Roma, 24 mar. (askanews) – Un intero popolo è costretto ad affrontare una catastrofe umanitaria senza precedenti, a causa di una guerra devastante, iniziata nel 2015, con oltre 377 mila vittime dirette e indirette, di cui oltre 19 mila civili. L’economia è al collasso, con i prezzi di cibo, carburante e beni di prima necessità aumentati in modo vertiginoso. Oltre 21 milioni di persone, i due terzi della popolazione, dipendono oggi dagli aiuti umanitari per sopravvivere. È quanto denuncia Oxfam – al lavoro nel Paese per soccorrere la popolazione – a 8 anni esatti dall’inizio del conflitto.
“Dopo la fine della tregua durata 6 mesi, lo scorso ottobre, gli scontri non sono ripresi con l’intensità di prima, ma la Pace è ancora lontana e il prezzo più alto lo sta pagando la popolazione – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia – In questo momento più di 17 milioni di yemeniti sono sull’orlo della carestia, e tra loro il 75% sono donne e bambini, di cui 2,2 milioni sotto i 5 anni già gravemente malnutriti. L’inflazione, la mancanza di lavoro e reddito per le famiglie, si è sommata alla svalutazione monetaria e all’impatto della crisi ucraina, dato che il Paese importava ben il 42% di grano proprio da qui. La conseguenza è che l’incubo della fame rischia di riguardare adesso un intero Paese”.
Lo Yemen è stato colpito in modo drammatico dall’aggravarsi della crisi alimentare globale. Due esempi su tutti. Dal 2015, i prezzi del grano sono aumentati quasi del 300% nelle aree sotto il controllo degli Houthi e quasi del 600% nelle aree controllate dal Governo riconosciuto a livello internazionale. Nello stesso periodo il prezzo del gas è aumentato circa del 600%, così molte famiglie sono costrette a usare la plastica di scarto come combustibile per cucinare, correndo gravi rischi per la salute.
“La crisi dei prezzi dell’ultimo anno ha colpito un Paese che era già poverissimo prima della guerra, costretto oggi ad importare il 90% dei prodotti alimentari. – continua Petrelli – Stiamo assistendo a una crisi umanitaria che rischia di trasformarsi in catastrofe. Le imprese che importano cibo hanno già messo in chiaro che l’aumento globale dei costi metterà a dura prova la loro capacità di assicurare le necessarie quantità di grano in Yemen, dove il pane rappresenta l’alimento principale per la stragrande maggioranza della popolazione. Questo significa che milioni di persone rischiano di morire letteralmente di fame”.
Per sopravvivere tantissime famiglie hanno ridotto la quantità e la qualità del cibo, si sono indebitate per comprarlo o hanno venduto quel poco che avevano: bestiame, terreni, case. Con la metà delle strutture sanitarie inservibili e molti sistemi idrici andati distrutti, quasi 18 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita e assistenza sanitaria di base.
Le famiglie che hanno pagato il prezzo più alto sono quelle in cui le donne si sono ritrovate a far fronte da sole ai bisogni dei figli. Molte ragazze hanno dovuto abbandonare la scuola. Altrettante sono costrette a matrimoni precoci o a chiedere l’elemosina in strada.
A questo si aggiunge la situazione disperata per gli oltre 4 milioni di sfollati interni che non hanno più una casa a cui tornare e che per il 56% non hanno alcuna fonte di reddito: di questi il 77% sono donne e bambini. “Tutto è cambiato quando è iniziata la guerra. – racconta Eman, 38 anni, madre di tre figli – Abbiamo improvvisamente perso le nostre uniche fonti di reddito. Le cose col passare degli anni sono andate di male in peggio, abbiamo vissuto l’inferno e non abbiamo più nulla”.
Se da una parte i bisogni crescono, dall’altra mancano le risorse per rispondervi adeguatamente. Il World Food Program è stato costretto a ridurre gli aiuti, mentre al momento i grandi donatori internazionali, nel recente summit sulla crisi, si sono impegnati a stanziare appena un terzo dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza (1,2 miliardi su 4,3). “La comunità internazionale, i grandi Paesi donatori non possono voltare le spalle ancora una volta a quella che rimane una delle più gravi crisi umanitarie del mondo. – conclude Petrelli – È ora che i leader mondiali esercitino una reale pressione per riportare tutte le parti al tavolo delle trattative, in modo da porre fine in modo permanente al conflitto”.
Da luglio 2015, Oxfam ha soccorso oltre tre milioni di persone colpite dal conflitto in nove governatorati del Paese, distribuendo acqua potabile e servizi igienici, fornendo aiuti per l’acquisto di cibo e beni di prima necessità. Riabilitando le infrastrutture idriche e fornendone di nuove alimentate ad energia solare.
Grazie alla campagna “Dona acqua, salva una vita” potrà, ad esempio, soccorrere oltre 10 mila sfollati e famiglie vulnerabili nell’area di Aden, Lahj e Al-Dhale’e e Abyan.