Ridurre sprechi in rete e in casa, cambiare modelli agricoli
Roma, 21 feb. (askanews) – La siccità è ormai un problema strutturale, è uno dei prezzi che paghiamo al cambiamento climatico. Dobbiamo prepararci a una realtà nuova, caratterizzata anche da una riduzione della disponibilità idrica media annua del 19% dell’ultimo trentennio rispetto al precedente (ISPRA, 2022) e cambiare, anche ponendo rimedio agli errori del passato a cominciare dagli sprechi e dalle perdite della rete di distribuzione (oggi fino al 40%) e nelle case, dove gli italiani sono campioni d’Europa di spreco (220 litri in media abitante al giorno). Dobbiamo anche ridurre il fabbisogno di acqua in agricoltura che utilizza oggi il 60% della risorsa acqua disponibile. A lanciare l’allarme è il Wwf.
Secondo l’associazone invece di intervenire sugli effetti, si deve intervenire sulle cause attraverso una strategia ad ampio raggio che dovrebbe avere al centro un adeguato Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, basato sulle più aggiornate conoscenze ed esperienze realizzate in Europa utilizzando soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions) per una corretta ricarica delle falde, per creare aree di laminazione naturale, per favorire processi di autodepurazione e per ridurre in generale la vulnerabilità del nostro territorio.
Per il Wwf resta prioritaria la necessità non procrastinabile, richiamata anche nell’ultimo rapporto dagli scienziati dell’IPCC, di abbattere rapidamente le emissioni di gas climalteranti, per scongiurare il pericolo che la situazione divenga tale da rendere impossibile fronteggiare la crisi climatica e adattarsi. Occorre poi ridare centralità alle Autorità di Bacino perché ci sia una regia unica che rediga e/o aggiorni i “bilanci idrici” per riprogrammare gli usi dell’acqua in base alla reale disponibilità della risorsa e alle priorità.
Rivedere le concessioni idriche dando priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente, evitando o riducendo drasticamente utilizzi inopportuni in un’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici, come per la neve artificiale (la stagione sciistica ormai si protrae fino a maggio quando l’agricoltura è già da un paio di mesi bisognosa d’acqua).
Necessario poi combattere lo spreco, ammodernando la rete di distribuzione per uso civile dell’acqua e migliorando sempre più i sistemi di irrigazione; e incentivare il risparmio idrico anche attraverso politiche di premialità. Ridurre il consumo di suolo che avanza ad un ritmo di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, avviando anche azioni di recupero e ripristino ambientale. Rinaturalizzare i fiumi e la rete idrica superficiale, tutelando e ripristinando le fasce ripariali e le zone umide, ricreandone di nuove per tutelare la biodiversità ma anche come bacini da utilizzate per contrastare periodi di stress idrico. Incrementare le infrastrutture verdi all’interno delle aziende agricole (filari di siepi e alberate, fasce tampone, stagni, ecc.) che aumentano la ritenzione idrica dei terreni agricoli.
Per l’associazione bisogna puntare sull’agroecologia. Per ridurre la dipendenza dall’acqua della nostra agricoltura – seuggerisce il Wwf – andrebbero incentivate l’agricoltura biologica e le altre pratiche agricole che incrementano la sostanza organica nel suolo che trattiene l’acqua (cover-crops, sovesci, non lavorazione del terreno tramite la semina su sodo, ecc.) e privilegiare le colture che richiedono una ridotta irrigazione.
Il proliferare di nuovi invasi e programmi d’intervento straordinari, dettati dall’emergenza, derogando dalla pianificazione ordinaria e dai suoi vincoli territoriali, – avverte il Wwf – rischia di peggiorare la situazione aggravando il bilancio idrico complessivo degli ecosistemi e delle falde. Gli invasi devono essere ricaricati e con l’andamento delle precipitazioni rischiamo di realizzare solo cattedrali nel deserto. È prioritario realizzare un censimento degli invasi già presenti sul territorio e dei loro attuali usi e gestori per incrementare la loro efficienza. Privilegiare in ogni caso i piccoli invasi diffusi sul territorio invece dei grandi bacini idrici montani che sottraggono acqua a tutto il bacino idrografico sottostante.
