Roma, 22 mar. (askanews) – Dei circa 402 mila minorenni che risultavano presi in carico dai Servizi Sociali al 31 dicembre 2018 (ultimi dati disponibili), 77.493 lo erano per qualche forma di maltrattamento: quindi 193 minorenni ogni 1.000 in carico ai Servizi risultavano essere maltrattati. La percentuale di minorenni stranieri in carico ai Servizi Sociali per maltrattamento era, invece, tre volte maggiore rispetto a quella dei minorenni italiani: su 1.000 minorenni, 23 sono stranieri e 7 italiani. Questo il dato, secondo una indagine di AGIA, CISMAI e Terre des Hommes, rilanciata dalla Fondazione ISMU ETS, che ha promosso per questo, venerdì prossimo a Milano una conferenza dal titolo: “Prevenire e contrastare la violenza sui minori stranieri: il progetto Remì”, presso Camera di Commercio meneghina. Il convegno costituisce, spiegano i promotori, “non solo un momento di confronto tra rappresentati delle istituzioni, esperti e mondo del Terzo Settore, ma anche l’occasione per presentare i risultati di “Remì – Reti per il contrasto alla violenza sui minori migranti”,un progetto finanziato con il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione”.
Quello della violenza sui minori, infatti, è un triste fenomeno che risulta in aumento rispetto a quello rilevato nelle precedenti indagini dell’Autorità Garante per l’Infanzia e per l’Adolescenza. “Le ragioni di tale sbilanciamento – spiega Ismu – potrebbero essere diverse: da un lato si ipotizza una maggior attenzione da parte dei servizi sociali e delle istituzioni a riconoscere e denunciare i segnali di maltrattamento anche all’intero dei nuclei familiari stranieri; dall’altro potrebbe pesare, in alcuni casi, l’applicazione di metodi educativi che replicano quanto avviene nei paesi di origine, ma che in Italia non sono assolutamente ammissibili”. La violenza sui minori, secondo le realtà sociali, “rappresenta una delle problematiche più urgenti e gravi del nostro tempo. Una piaga sociale – si sottolinea – che colpisce indiscriminatamente bambini e adolescenti di tutte le etnie, culture, classi sociali e livelli di istruzione, con conseguenze drammatiche sulla loro crescita e sul loro futuro”. Un impatto, quello della violenza, poi, che risulta “particolarmente grave” nei casi in cui i minori hanno un background migratorio, “sia poiché vivono in una condizione di particolare vulnerabilità perché spesso vittime anche di discriminazioni, pregiudizi e marginalizzazione, sia perché hanno più difficoltà nell’accedere ai servizi di sostegno e protezione”.
Le famiglie immigrate risultano poi “più vulnerabili” in quanto spesso hanno una scarsa conoscenza del sistema italiano di garanzia del minore e una cultura dei suoi diritti diversa e, in alcuni casi, meno attenta a diritti considerati secondari (diritto al gioco, all’ascolto, alla partecipazione). “In questo quadro di complessità, i servizi – aggiunge ISMU – sono tenuti a garantire il diritto di ogni minore, quale che sia la condizione giuridica o la nazionalità, ad essere protetto da forme di violenza e maltrattamento, ma non sempre sono dotati delle competenze necessarie per rilevare, decodificare e affrontare situazioni critiche in famiglie di diversa tradizione culturale”. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il progetto Remì, che mira a prevenire e contrastare la violenza sui minori con background migratorio, rafforzando in chiave interculturale il sistema di prevenzione e di contrasto e potenziando la rete dei servizi, per creare un modello innovativo basato su pratiche e metodologie sperimentali da diffondere a livello nazionale. Il percorso implementato all’interno del progetto Remì nasce infatti con l’obiettivo di sviluppare negli operatori di servizi sociali, sanitari, educativi, competenze utili per la prevenzione e il contrasto della violenza sui minori migranti.