Milano, 20 mar. (askanews) – Per il mais italiano si prevede un’altra campagna critica. Le intenzioni di semina registrate dall’Istat indicavano un -6% su base nazionale ma, secondo i dati raccolti dalla federazione nazionale delle rivendite agrarie Compag, nell’attuale fase di semine in corso, sembrerebbe che in alcuni areali della Lombardia la riduzione sfiori il 15%, mentre in altre aree del Veneto il calo raggiunga addirittura il 30%.
Anche Ismea prospetta una situazione critica per il 2023 per la produzione di granella di mais, con possibili riduzioni delle rese e del livello qualitativo, legate soprattutto all’incognita del clima e delle risorse idriche a disposizione. Nel rapporto pubblicato di recente da Ismea sulla filiera del mais, si evidenzia che il fabbisogno nazionale di questa materia prima dipende sostanzialmente dalle importazioni: se 20 anni fa la produzione copriva quasi totalmente il fabbisogno, ora il tasso di autoapprovvigionamento è sceso al 40%.
Il ministero dell’Agricoltura ha raccolto, sulla base dei dati Istat, le previsioni di semina per il frumento duro e tenero. Nello specifico, il tenero dovrebbe accrescere le superfici investite del +6,2%, trainato dal calo delle semine di altre colture, in particolare il mais. L’aumento interesserebbe tutto il Paese, ma soprattutto il Nord, dove incidono le preoccupazioni legate alla scarsità di piogge. L’Istat prevede invece in calo il grano duro con un -1,6% a livello nazionale a causa della riduzione del 3,2% di ettari nel Sud e Isole, mentre dovrebbe crescere la superficie nelle aree settentrionali (+11,2% Nord Ovest e +3,8% nel Nord Est), in lieve aumento nelle zone centrali (+1,2%).
“Non appare affatto semplice proiettare i dati produttivi partendo dalle intenzioni di semina per l’andamento climatico anomalo che sta caratterizzando anche il 2023, dopo un 2022 storicamente siccitoso – sostiene Vittorio Ticchiati, direttore generale di Compag – Il periodo invernale 2022/23 continua a essere caratterizzato dalla mancanza di piogge con un deficit che ha interessato in particolare il Nord, dove i grandi laghi e i maggiori fiumi, compreso il Po, si trovano sotto i livelli già allarmanti dello scorso anno. I grandi laghi sono valutati a un indice di riempimento del 30-35%, con le precipitazioni nevose sull’arco alpino in calo del 56%”.