Ciò che non sappiamo di non sapere: ultima settimana in Triennale – askanews.it

Ciò che non sappiamo di non sapere: ultima settimana in Triennale

Milano, 5 dic. (askanews) – Al cuore della 23esima Triennale Internazionale c’e’ la mostra tematica curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo, che racconta del cosmo e delle sue profondita’ inimmaginabili, ma anche della polvere, della matematica, del primo dipinto in cui e’ raffigurata la Via Lattea e del suono della Terra. “Unknown Unknowns” e’ un’esposizione dedicata al mistero di cio’ che non sappiamo neppure di non sapere. “Questa non conoscenza – ha detto la curatrice ad Askanews – diventa un enorme stimolo, la voglia di un’avventura a cui lasciarsi andare. L’ignoto e’ un invito, e’ il piacere di una prospettiva che si allarga, qualcosa di nuovo entra in questa prospettiva e in qualche modo si mette in atto una trasformazione. Quindi il senso e’ abbandonarsi a cio’ che non si conosce e a farsi accogliere da cio’ che non si conosce, quindi non stabilendo una distanza”. Eppure la distanza e’ ovunque, sia nei confronti del piccolissimo, sia in quello del lontanissimo. Ma viene superata anche grazie al dialogo tra le discipline, al confronto fecondo tra i diversi linguaggi della scienza e dell’arte, che trovano una sintesi che spesso, come nel caso delle sfere d’argilla di Bosco Sodi o nella collisione tra galassie di Refik Anadol, e’ anche commovente. “Siamo felici – ha aggiunto il presidente della Triennale di Milano Stefano Boeri – perche’ questo e’ davvero un arcipelago, ci sono voci diverse, da punti di vista diversi, con un tema comune che oggi e’ davvero un tema emergente: la sensazione che l’universo sconosciuto fosse molto piu’ ampio di quanto pensavamo fino a qualche anno fa, la pandemia per esempio ci ha fatto conoscere un organismo sconosciuto che ha avuto effetti sconosciuti e di cui non conosciamo le prospettive; ma non solo: l’universo ci ha fatto vedere delle profondita’ e dimensioni sconosciute; stiamo camminando su un pianeta che non conosciamo: ne conosciamo 12 km su 12mila. E’ un tema fortissimo e siamo molto orgogliosi perche’ la Triennale lo affronta come prima al mondo”. Il percorso delle mostra milanese e’ avvolgente, fatto di continue piccole epifanie, che scendono dall’alto come le voci di Antonio Damasio o di Carlo Rovelli nelle Listening Chambers, le camere d’ascolto. Perche’ il punto essenziale e’ avere la lungimiranza di lasciarci permeare da questi grandi misteri. “Io direi – ha concluso Ersilia Vaudo – il mistero come appartenenza, i nostro dialogare con l’ignoto e’ limitato anche dalla nostra sensoriali: i nostri cinque sensi sono quello che sono per permetterci di evolverci, non per permetterci di comprendere la realta’ intorno a noi. Ma questa e’ una realta’, che anche se ci prescinde, ci contiene e ci appartiene”. La realta’, appunto. Forse il piu’ grande dei misteri che ci troviamo a fronteggiare nella vita e in questa 23esima Triennale, che e’ costruita intorno ad altre due mostre principali: “La tradizione del nuovo”, curata dal direttore del Museo del Design italiano, Marco Sammicheli, e “Mondo reale” della Fondation Cartier di Parigi, da anni partner della Triennale. E da tutto il progetto, che comprende anche le partecipazioni internazionali, arriva un messaggio molto chiaro: dobbiamo attraversare e abitare questi misteri senza angoscia, come un’opportunita’.
Dic 5, 2022
La 23esima esposizione internazionale chiude l’11 dicembre

Milano, 5 dic. (askanews) – Al cuore della 23esima Triennale Internazionale c’e’ la mostra tematica curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo, che racconta del cosmo e delle sue profondita’ inimmaginabili, ma anche della polvere, della matematica, del primo dipinto in cui e’ raffigurata la Via Lattea e del suono della Terra. “Unknown Unknowns” e’ un’esposizione dedicata al mistero di cio’ che non sappiamo neppure di non sapere.

“Questa non conoscenza – ha detto la curatrice ad Askanews – diventa un enorme stimolo, la voglia di un’avventura a cui lasciarsi andare. L’ignoto e’ un invito, e’ il piacere di una prospettiva che si allarga, qualcosa di nuovo entra in questa prospettiva e in qualche modo si mette in atto una trasformazione. Quindi il senso e’ abbandonarsi a cio’ che non si conosce e a farsi accogliere da cio’ che non si conosce, quindi non stabilendo una distanza”.

Eppure la distanza e’ ovunque, sia nei confronti del piccolissimo, sia in quello del lontanissimo. Ma viene superata anche grazie al dialogo tra le discipline, al confronto fecondo tra i diversi linguaggi della scienza e dell’arte, che trovano una sintesi che spesso, come nel caso delle sfere d’argilla di Bosco Sodi o nella collisione tra galassie di Refik Anadol, e’ anche commovente.

“Siamo felici – ha aggiunto il presidente della Triennale di Milano Stefano Boeri – perche’ questo e’ davvero un arcipelago, ci sono voci diverse, da punti di vista diversi, con un tema comune che oggi e’ davvero un tema emergente: la sensazione che l’universo sconosciuto fosse molto piu’ ampio di quanto pensavamo fino a qualche anno fa, la pandemia per esempio ci ha fatto conoscere un organismo sconosciuto che ha avuto effetti sconosciuti e di cui non conosciamo le prospettive; ma non solo: l’universo ci ha fatto vedere delle profondita’ e dimensioni sconosciute; stiamo camminando su un pianeta che non conosciamo: ne conosciamo 12 km su 12mila. E’ un tema fortissimo e siamo molto orgogliosi perche’ la Triennale lo affronta come prima al mondo”.

Il percorso delle mostra milanese e’ avvolgente, fatto di continue piccole epifanie, che scendono dall’alto come le voci di Antonio Damasio o di Carlo Rovelli nelle Listening Chambers, le camere d’ascolto. Perche’ il punto essenziale e’ avere la lungimiranza di lasciarci permeare da questi grandi misteri. “Io direi – ha concluso Ersilia Vaudo – il mistero come appartenenza, i nostro dialogare con l’ignoto e’ limitato anche dalla nostra sensoriali: i nostri cinque sensi sono quello che sono per permetterci di evolverci, non per permetterci di comprendere la realta’ intorno a noi. Ma questa e’ una realta’, che anche se ci prescinde, ci contiene e ci appartiene”.

La realta’, appunto. Forse il piu’ grande dei misteri che ci troviamo a fronteggiare nella vita e in questa 23esima Triennale, che e’ costruita intorno ad altre due mostre principali: “La tradizione del nuovo”, curata dal direttore del Museo del Design italiano, Marco Sammicheli, e “Mondo reale” della Fondation Cartier di Parigi, da anni partner della Triennale. E da tutto il progetto, che comprende anche le partecipazioni internazionali, arriva un messaggio molto chiaro: dobbiamo attraversare e abitare questi misteri senza angoscia, come un’opportunita’.