Meloni sfida Letta: riforme condivise, bicamerale per semipresidenzialismo
Roma, 14 ago. (askanews) – “Noi cerchiamo il dialogo. Abbiamo tutte le intenzioni di fare riforme il più possibile condivise, cercando di bilanciare al meglio i pesi e i contrappesi per un sistema che funzioni al meglio”. Anche con un organismo ad hoc (“se c’è volontà di collaborare, perché no?”) come lo fu quasi 30 anni fa la commissione Bicamerale D’Alema fatta insieme da Ulivo e centrodestra di Berlusconi Fini Bossi, a seguito dell’arrivo di Romano Prodi a palazzo Chigi. “Noi siamo pronti alla sfida. Loro?”, lancia il guanto.
La leader Fdi Giorgia Meloni, candidata in pectore alla premiershio del centrodestra alle elezioni del 25 settembre lancia al centrosinistra la sfida di una riforma costituzionale condivisa semipresidenziale alla francese. Il contrario di una riforma a maggioranza targata solo centrodestra finalizzata a portare Berlusconi al Quirinale e Salvini al Viminale una volta che lei fosse insediata a palazzo Chigi. “Assolutamente – taglia corto Meloni sul Corriere della Sera- no. Noi proponiamo il presidenzialismo da sempre, non c’è nessuna ragione contingente. Ci andrebbe bene anche se alla fine gli italiani dovessero scegliere un presidente di sinistra”.
“Nella Costituente – ricorda la leader della destra- ci fu un gran dibattito sul tema. A favore del presidenzialismo c’erano figure come Calamandrei, Salvemini, Saragat… Non c’è mai stato un tabù a discuterne. E tantomeno c’è stato nel Pd”. E ancora Meloni ricorda come il sistema semi-presidenziale alla francese che “Letta dovrebbe apprezzare peraltro, da amico ed estimatore della Francia…” era quello che l’allora presidente della Bicamerale D’Alema propose e fece votare al centrosinistra. Così come “anche nel 2013, quando al governo c’era Letta, praticamente tutto il Pd convergeva sulla proposta: da Veltroni, a Zanda a Finocchiaro a Prodi, a Bersani, perfino a Speranza. E oggi Renzi, non un esponente della destra, è favorevole”.
Di contro, “questa legge elettorale siamo stati gli unici a non votarla”, sottolinea Meloni per escludere sia volontà della destra fare riforme da soli in caso di trionfo elettorale siamo stati gli unici a non votarla. Altrettanto però determinata a portare a casa l’elezione diretta se Pd e centrosinistra non accettano di collaborare. “Se il Pd ne fa oggi un referendum da una parte i buoni che vogliono tenere il sistema com’è e dall’altra i cattivi che vogliono il presidenzialismo – avverte Meloni- allora vedremo cosa scelgono gli elettori. Perché è la volontà popolare che conta”.
“È il sistema – sottolinea la leder Fdi “felicissima” il semipresidenzialismo sia al centro dei riflettori della campagna elettorale- di cui c’è bisogno in uno Stato come il nostro, fragile politicamente e quindi instabile. Abbiamo avuto in 20 anni 11 premier diversi, in Francia 4, 5 nel Regno Unito, 3 in Germania. Significa che all’estero si trovano di fronte interlocutori che dopo un anno magari sono già cambiati, è una grande debolezza. Come lo è per un governo, con prospettive di durata così brevi, non poter programmare nel lungo periodo, e infatti la nostra crescita è molto più bassa degli altri”.
E se “è vero ” che esistono però anche Repubbliche democratiche parlamentari stabili come la Germania, “aggiungo – chiosa Meloni- che anche l’Ungheria di Orbán è una Repubblica parlamentare: grande cortocircuito per la propaganda del Pd. Pd che in Italia è diventato invece un partito-sistema, che governa da 11 anni senza aver vinto le elezioni, al centro di ogni alchimia”. E “credo sia per questo che sono contro il presidenzialismo: perché per governare a quel punto dovranno vincere”.
La leader Fdi Giorgia Meloni, candidata in pectore alla premiershio del centrodestra alle elezioni del 25 settembre lancia al centrosinistra la sfida di una riforma costituzionale condivisa semipresidenziale alla francese. Il contrario di una riforma a maggioranza targata solo centrodestra finalizzata a portare Berlusconi al Quirinale e Salvini al Viminale una volta che lei fosse insediata a palazzo Chigi. “Assolutamente – taglia corto Meloni sul Corriere della Sera- no. Noi proponiamo il presidenzialismo da sempre, non c’è nessuna ragione contingente. Ci andrebbe bene anche se alla fine gli italiani dovessero scegliere un presidente di sinistra”.
“Nella Costituente – ricorda la leader della destra- ci fu un gran dibattito sul tema. A favore del presidenzialismo c’erano figure come Calamandrei, Salvemini, Saragat… Non c’è mai stato un tabù a discuterne. E tantomeno c’è stato nel Pd”. E ancora Meloni ricorda come il sistema semi-presidenziale alla francese che “Letta dovrebbe apprezzare peraltro, da amico ed estimatore della Francia…” era quello che l’allora presidente della Bicamerale D’Alema propose e fece votare al centrosinistra. Così come “anche nel 2013, quando al governo c’era Letta, praticamente tutto il Pd convergeva sulla proposta: da Veltroni, a Zanda a Finocchiaro a Prodi, a Bersani, perfino a Speranza. E oggi Renzi, non un esponente della destra, è favorevole”.
Di contro, “questa legge elettorale siamo stati gli unici a non votarla”, sottolinea Meloni per escludere sia volontà della destra fare riforme da soli in caso di trionfo elettorale siamo stati gli unici a non votarla. Altrettanto però determinata a portare a casa l’elezione diretta se Pd e centrosinistra non accettano di collaborare. “Se il Pd ne fa oggi un referendum da una parte i buoni che vogliono tenere il sistema com’è e dall’altra i cattivi che vogliono il presidenzialismo – avverte Meloni- allora vedremo cosa scelgono gli elettori. Perché è la volontà popolare che conta”.
“È il sistema – sottolinea la leder Fdi “felicissima” il semipresidenzialismo sia al centro dei riflettori della campagna elettorale- di cui c’è bisogno in uno Stato come il nostro, fragile politicamente e quindi instabile. Abbiamo avuto in 20 anni 11 premier diversi, in Francia 4, 5 nel Regno Unito, 3 in Germania. Significa che all’estero si trovano di fronte interlocutori che dopo un anno magari sono già cambiati, è una grande debolezza. Come lo è per un governo, con prospettive di durata così brevi, non poter programmare nel lungo periodo, e infatti la nostra crescita è molto più bassa degli altri”.
E se “è vero ” che esistono però anche Repubbliche democratiche parlamentari stabili come la Germania, “aggiungo – chiosa Meloni- che anche l’Ungheria di Orbán è una Repubblica parlamentare: grande cortocircuito per la propaganda del Pd. Pd che in Italia è diventato invece un partito-sistema, che governa da 11 anni senza aver vinto le elezioni, al centro di ogni alchimia”. E “credo sia per questo che sono contro il presidenzialismo: perché per governare a quel punto dovranno vincere”.