Xi si prepara al Congresso, l’assise che gli darà il terzo mandato
Roma, 20 set. (askanews) – La Cina si prepara a porre una nuova pietra miliare nella sua storia politica: il XX Congresso del Partito comunista cinese, una liturgia che segna solitamente la strada per il futuro e talvolta disegna curve e tornanti. Non sembra, però, questo ultimo il destino di questa assise, nella quale ci si attende la scontata assegnazione a Xi Jinping di un terzo mandato come segretario generale o come presidente del partito, una posizione che verrebbe riesumata. Inoltre, il numero uno potrebbe anche ricevere la denominazione di “leader del popolo”, un’attribuzione che lo metterebbe in una posizione quanto meno paritaria a quella di Mao Zedong, il fondatore della Repubblica popolare cinese.
A partire dal 16 ottobre la più grande formazione politica del mondo – quasi 97 milioni di affiliati – riunirà la sua massima assise per selezionare i nuovi vertici e delineare le linee programmatiche e operative lungo le quali si muoverà la Cina, impegnata in una difficile coabitazione con gli Stati uniti in quello che si prospetta essere un nuovo scontro tra i blocchi e in una altrettanto difficile transizione a un’economia di mercato matura, in cui la crescita a doppia cifra non è più una cosa scontata, ma anzi un ricordo che rischia di diventare sbiadito.
Al di là dei titoli con cui Xi cementerà il suo potere, gli occhi degli osservatori sono puntati sulla squadra che uscirà da questo congresso. E’ atteso un ampio rimpasto delle posizioni di rincalzo al leader, che dovrebbe promuovere una serie di uomini a lui vicini a posizioni di leadership sia nel Comitato centrale, sia nel Politburo, sancta sanctorum del potere del Pcc.
Inoltre grade attenzione verrà dedicata alla relazione politica di Xi Jinping, che sostanzialmente delineerà la traiettoria politica della Cina fino al prossimo congresso, fra cinque anni, o addirittura con affermazioni di portata temporale più lunga.
Questo secondo tema è particolarmente rilevante visto il contesto storico in cui la leadership di Xi si è dovuta muovere negli ultimi anni. In particolare, dallo sviluppo – proprio a partire dalla Cina – della pandemia Covid-19: Pechino ha potuto vantare il contenimento del numero di vittime e dei contagi in una prima fase, ma oggi si trova di fronte alle conseguenze economiche e sociali della rigida politica di restrizioni, la cosiddetta strategia “Zero Covid”, che è da più parti contestata.
L’altro grande problema che si è acutizzato negli ultimi anni è la rivalità con gli Stati Uniti, acutizzata dalla strategia americana di contrasto dell’ascesa economica e tecnologica della Cina attraverso sanzioni, dazi e rafforzata presenza militare nel Pacifico. La Cina teme di diventare la prossima Russia e che Taiwan possa diventare la propria Ucraina.
Per affrontare questi nodi, Xi ha bisogno di circondarsi di uomini fidati e di rodata esperienza, in particolare ai massimi vertici del partito, cioè il Politburo e il suo potente Comitato permanente. Non c’è ancora alcuna certezza su quale sarà la struttura del nuovo potere che uscirà dal congresso, ancor meno sui nomi che riempiranno le diverse caselle. Ci sono personalità che dovranno andare in pensione forzatamente – l’età ufficiosa di pensionamento è fissata a 68 anni per i ruoli di partito e Xi con i suoi 69 anni sarà considerato un’eccezione – e altre che saliranno la scala del comando. Solitamente si applica una formula definita “qi shang, ba xia”, che vuol dire “sette su, otto giù”. Fu introdotta dal precedente leader Jiang Zemin per fare fuori un rivale, ma diventò una delle tante regole non scritte.
Almeno due dei sei membri del Comitato permanente del Politburo (oltre a Xi, naturalmente) hanno raggiunto l’età di pensionamento e altrettanto si può dire di metà del Politburo. Ma il numero massimo di componenti di questi istituti non è fisso ed è possibile che Xi allarghi o restringa i posti. Tra gli analisti, in effetti, c’è chi sostiene che il presidente potrebbe optare per un Comitato permanente più agile, formato solo di cinque membri, per avere le mani più libere e per fare spazio in seguito per suoi alleati.
I nomi di questi altissimi esponenti del partito, comunque, saranno chiari solo alla fine del congresso, all’ultimo giorno, che dovrebbe essere una settimana dopo l’inizio dell’assise. La loro selezione sarà frutto di trattative nelle stanze segrete, in cui il peso specifico del leader (che in questo caso è veramente molto alto) avrà un ruolo cruciale. Anche perché Xi, diversamente dal suo predecessore Hu Jintao, preferisce procedere in questa selezione con trattative faccia-a-faccia con i suoi intelocutori.
