Presidenzialismo, Guzzetta: all’Italia serve il sistema francese – askanews.it

Presidenzialismo, Guzzetta: all’Italia serve il sistema francese

Roma, 3 gen. (askanews) – Il governo fa bene a prendere l’iniziativa sul presidenzialismo, l’Italia ha bisogno di una “riforma sistemica” e il modello francese e’ quello a cui fare riferimento, perche’ e’ stato pensato per una situazione simile a quella che si vive qui. Giovanni Guzzetta, giurista e docente di diritto pubblico all’universita’ di Tor Vergata a Roma, ha fondato anche il movimento ‘Io cambio’ per sostenere la causa dell’elezione diretta del capo dello Stato. “Personalmente – spiega ad Askanews – sono da decenni sostenitore del semi-presidenzialismo francese, non per ragioni ideologiche ma analitiche. Il premierato e’ stato anche proposto in Italia, abbiamo anche un esempio – sindaci e presidenti di regione – ma rischia di essere o troppo rigido o troppo blando. Se viene interpretato in senso stretto significa scioglimento automatico nel caso in cui dovesse cambiare la premiership, se attuato in senso blando diventa solo un’indicazione del premier che non risolve il problema della stabilita’ dei governi”. Domanda. Ma nemmeno con la sfiducia costruttiva si potrebbe realizzare un cancellierato che funzioni? Risposta. “La sfiducia costruttiva e’ l’istituzionalizzazione dei ribaltoni. Nei sistemi seri, come in Germania, e’ caduta in disuso. Nei sistemi frammentati non ha risolto l’ingovernabilita’, come in Belgio o in Israele. Invece il sistema francese ha molti argomenti a suo favore: il primo e’ che garantisce stabilita’ nell’indirizzo espresso dal presidente e flessibilita’ sul piano parlamentare. Poi, e’ un sistema che ha risolto problemi molto simili a quelli dell’italia. Infine, ha garantito alternanza portando alla presidenza anche chi era radicalmente contrario al modello di de Gaulle: Mitterrand scrisse un libro intitolato ‘Il colpo di stato permanente’, salvo poi essere il maggiore beneficiario del sistema, e’ stato il piu’ longevo presidente della storia francese..”. D. Dunque fa bene il governo a prendere l’iniziativa su questo? R. “Certo. Ma il problema delle riforme in Italia e’ soprattutto il metodo: nel nostro Paese le riforme sono tutte fallite. Sono fallite quando sono state fatte a maggioranza, sono fallite quando sono state fatte in maniera bipartisan. I tempi sono troppo lunghi, cambia la convenienza politica che c’era al momento dell’accordo di partenza e la riforma frana. Basti ricordare il patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi. Per questo sostengo, con il movimento ‘Io cambio’ che si debba far precedere il processo riformatore da un referendum consultivo per dire in che direzione andare. Se restare dove siamo o se andare verso un sistema presidenziale. Bisognerebbe applicare il metodo che De Gasperi scelse per il referendum monarchia-repubblica”. D. Ma scegliere tra monarchia e repubblica era una questione di fondo, comprensibile a chiunque. Gli elettori sono in grado di valutare tra premierato e presidenzialismo? R. “Questo e’ esattamente l’argomento che il Fronte popolare oppose a De Gasperi. Lui rispose che la scelta era troppo importante per non affidarla agli elettori. Il punto e’ se uno ci crede o no nella democrazia e dunque nel fatto che siano i cittadini a scegliere. Non credo che in Italia un dibattito serio sulle istituzioni non possa essere compreso dagli italiani. Mi pare un argomento molto paternalistico e opportunistico”. D. Per dare stabilita’ al governo, pero’, si potrebbe intervenire con interventi mirati, senza riscrivere buona parte della Costituzione: agire sulla legge elettorale, regolamenti e magari disciplinare meglio il rapporto tra governo e parlamento… R. “La strada legge elettorale l’abbiamo provata e anche la riforma dei regolamenti parlamentari. Ma si sono dimostrate inadeguate a risolvere il problema, soprattuto considerando una situazione che in Italia e’ coeva alla nascita dello stato, dal 1861 ad oggi. Sono certo che non basti piu’ una legge elettorale, si e’ provato all’inizio degli anni ’90 a seguire questa strada, ma non ha funzionato. Il problema e’ di tipo costituzionale, e’ la messa in sicurezza delle maggioranze a livello parlamentare che bisogna fare”. D. Per introdurre il presidenzialismo, o il semipresidenzialimo, sarebbe necessario rivedere tutto il sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione? R. “Sicuramente, se si fa una riforma costituzionale si fa una riforma d’insieme. Ma non vedo il problema”. D. Beh, l’esperienza del taglio dei parlamentari non e’ incoraggiante: si era detto che sarebbe stata accompagnata da una serie di aggiustamenti e invece non e’ stato fatto niente. R. “Questo conferma quello che dico: l’idea delle riforme chirurgiche e’ un abbaglio. Anche le riforme chirurgiche richiedono aggiustamenti. Le riforme devono essere sistematiche perche’ senno’ poi lasciamo sul tavolo tutta una serie di problemi irrisolti”. D. La sinistra e’ fredda, e del resto e’ stata sempre ostile al presidenzialismo, temendo ‘l’uomo forte’… R. “E’ una posizione recente della sinistra, un’inversione a U che non ha giustificazione rispetto al passato. Intorno agli anni duemila la sinistra era assolutamente favorevole alle riforme, la commissione D’Alema varo’ addirittura un sistema semipresidenziale, ci furono aperture da Veltroni, dallo stesso Prodi. E’ una chiusura recente, che addebito a una situazione di difficolta’ in cui si trova il Pd. Mi auguro che questa chiusura venga superata perche’ il paese ha bisogno che tutte le aree politiche concorrano”. D. Ed e’ giusto che la presidente del consiglio Giorgia Meloni dica: cerchiamo la condivisione, ma andremo avanti in ogni caso? R. “Dire il contrario significherebbe consegnare un potere di veto all’opposizione. Mi sembra ragionevole che la presidente del Consiglio dica: sediamoci al tavolo, dopodiche’ se non c’e’ accordo abbiamo anche il dovere di tentare di fare la riforma comunque”.
Gen 3, 2023

