni e matura in esse la profonda e consapevole convinzione che non ‘potremo salvarci da soli'”.