Milano, 14 feb. (askanews) – Una ricerca universitaria per capire a che punto è il processo di inclusione lavorativa nel settore della distribuzione moderna: l’ha commissionata Federdistribuzione alla Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (ALTIS) ed è stata presentata a Milano. “I progetti di inclusione – ha detto ad askanews Francesco Quattrone, direttore Lavoro e Affari generali di Federdistribuzione – sono un grandissimo valore per la grande distribuzione, che abbiamo capito che può aver un ruolo nella collettività, può portare avanti progetti estremamente importanti, sia in termini di opportunità di lavoro, sia di organizzazione aziendale e benessere dei lavoratori. Credo che la grande distribuzione abbia già fatto dei passi in avanti notevoli, però è un tema estremamente complesso e bisogna impegnarsi molto”. Secondo la ricerca le aziende della distribuzione moderna stanno declinando la tematica dell’inclusione in maniera differente, e lo studio ha evidenziato una grande consapevolezza delle imprese, che si manifesta poi in quattro principali tipologie di approccio. La prima è quella definita “reattiva”, ossia che si muove in seguito a stimoli o condizioni esterne. “Dall’altro lato – ci ha spiegato Maria Cristina Zaccone, ricercatrice di ALTIS e coordinatrice della ricerca – abbiamo invece aziende che hanno puntato su un approccio focalizzato, mirato a risolvere tutta una serie di problematiche. Una terza tipologia riguarda iniziative di inclusione che hanno un approccio diffuso, ovvero sono molteplici e puntano a beneficiare diversi individui. Infine ci sono aziende che già oggi hanno un approccio strutturale e strutturato, e oltre alle iniziative organizzate, hanno anche al proprio interno una struttura organizzativa dedicata agli aspetti dell’inclusione”. Strategie che portano a benefici per le imprese e per i loro lavoratori, ma che poi, dato che si parla di distribuzione e retail, arrivano a coinvolgere direttamente i consumatori. “Quando pensiamo all’inclusione – ha concluso Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione – pensiamo ai nostri dipendenti, ma io quando vado in un punto vendita voglio essere incluso. E se ho di fronte a me dei dipendenti che sono parte di questa struttura io lo sento come consumatore. Questo significa avere anche un vantaggio competitivo rispetto alle altre aziende. Il concetto di inclusione nel passato era più limitato a chi aveva problemi, oggi invece il messaggio è che io voglio essere incluso, come dipendente, come cliente e come fornitore”. Dallo studio di ALTIS sono poi emerse anche le sfide che attendono il settore della distribuzione moderna su questi temi: le sue principali riguardano l’organizzazione aziendale e la comunicazione, sia interna sia esterna. All’evento, poi, è intervenuta in collegamento anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che ha ribadito la centralità del tema dell’inclusione sul lavoro." /> Milano, 14 feb. (askanews) – Una ricerca universitaria per capire a che punto è il processo di inclusione lavorativa nel settore della distribuzione moderna: l’ha commissionata Federdistribuzione alla Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (ALTIS) ed è stata presentata a Milano. “I progetti di inclusione – ha detto ad askanews Francesco Quattrone, direttore Lavoro e Affari generali di Federdistribuzione – sono un grandissimo valore per la grande distribuzione, che abbiamo capito che può aver un ruolo nella collettività, può portare avanti progetti estremamente importanti, sia in termini di opportunità di lavoro, sia di organizzazione aziendale e benessere dei lavoratori. Credo che la grande distribuzione abbia già fatto dei passi in avanti notevoli, però è un tema estremamente complesso e bisogna impegnarsi molto”. Secondo la ricerca le aziende della distribuzione moderna stanno declinando la tematica dell’inclusione in maniera differente, e lo studio ha evidenziato una grande consapevolezza delle imprese, che si manifesta poi in quattro principali tipologie di approccio. La prima è quella definita “reattiva”, ossia che si muove in seguito a stimoli o condizioni esterne. “Dall’altro lato – ci ha spiegato Maria Cristina Zaccone, ricercatrice di ALTIS e coordinatrice della ricerca – abbiamo invece aziende che hanno puntato su un approccio focalizzato, mirato a risolvere tutta una serie di problematiche. Una terza tipologia riguarda iniziative di inclusione che hanno un approccio diffuso, ovvero sono molteplici e puntano a beneficiare diversi individui. Infine ci sono aziende che già oggi hanno un approccio strutturale e strutturato, e oltre alle iniziative organizzate, hanno anche al proprio interno una struttura organizzativa dedicata agli aspetti dell’inclusione”. Strategie che portano a benefici per le imprese e per i loro lavoratori, ma che poi, dato che si parla di distribuzione e retail, arrivano a coinvolgere direttamente i consumatori. “Quando pensiamo all’inclusione – ha concluso Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione – pensiamo ai nostri dipendenti, ma io quando vado in un punto vendita voglio essere incluso. E se ho di fronte a me dei dipendenti che sono parte di questa struttura io lo sento come consumatore. Questo significa avere anche un vantaggio competitivo rispetto alle altre aziende. Il concetto di inclusione nel passato era più limitato a chi aveva problemi, oggi invece il messaggio è che io voglio essere incluso, come dipendente, come cliente e come fornitore”. Dallo studio di ALTIS sono poi emerse anche le sfide che attendono il settore della distribuzione moderna su questi temi: le sue principali riguardano l’organizzazione aziendale e la comunicazione, sia interna sia esterna. All’evento, poi, è intervenuta in collegamento anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che ha ribadito la centralità del tema dell’inclusione sul lavoro." />