‘Scelgano italiani: si faccia anche referendum consultivo prima’

Roma, 3 gen. (askanews) – Il governo fa bene a prendere l’iniziativa sul presidenzialismo, l’Italia ha bisogno di una “riforma sistemica” e il modello francese e’ quello a cui fare riferimento, perche’ e’ stato pensato per una situazione simile a quella che si vive qui. Giovanni Guzzetta, giurista e docente di diritto pubblico all’universita’ di Tor Vergata a Roma, ha fondato anche il movimento ‘Io cambio’ per sostenere la causa dell’elezione diretta del capo dello Stato.

“Personalmente – spiega ad Askanews – sono da decenni sostenitore del semi-presidenzialismo francese, non per ragioni ideologiche ma analitiche. Il premierato e’ stato anche proposto in Italia, abbiamo anche un esempio – sindaci e presidenti di regione – ma rischia di essere o troppo rigido o troppo blando. Se viene interpretato in senso stretto significa scioglimento automatico nel caso in cui dovesse cambiare la premiership, se attuato in senso blando diventa solo un’indicazione del premier che non risolve il problema della stabilita’ dei governi”.

Domanda. Ma nemmeno con la sfiducia costruttiva si potrebbe realizzare un cancellierato che funzioni? Risposta. “La sfiducia costruttiva e’ l’istituzionalizzazione dei ribaltoni. Nei sistemi seri, come in Germania, e’ caduta in disuso. Nei sistemi frammentati non ha risolto l’ingovernabilita’, come in Belgio o in Israele. Invece il sistema francese ha molti argomenti a suo favore: il primo e’ che garantisce stabilita’ nell’indirizzo espresso dal presidente e flessibilita’ sul piano parlamentare. Poi, e’ un sistema che ha risolto problemi molto simili a quelli dell’italia. Infine, ha garantito alternanza portando alla presidenza anche chi era radicalmente contrario al modello di de Gaulle: Mitterrand scrisse un libro intitolato ‘Il colpo di stato permanente’, salvo poi essere il maggiore beneficiario del sistema, e’ stato il piu’ longevo presidente della storia francese..”.

