Bormio (SO), 13 apr. (askanews) – L’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di problemi psichiatrici. Restare esposti a lungo a inquinanti presenti nell’aria come l’ozono o il particolato fa salire il pericolo di soffrire di ansia e depressione. Lo dimostrano studi recentissimi, a riprova di quanto l’inquinamento, che sia da smog o anche da rumore, ricopra un ruolo molto importante nello sviluppo di problemi psichiatrici. Di questo e della complessa interazione tra cambiamenti climatici e salute mentale si è parlato nel corso del convegno “Il cervello e i cambiamenti. Le sfide climatiche, ambientali, affettive e adattive” che si è aperto oggi a Bormio e che per tre giornate metterà a confronto oltre 50 tra i massimi esperti italiani della materia, espressione del mondo accademico, della ricerca e della pratica clinica. Obiettivo dell’evento è di offrire un momento di riflessione e approfondimento dei grandi cambiamenti cui stiamo assistendo e di quanto le profonde modifiche avvenute nella società, nella cultura e nella scienza abbiano impattato sulla pur straordinaria capacità di adattamento della nostra mente.
“Durante i lavori approfondiremo le correlazioni fra cambiamento socio-culturale e psicopatologia, fra ambiente e psicopatologia, i ‘nuovi disturbi’, ma anche come si sono modificate le espressioni psicopatologiche delle malattie psichiche. E naturalmente faremo il punto sulle nuove opportunità terapeutiche che il progredire delle conoscenze scientifiche ci consente oggi”, spiega Claudio Mencacci, presidente del convegno, direttore emerito di Neuroscienze al Fabetebenefratelli di Milano e Co-Presidente della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf).
“Sul cambiamento climatico il mondo continua a essere diviso tra catastrofisti e scettici – precisa Emi Bondi, direttore del dipartimento di salute mentale all’ospedale Papa Giovanni XXII di Bergamo e presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) -. Ma da tempo ormai gli scienziati stanno rilevando gli effetti di questa evoluzione sulla salute dell’uomo. Innanzitutto non è affatto un falso mito, ma un mutamento in corso che non possiamo permetterci di sottovalutare, come dimostra il tema di questo convegno. Sappiamo che molti studi correlano alla depressione l’infiammazione da esposizione a sostanze tossiche nell’aria. Non solo: l’inquinamento è stato chiamato in causa anche per l’aumento dei disturbi del neurosviluppo tra i figli di donne esposte a inquinanti atmosferici, così come per l’incremento delle patologie degenerative cerebrali come l’Alzheimer. Per non dire del rumore: è stato dimostrato che l’inquinamento acustico può causare disturbi del sonno anche molto seri”. “Nel nostro Paese, negli ultimi sessant’anni, la temperatura media annua è aumentata di quasi un grado centigrado (0,8°), raggiungendo il suo picco nel 2016 – avverte Andreas Conca, direttore del Servizio Psichiatrico Comprensorio di Bolzano e docente all’Università di Innsbruck -. In un contesto simile, stiamo assistendo a un evidente impennarsi delle curve relative all’impatto sulla salute nelle sue diverse forme: dalle malattie infettive a quelle respiratorie, alla malnutrizione fino ai problemi di salute mentale. E proprio i disturbi psichiatrici, negli ultimi trent’anni, hanno fatto registrare il terzo più alto aumento in correlazione ai cambiamenti climatici”.
Il punto di partenza della discussione del congresso sono gli effetti dei processi di urbanizzazione e, più in generale, delle azioni dell’uomo. “Si tratta di fattori che hanno portato a un aumento significativo dei livelli di inquinamento, con conseguenze rilevanti sulla salute globale – spiega Alfonso Tortorella, ordinario di psichiatria all’Università degli studi di Perugia -. In particolare, l’inquinamento acustico ha dimostrato un’associazione con malattie cardiovascolari, metaboliche e respiratorie. Ma l’aspetto che più ha destato la nostra sorpresa e il nostro interesse, sono state le prove sempre più frequenti sul possibile ruolo dell’inquinamento nello sviluppo dei disturbi psichiatrici”. L’esempio più importante proviene da uno studio italiano pubblicato molto di recente su Epidemiology and Psychiatric Sciences, che ha dimostrato come uno dei principali inquinanti presenti nell’aria, cioè l’ozono, sia un potenziale fattore di rischio per la salute mentale: “Per due anni, dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2016, sono stati raccolti i dati relativi agli accessi ai servizi di emergenza psichiatrica degli ospedali generali di Perugia e Foligno, in Umbri, collegandoli con i livelli di inquinanti atmosferici – continua Tortorella -. L’osservazione dei 1860 casi complessivi di ricoveri in Pronto Soccorso per disturbi mentali (1461 dei quali a Perugia e 399 a Foligno) ha permesso di individuare proprio nell’ozono l’inquinante che poteva essere collegato al ricovero. Si può dunque affermare che questo inquinante possa essere considerato un potenziale fattore di rischio per la salute mentale e che l’esposizione all’ozono può essere associata a un aumento di ricoveri psichiatrici. Un risultato che conferma quanto riportato dalla letteratura esistente sul rapporto tra inquinamento atmosferico e salute mentale”.