Wwf, siccità è problema strutturale. Bisogna preservare l’acqua
Roma, 21 feb. (askanews) – La siccità è ormai un problema strutturale, è uno dei prezzi che paghiamo al cambiamento climatico. Dobbiamo prepararci a una realtà nuova, caratterizzata anche da una riduzione della disponibilità idrica media annua del 19% dell’ultimo trentennio rispetto al precedente (ISPRA, 2022) e cambiare, anche ponendo rimedio agli errori del passato a cominciare dagli sprechi e dalle perdite della rete di distribuzione (oggi fino al 40%) e nelle case, dove gli italiani sono campioni d’Europa di spreco (220 litri in media abitante al giorno). Dobbiamo anche ridurre il fabbisogno di acqua in agricoltura che utilizza oggi il 60% della risorsa acqua disponibile. A lanciare l’allarme è il Wwf.
Secondo l’associazone invece di intervenire sugli effetti, si deve intervenire sulle cause attraverso una strategia ad ampio raggio che dovrebbe avere al centro un adeguato Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, basato sulle più aggiornate conoscenze ed esperienze realizzate in Europa utilizzando soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions) per una corretta ricarica delle falde, per creare aree di laminazione naturale, per favorire processi di autodepurazione e per ridurre in generale la vulnerabilità del nostro territorio.
Per il Wwf resta prioritaria la necessità non procrastinabile, richiamata anche nell’ultimo rapporto dagli scienziati dell’IPCC, di abbattere rapidamente le emissioni di gas climalteranti, per scongiurare il pericolo che la situazione divenga tale da rendere impossibile fronteggiare la crisi climatica e adattarsi. Occorre poi ridare centralità alle Autorità di Bacino perché ci sia una regia unica che rediga e/o aggiorni i “bilanci idrici” per riprogrammare gli usi dell’acqua in base alla reale disponibilità della risorsa e alle priorità.
Rivedere le concessioni idriche dando priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente, evitando o riducendo drasticamente utilizzi inopportuni in un’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici, come per la neve artificiale (la stagione sciistica ormai si protrae fino a maggio quando l’agricoltura è già da un paio di mesi bisognosa d’acqua).
Necessario poi combattere lo spreco, ammodernando la rete di distribuzione per uso civile dell’acqua e migliorando sempre più i sistemi di irrigazione; e incentivare il risparmio idrico anche attraverso politiche di premialità. Ridurre il consumo di suolo che avanza ad un ritmo di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, avviando anche azioni di recupero e ripristino ambientale. Rinaturalizzare i fiumi e la rete idrica superficiale, tutelando e ripristinando le fasce ripariali e le zone umide, ricreandone di nuove per tutelare la biodiversità ma anche come bacini da utilizzate per contrastare periodi di stress idrico. Incrementare le infrastrutture verdi all’interno delle aziende agricole (filari di siepi e alberate, fasce tampone, stagni, ecc.) che aumentano la ritenzione idrica dei terreni agricoli.
Per l’associazione bisogna puntare sull’agroecologia. Per ridurre la dipendenza dall’acqua della nostra agricoltura – seuggerisce il Wwf – andrebbero incentivate l’agricoltura biologica e le altre pratiche agricole che incrementano la sostanza organica nel suolo che trattiene l’acqua (cover-crops, sovesci, non lavorazione del terreno tramite la semina su sodo, ecc.) e privilegiare le colture che richiedono una ridotta irrigazione.
Il proliferare di nuovi invasi e programmi d’intervento straordinari, dettati dall’emergenza, derogando dalla pianificazione ordinaria e dai suoi vincoli territoriali, – avverte il Wwf – rischia di peggiorare la situazione aggravando il bilancio idrico complessivo degli ecosistemi e delle falde. Gli invasi devono essere ricaricati e con l’andamento delle precipitazioni rischiamo di realizzare solo cattedrali nel deserto. È prioritario realizzare un censimento degli invasi già presenti sul territorio e dei loro attuali usi e gestori per incrementare la loro efficienza. Privilegiare in ogni caso i piccoli invasi diffusi sul territorio invece dei grandi bacini idrici montani che sottraggono acqua a tutto il bacino idrografico sottostante.