D. Dunque fa bene il governo a prendere l’iniziativa su questo? R. “Certo. Ma il problema delle riforme in Italia e’ soprattutto il metodo: nel nostro Paese le riforme sono tutte fallite. Sono fallite quando sono state fatte a maggioranza, sono fallite quando sono state fatte in maniera bipartisan. I tempi sono troppo lunghi, cambia la convenienza politica che c’era al momento dell’accordo di partenza e la riforma frana. Basti ricordare il patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi. Per questo sostengo, con il movimento ‘Io cambio’ che si debba far precedere il processo riformatore da un referendum consultivo per dire in che direzione andare. Se restare dove siamo o se andare verso un sistema presidenziale. Bisognerebbe applicare il metodo che De Gasperi scelse per il referendum monarchia-repubblica”.

D. Ma scegliere tra monarchia e repubblica era una questione di fondo, comprensibile a chiunque. Gli elettori sono in grado di valutare tra premierato e presidenzialismo? R. “Questo e’ esattamente l’argomento che il Fronte popolare oppose a De Gasperi. Lui rispose che la scelta era troppo importante per non affidarla agli elettori. Il punto e’ se uno ci crede o no nella democrazia e dunque nel fatto che siano i cittadini a scegliere. Non credo che in Italia un dibattito serio sulle istituzioni non possa essere compreso dagli italiani. Mi pare un argomento molto paternalistico e opportunistico”.

D. Per dare stabilita’ al governo, pero’, si potrebbe intervenire con interventi mirati, senza riscrivere buona parte della Costituzione: agire sulla legge elettorale, regolamenti e magari disciplinare meglio il rapporto tra governo e parlamento… R. “La strada legge elettorale l’abbiamo provata e anche la riforma dei regolamenti parlamentari. Ma si sono dimostrate inadeguate a risolvere il problema, soprattuto considerando una situazione che in Italia e’ coeva alla nascita dello stato, dal 1861 ad oggi. Sono certo che non basti piu’ una legge elettorale, si e’ provato all’inizio degli anni ’90 a seguire questa strada, ma non ha funzionato. Il problema e’ di tipo costituzionale, e’ la messa in sicurezza delle maggioranze a livello parlamentare che bisogna fare”.

D. Per introdurre il presidenzialismo, o il semipresidenzialimo, sarebbe necessario rivedere tutto il sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione? R. “Sicuramente, se si fa una riforma costituzionale si fa una riforma d’insieme. Ma non vedo il problema”.

D. Beh, l’esperienza del taglio dei parlamentari non e’ incoraggiante: si era detto che sarebbe stata accompagnata da una serie di aggiustamenti e invece non e’ stato fatto niente. R. “Questo conferma quello che dico: l’idea delle riforme chirurgiche e’ un abbaglio. Anche le riforme chirurgiche richiedono aggiustamenti. Le riforme devono essere sistematiche perche’ senno’ poi lasciamo sul tavolo tutta una serie di problemi irrisolti”.

D. La sinistra e’ fredda, e del resto e’ stata sempre ostile al presidenzialismo, temendo ‘l’uomo forte’… R. “E’ una posizione recente della sinistra, un’inversione a U che non ha giustificazione rispetto al passato. Intorno agli anni duemila la sinistra era assolutamente favorevole alle riforme, la commissione D’Alema varo’ addirittura un sistema semipresidenziale, ci furono aperture da Veltroni, dallo stesso Prodi. E’ una chiusura recente, che addebito a una situazione di difficolta’ in cui si trova il Pd. Mi auguro che questa chiusura venga superata perche’ il paese ha bisogno che tutte le aree politiche concorrano”.

D. Ed e’ giusto che la presidente del consiglio Giorgia Meloni dica: cerchiamo la condivisione, ma andremo avanti in ogni caso? R. “Dire il contrario significherebbe consegnare un potere di veto all’opposizione. Mi sembra ragionevole che la presidente del Consiglio dica: sediamoci al tavolo, dopodiche’ se non c’e’ accordo abbiamo anche il dovere di tentare di fare la riforma comunque”.