E probabilmente questo è un lavoro ancora in corso a Pechino. Cinque anni fa, secondo quanto fu riportato dai media di stato cinesi, la formazione dei nuovi vertici fu definita un paio di settimane prima dell’inizio del XIX Congresso.
A partire dal 16 ottobre la più grande formazione politica del mondo – quasi 97 milioni di affiliati – riunirà la sua massima assise per selezionare i nuovi vertici e delineare le linee programmatiche e operative lungo le quali si muoverà la Cina, impegnata in una difficile coabitazione con gli Stati uniti in quello che si prospetta essere un nuovo scontro tra i blocchi e in una altrettanto difficile transizione a un’economia di mercato matura, in cui la crescita a doppia cifra non è più una cosa scontata, ma anzi un ricordo che rischia di diventare sbiadito.
Al di là dei titoli con cui Xi cementerà il suo potere, gli occhi degli osservatori sono puntati sulla squadra che uscirà da questo congresso. E’ atteso un ampio rimpasto delle posizioni di rincalzo al leader, che dovrebbe promuovere una serie di uomini a lui vicini a posizioni di leadership sia nel Comitato centrale, sia nel Politburo, sancta sanctorum del potere del Pcc.
Inoltre grade attenzione verrà dedicata alla relazione politica di Xi Jinping, che sostanzialmente delineerà la traiettoria politica della Cina fino al prossimo congresso, fra cinque anni, o addirittura con affermazioni di portata temporale più lunga.
Questo secondo tema è particolarmente rilevante visto il contesto storico in cui la leadership di Xi si è dovuta muovere negli ultimi anni. In particolare, dallo sviluppo – proprio a partire dalla Cina – della pandemia Covid-19: Pechino ha potuto vantare il contenimento del numero di vittime e dei contagi in una prima fase, ma oggi si trova di fronte alle conseguenze economiche e sociali della rigida politica di restrizioni, la cosiddetta strategia “Zero Covid”, che è da più parti contestata.
L’altro grande problema che si è acutizzato negli ultimi anni è la rivalità con gli Stati Uniti, acutizzata dalla strategia americana di contrasto dell’ascesa economica e tecnologica della Cina attraverso sanzioni, dazi e rafforzata presenza militare nel Pacifico. La Cina teme di diventare la prossima Russia e che Taiwan possa diventare la propria Ucraina.
Per affrontare questi nodi, Xi ha bisogno di circondarsi di uomini fidati e di rodata esperienza, in particolare ai massimi vertici del partito, cioè il Politburo e il suo potente Comitato permanente. Non c’è ancora alcuna certezza su quale sarà la struttura del nuovo potere che uscirà dal congresso, ancor meno sui nomi che riempiranno le diverse caselle. Ci sono personalità che dovranno andare in pensione forzatamente – l’età ufficiosa di pensionamento è fissata a 68 anni per i ruoli di partito e Xi con i suoi 69 anni sarà considerato un’eccezione – e altre che saliranno la scala del comando. Solitamente si applica una formula definita “qi shang, ba xia”, che vuol dire “sette su, otto giù”. Fu introdotta dal precedente leader Jiang Zemin per fare fuori un rivale, ma diventò una delle tante regole non scritte.
Almeno due dei sei membri del Comitato permanente del Politburo (oltre a Xi, naturalmente) hanno raggiunto l’età di pensionamento e altrettanto si può dire di metà del Politburo. Ma il numero massimo di componenti di questi istituti non è fisso ed è possibile che Xi allarghi o restringa i posti. Tra gli analisti, in effetti, c’è chi sostiene che il presidente potrebbe optare per un Comitato permanente più agile, formato solo di cinque membri, per avere le mani più libere e per fare spazio in seguito per suoi alleati.
I nomi di questi altissimi esponenti del partito, comunque, saranno chiari solo alla fine del congresso, all’ultimo giorno, che dovrebbe essere una settimana dopo l’inizio dell’assise. La loro selezione sarà frutto di trattative nelle stanze segrete, in cui il peso specifico del leader (che in questo caso è veramente molto alto) avrà un ruolo cruciale. Anche perché Xi, diversamente dal suo predecessore Hu Jintao, preferisce procedere in questa selezione con trattative faccia-a-faccia con i suoi intelocutori.
E probabilmente questo è un lavoro ancora in corso a Pechino. Cinque anni fa, secondo quanto fu riportato dai media di stato cinesi, la formazione dei nuovi vertici fu definita un paio di settimane prima dell’inizio del XIX Congresso.