Milano, 7 apr. (askanews) – Gli alimenti a base vegetale si fanno sempre più spazio sulle tavole degli italiani. Mentre è ancora caldo il dibattito sulla carne coltivata, il gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food racconta di un 2022 in crescita di quasi un 3% a volume per il comparto. A valore il fatturato, complice l’inflazione, è cresciuto invece dell’8% a 490 milioni.
“I prodotti a base vegetale sono sempre più scelti – osserva Salvatore Castiglione, presidente Gruppo prodotti a base vegetale Unionfood -abbiamo dei dati che ci dicono che sono quasi 22 milioni gli italiani che consumano regolarmente questa categoria di prodotti quindi vuol dire che c’è una penetrazione importante. In questi ultimi anni abbiamo assistito a questa crescita e la cosa incredibile è che è una scelta spontanea del consumatore che ci chiede varietà e diventano alternative ai prodotti equivalenti”.
Ma cosa sono i cibi a base vegetale? La gamma presente sul mercato è molto ampia e si va dai burger e piatti pronti, che hanno trainato il mercato con una crescita a doppia cifra, ai gelati e dessert, fino alle bevande vegetali: tutti prodotti realizzati partendo da proteine vegetali, verdura, legumi, cereali, semi o alghe. E i consumatori questi lo sanno visto che, secondo un’indagine Astraricerche, il 75,5% di chi già conosce questi prodotti sa di cosa sono fatti, grazie soprattutto alla chiarezza delle etichette. Nulla a che vedere dunque con la carne coltivata: “La differenza rispetto a prodotti a base di carne coltivata è chiaramente quella di non avere nessun punto in comune – afferma Lucilla Titta, biologa nutrizionista e ricercatrice presso l’Istituto europeo di oncologia di Milano – la carne coltivata è un prodotto di origine animale che proviene da cellule che vengono estratte dall’animale e coltivate in bioreattori per produrre burger che sono di origine animali mentre invece i prodotti vegetali contengono ingredienti naturali”.
A decretare il successo di questi prodotti, nati come alternativa al consumo di proteine animali, sono diversi fattori che hanno sicuramente a che fare col palato ma non solo:
“Dietro il successo di questi prodotti direi che c’è il gusto che è la porta principale ma anche la volontà di aumentare il proprio intake di proteine vegetali forse un po’ strizzando l’occhio all’ambiente – sottolinea Castiglione – perchè si sa che questi prodotti consumano meno suolo, meno acqua e forse i consumatori si vogliono rendere partecipi di questa battaglia a difesa del pianeta”.
In effetti accanto ai pregi per la salute, riconosciuti da oltre l’80% degli intervistati, c’è la loro sostenibilità che mette d’accordo oltre il 77% del campione. E a chi restano dubbi sul loro consumo di acqua e di suolo, e sono solo il 15%, la risposta arriva dalla scienza: “Se la popolazione italiana si spostasse verso diete flexitariane a favore di un maggiore consumo di alimenti vegetali – evidenzia Ludovica Principato, professoressa aggregata di Gestione sostenibile d’impresa presso l’Università Roma Tre – questo potrebbe avere un notevole impatto sull’ambiente: si emetterebbero ogni anno 106 milioni di tonnellate di co2 equivalente rispetto alle 186 dei consumi attuali e si libererebbero campi coltivati pari fino a 5mila campi da calcio e si ridurrebbero moltissimo i consumi idrici”.
Del resto questi alimenti si rivolgono non solo a chi è vegetariano o vegano, ma anche a chi ha scelto una dieta flexitariana, attenta al proprio benessere e a quello dell’ambiente. “Dal primo giorno che è nato questo gruppo dei prodotti a base vegetale – conclude Castiglione – abbiamo detto che veramente a tavola c’è posto per tutti vuol dire che non attacchiamo nessuno, ma facciamo spazio fra le altre categorie”.