Riflessione di Don Davide Banzato per askanews
Roma, 15 dic. (askanews) –
di Davide Banzato
Viviamo come se fossimo in una “bolla” mentre intorno a noi si eleva un grido assordante.
Mondiali dai costi inimmaginabili catturano la nostra attenzione come se fossimo in un tempo “normale”, mentre non inorridiamo davvero per scandali di corruzione in un tempo storico segnato da pandemia, guerre, crisi economica e orrori di ogni genere. Non piangiamo per donne, uomini e addirittura bambini, persone innocenti e fragili, che vengono massacrate per proteste, con violenze inimmaginabili. Non ci lasciamo scuotere dalle vite per sempre segnate da “lager” a due passi da noi, che tornando a schiaffeggiare la nostra coscienza sopita. Siamo talmente assuefatti al male da non renderci conto della gravita’ del momento presente.
L’appello del Papa va ben oltre un gesto simbolico. Mercoledi’ 14 dicembre Papa Francesco all’udienza generale ha chiesto una cosa precisa: Facciamo un Natale piu’ umile, con regali piu’ umili, e inviamo loro cio’ che risparmiamo: in Ucraina fanno la fame, sentono il freddo.
In Italia ci sono persone e intere famiglie, senza i soldi per la luce, il riscaldamento e per mangiare.
Si e’ ampliato il divario tra ricchi e poveri: il 10% possiede il 76% di tutta la ricchezza globale. C’e’ piu’ diseguaglianza all’interno dei Paesi che tra Paesi. Negli ultimi 30 anni hanno reso i “ricchi sempre piu’ ricchi” e i “poveri sempre piu’ poveri”. Un aumento accelerato dalla pandemia che ha portato all’incremento piu’ rapido mai registrato della quota di ricchezza dei miliardari mondiali. La disuguaglianza globale e’ ai massimi storici.
Le disuguaglianze sono aumentate negli ultimi due decenni in modo significativo all’interno dei Paesi: il divario tra i redditi medi del 10% piu’ ricco e del 50% piu’ povero e’ quasi raddoppiato, questo significa che le disuguaglianze all’interno dei Paesi sono ora persino maggiori delle disuguaglianze tra i Paesi.
E parlando di guerra, quella in Ucraina e’ solo l’ultima di ben 59 guerre e 900 conflitti nel Mondo con atrocita’ verso bambini, anziani, donne, giovani, uomini inermi dinnanzi ai gelidi interessi di chi guadagna sulla pelle altrui.
I dati delle guerre e dei conflitti, i dati sulla poverta’, i dati del disagio sono inquietanti e sono proprio quella “Terza Guerra Mondiale” oramai non piu’ “a pezzi”, ma in atto.
Eppure, c’e’ la normalizzazione del dolore.
Allora partire da una scelta concreta, semplice e accessibile, per poi farne altre di piu’ grandi significa alzare la testa, aprire gli occhi e prendere posizione. Fare scelte concrete per la sobrieta’ dove siamo e viviamo a Natale e’ un dovere, aiutando chi possiamo, schierandoci concretamente dalla parte dei piu’ deboli.
Se non facciamo la nostra parte, quello che ciascuno di noi puo’ fare, allora non abbiamo il diritto di scandalizzarci di nulla, siamo complici di una comoda indifferenza globalizzata, continuando ad anestetizzare le nostre coscienze. Dobbiamo solo tacere e possiamo continuare a fingere che tutto vada bene cosi’.
Complici di una comoda indifferenza globalizzata o in ascolto dellappello del Papa per un Natale sobrio?
Roma, 15 dic. (askanews) –
di Davide Banzato
Viviamo come se fossimo in una “bolla” mentre intorno a noi si eleva un grido assordante.
Mondiali dai costi inimmaginabili catturano la nostra attenzione come se fossimo in un tempo “normale”, mentre non inorridiamo davvero per scandali di corruzione in un tempo storico segnato da pandemia, guerre, crisi economica e orrori di ogni genere. Non piangiamo per donne, uomini e addirittura bambini, persone innocenti e fragili, che vengono massacrate per proteste, con violenze inimmaginabili. Non ci lasciamo scuotere dalle vite per sempre segnate da “lager” a due passi da noi, che tornando a schiaffeggiare la nostra coscienza sopita. Siamo talmente assuefatti al male da non renderci conto della gravita’ del momento presente.
L’appello del Papa va ben oltre un gesto simbolico. Mercoledi’ 14 dicembre Papa Francesco all’udienza generale ha chiesto una cosa precisa: Facciamo un Natale piu’ umile, con regali piu’ umili, e inviamo loro cio’ che risparmiamo: in Ucraina fanno la fame, sentono il freddo.
In Italia ci sono persone e intere famiglie, senza i soldi per la luce, il riscaldamento e per mangiare.
Si e’ ampliato il divario tra ricchi e poveri: il 10% possiede il 76% di tutta la ricchezza globale. C’e’ piu’ diseguaglianza all’interno dei Paesi che tra Paesi. Negli ultimi 30 anni hanno reso i “ricchi sempre piu’ ricchi” e i “poveri sempre piu’ poveri”. Un aumento accelerato dalla pandemia che ha portato all’incremento piu’ rapido mai registrato della quota di ricchezza dei miliardari mondiali. La disuguaglianza globale e’ ai massimi storici.
Le disuguaglianze sono aumentate negli ultimi due decenni in modo significativo all’interno dei Paesi: il divario tra i redditi medi del 10% piu’ ricco e del 50% piu’ povero e’ quasi raddoppiato, questo significa che le disuguaglianze all’interno dei Paesi sono ora persino maggiori delle disuguaglianze tra i Paesi.
E parlando di guerra, quella in Ucraina e’ solo l’ultima di ben 59 guerre e 900 conflitti nel Mondo con atrocita’ verso bambini, anziani, donne, giovani, uomini inermi dinnanzi ai gelidi interessi di chi guadagna sulla pelle altrui.
I dati delle guerre e dei conflitti, i dati sulla poverta’, i dati del disagio sono inquietanti e sono proprio quella “Terza Guerra Mondiale” oramai non piu’ “a pezzi”, ma in atto.
Eppure, c’e’ la normalizzazione del dolore.
Allora partire da una scelta concreta, semplice e accessibile, per poi farne altre di piu’ grandi significa alzare la testa, aprire gli occhi e prendere posizione. Fare scelte concrete per la sobrieta’ dove siamo e viviamo a Natale e’ un dovere, aiutando chi possiamo, schierandoci concretamente dalla parte dei piu’ deboli.
Se non facciamo la nostra parte, quello che ciascuno di noi puo’ fare, allora non abbiamo il diritto di scandalizzarci di nulla, siamo complici di una comoda indifferenza globalizzata, continuando ad anestetizzare le nostre coscienze. Dobbiamo solo tacere e possiamo continuare a fingere che tutto vada bene cosi’.