Ankara, 13 gen. (askanews) – Un Patto per la stabilità della Libia. Da Ankara, dove si è recato in visita ufficiale, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha lanciato il piano del governo Meloni per ridare spazio all’iniziativa di mediazione dell’Onu, con l’obiettivo di avviare un processo politico inclusivo nel Paese del Nordafrica, da concludersi con le elezioni e la scelta di una leadership forte del sostegno popolare. Un progetto che non può prescindere dall’approvazione della Turchia, “che svolge un ruolo fondamentale nello scacchiere del Mediterraneo, del Medio Oriente e dei Balcani”, ma anche dell’Egitto, altro attore di primaria importanza in vista di una soluzione della crisi. Si tratta di “una priorità per l’Italia e per la Turchia”, ha spiegato Tajani che, secondo fonti a conoscenza del dossier, ha offerto al suo collega turco un ruolo di coordinamento dell’Italia tra Ankara e il Cairo, che in Libia perseguono agende diverse.
Dopo un primo periodo di assestamento e l’approvazione della legge di bilancio, il governo di Giorgia Meloni ha dunque deciso di accelerare sulle priorità di politica estera. All’indomani della visita in Ucraina del ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, e in attesa della missione della presidente del Consiglio in Algeria prima e a Kiev poi, Tajani si è recato in visita all’omologo turco Mevlut Cavusoglu. Un colloquio, quello di oggi, che ha consentito ai due ministri di affrontare i principali dossier dell’agenda bilaterale e internazionale: cooperazione in ambito economico, contrasto all’immigrazione irregolare, guerra in Ucraina e crisi libica. Su quest’ultimo tema, Tajani e Cavusoglu hanno concordato sulla necessità di lavorare su “iniziative congiunte, concrete” per favorire la stabilità del paese. “La strategia italiana è molto chiara”, ha detto Tajani. “Coinvolgere i paesi che sono determinanti sul fronte immigrazione. E la risposta avuta oggi dalla Turchia è una risposta positiva”.
L’obiettivo di Roma è quello di incoraggiare un forte sostegno internazionale all’azione del rappresentante speciale delle Nazioni Unite, Abdulaye Bathily, chiedendogli di procedere convintamente con un tentativo di mediazione su tutti i dossier divisivi del Paese – processo elettorale, formazione di un esecutivo unificato, uso trasparente dei proventi petroliferi -, nonché di formulare una road map inclusiva ed equilibrata che possa consentire lo svolgimento delle elezioni nel Paese. Anche per questo Tajani ha invitato Bathily a Roma, mentre l’Italia chiederà ai suoi partner internazionali di riconoscere che una Libia unita e stabilizzata, dotata di un governo democraticamente eletto e di istituzioni civili e militari unificate, è nell’interesse di tutti i Paesi della regione. Il Patto per la Sovranità della Libia servirà proprio a convincere questi Paesi a non opporre ostacoli al tentativo di mediazione dell’Onu, rinunciando ad accordi non trasparenti che hanno l’unico effetto di prolungare divisioni e ostilità. Al contempo, hanno riferito fonti diplomatiche, il piano sostenuto dal governo italiano funzionerà anche da monito per le autorità libiche, affinché desistano dal perseguimento di interessi personali a beneficio della popolazione e del Paese nella sua interezza.
L’Italia, secondo quanto si è appreso, proporrà dunque di avviare un dialogo di alto livello per la sottoscrizione del Patto, che dovrà avere come protagonista anche l’Unione europea, al fine di rafforzare i confini meridionali della Libia, contrastare i flussi migratori disordinati in partenza dalla Tripolitania e dalla Cirenaica, dare nuovo slancio all’unificazione delle forze armate e al reintegro delle milizie. L’auspicio è che, assegnando un ruolo guida all’Onu, la Libia possa completare un processo di stabilizzazione che la porti fuori da una crisi non più sostenibile. Una situazione di ritrovata stabilità che potrebbe anche contribuire a una soluzione della questione migratoria. La Libia e la Tunisia, paese dove Tajani si recherà la settimana prossima, sono infatti i principali bacini di partenza dei migranti che intendono raggiungere l’Italia e l’Europa attraverso il Mediterraneo.
“E’ quello che vogliamo fare, un patto con i paesi di origine, i più importanti, attraverso i quali passano i flussi migratori. Questi grandi paesi hanno un’influenza in Libia, ma sono anche paesi di transito ed hanno problemi di immigrazione importanti”, ha confermato Tajani. Il ministro sa che giungere in tempi rapidi a elezioni non sarà semplice e che per il completamento di questo processo democratico potrebbe servire parecchio tempo. “Non è un percorso facilissimo, ma è un percorso verso il quale convergiamo tutti. Adesso bisogna lavorare con questi paesi per favorire regolari elezioni. Spero sia una questione di mesi. Dobbiamo arrivare in tempi rapidi, quello dell’immigrazione è un problema che va affrontato e risolto”, ha commentato.
“In questo campo dobbiamo collaborare”, ha ammesso da parte sua Cavusoglu, parlando di “un problema comune”. Gli arrivi nel Vecchio Continente sono “in crescita” e destano molta “preoccupazione”. Per questo bisogna “lavorare insieme”, “ovviamente in Nordafrica e in Medio Oriente, con interventi a breve, medio e lungo termine”, anche nel tentativo di “stroncare il mercato degli esseri umani, – una priorità per l’Italia e la Turchia – e di impedire che il Mediterraneo diventi un cimitero di migranti” , ha sottolineato Tajani. “Lotta a immigrazione clandestina significa sicurezza, significa fermare i trafficanti. Su questo saremo molto duri”, ha assicurato il ministro.
Dal dialogo per la stabilità della Libia è esclusa la Russia. “Con Wagner non si può parlare”, ha detto seccamente Tajani, alludendo alla presenza dei mercenari della società privata russa nel Paese nordafricano. D’altra parte, il dialogo con Mosca è complicato dal conflitto in Ucraina. Ankara, a questo proposito continua a giocare un ruolo di primo piano per una soluzione negoziata della crisi. Dopo il successo ottenuto nella mediazione sull’esportazione di grano, potrebbe tentarsi un approccio anche sulla centrale di Zaporizhzhia, sebbene secondo il ministro spetti soprattutto all’Agenzia Onu per il nucleare (Aiea) “trovare la strada” per disinnescare le tensioni attorno alla centrale che rischiano di avere conseguenze “inimmaginabili”. Il titolare della Farnesina ha comunque confermato all’omologo turco il sostegno italiano agli sforzi di mediazione tra le parti in conflitto. Ma non deve trattarsi di una resa, ha precisato il ministro, ribadendo la posizione del governo Meloni. “Deve essere una pace giusta”, che garantisca “l’indipendenza” del Paese. (di Corrado Accaputo)