Roma, 11 mar. (askanews) – Dopo 10 anni di guerra, in una situazione che sembra ancora senza ‘via d’uscita’, Msf, che ha sempre operato nel paese dilaniato dal conflitto, propone una ricostruzione degli eventi, dal 2011, quando le proteste contro Assad si sono trasformate in un conflitto armato.
2011: le proteste si trasformano in conflitto armato
Nel 2011, un gran numero di siriani scende in piazza per chiedere riforme democratiche. La rivolta si evolve rapidamente e si trasforma in conflitto, i siriani iniziano a lasciare le città per raggiungere zone diverse del Paese o per fuggire nei Paesi limitrofi.
MSF inizia l’incessante richiesta di autorizzazione a lavorare nelle zone della Siria controllate dal governo, senza ottenerla, ma riesce a prestare supporto medico in altre aree della Siria. Anche nei Paesi vicini come il Libano e la Giordania, MSF supporta i siriani che necessitano di cure mediche e avvia progetti per i rifugiati in fuga.
“Sono stato in Siria nel dicembre 2011, a pochi mesi dall’inizio del conflitto nella città di Homs, dove MSF supportava medici e infermieri impegnati nelle attività salvavita. In emergenza ci si ingegna in tutti i modi per salvare vite e una delle cose che più mi è rimasta impressa, è la grande professionalità e creatività dei medici e tecnici che ho incontrato. Solo in Siria ho visto ambulanze a quattro posti e una sala operatoria sotterranea sotto un filare di meli in aperta campagna”.
Ettore Mazzanti, infermiere MSF
2012: una guerra vera e propria
Nel 2012, il conflitto si intensifica e si trasforma in una guerra vera e propria, il numero di morti e feriti aumenta drasticamente in tutto il Paese. MSF apre ospedali nel nord della Siria in luoghi non convenzionali, tra cui ville, allevamenti di polli, scuole e scantinati, dopo la distruzione di numerose strutture sanitarie nel corso del conflitto. In questi ospedali, le équipe di MSF forniscono cure mediche di emergenza traumatologiche e chirurgia di guerra. Con l’aumento dei rifugiati siriani nei Paesi limitrofi, MSF amplia le sue attività in luoghi come la valle della Bekaa in Libano e i campi allestiti a Domeez, nel Kurdistan iracheno.
“Nel 2012 ho lavorato nel nord ovest del paese in una sala operatoria allestita in una vecchia grotta prima usata per la conservazione delle mele sulle pendici di un colle. L’abbiamo deumidificata e abbiamo creato una piccola area di triage di emergenza; in una tenda gonfiabile c’era la sala operatoria. Il luogo era pulito, sterile e c’era tutto il necessario anche per l’anestesia. Siamo riusciti anche a fare interventi chirurgici importanti. C’era un piccolo foro che faceva sgonfiare lentamente la tenda, ma a parte questo era un’ottima struttura. La vera difficoltà erano i bombardamenti perché si ripercuotevano nella grotta, facendo cadere polvere e detriti. È stata una sensazione davvero terribile per il team ma in particolare per i pazienti, la maggior parte dei quali era già testimone di gravi bombardamenti, alcuni feriti, altri traumatizzati. Anche se sembrava relativamente sicuro, spesso era davvero poco agevole”.
Paul McMaster, chirurgo MSF
2013: i bisogni dei siriani aumentano
Nel 2013, i siriani sono esposti non solo a livelli elevati di violenza, ma anche alle conseguenze dirette di un sistema sanitario deteriorato. Ci sono casi di morbillo tra i bambini di Aleppo e di poliomielite. MSF avvia campagne di vaccinazione di massa nel nord-est della Siria. Con l’intensificarsi dei combattimenti nel sud della Siria, MSF avvia un programma di chirurgia d’urgenza a Ramtha, nel nord della Giordania, vicino al confine siriano, per assistere i feriti. Continua l’esodo di centinaia di migliaia di siriani e le nazioni vicine devono far fronte a un afflusso continuo di rifugiati. Alla fine del 2013, circa 1,5 milioni di siriani sono rifugiati. MSF amplia ulteriormente il volume delle sue operazioni.
“Lavorare in Siria nel 2013 è stata sicuramente una delle esperienze più intense durante questi anni di lavoro umanitario. MSF aveva installato un ospedale proprio vicino alla linea del fronte. Non dimenticherò mai la sofferenza della popolazione civile durante i bombardamenti e il numero di feriti che quotidianamente abbiamo assistito: intere famiglie, donne, bambini. Quello di MSF era anche l’unico ospedale che assisteva le donne durante il parto in una situazione dove anche il diritto a partorire in modo sicuro era negato, come accade in molte zone afflitte dai combattimenti”.
Silvia Dallatomasina, medico chirurgo di MSF
“Uno dei ricordi più vivi che ho della mia esperienza in Siria è dopo una lunga notte di bombardamenti nella città di Tal Abyad, nel nord del paese. Spaventati con tutto il team abbiamo passato la notte sdraiati nascosti in cucina, con la paura che qualche gruppo armato potesse entrare nella casa. Ma la mattina, quando piano piano, approfittando di un momento di tregua, ho aperto la porta di casa, ho visto una donna anziana, la vicina di casa, venirmi incontro offrendomi delle melanzane fresche appena raccolte dal suo orto. Quell’episodio per me rimane un’immagine di speranza e di umanità, un bagliore di vita vero anche in un periodo drammaticamente buio. Era il luglio del 2013”.
Francesco Di Donna, infermiere di MSF
2014: gli scontri mortali si intensificano
Nel 2014 la guerra diventa sempre più sanguinosa. Secondo una stima dell’ONU, le persone sfollate internamente sono 6,5 milioni, mentre quelle fuggite dalla Siria sono più di 3 milioni. La violenza, l’insicurezza, l’inasprimento degli assedi, l’aumento dei bombardamenti e gli attacchi alle strutture e agli operatori sanitari sono alcune delle sfide affrontate dalle équipe di MSF. A seguito del rapimento di 5 operatori, MSF interrompe le attività nelle zone controllate dal gruppo dello Stato Islamico e ritira il personale internazionale dal nord-ovest della Siria, ma ciò non limita la presenza in altre zone.
2015: aumentano enormemente gli sfollati
Nel 2015, il numero dei rifugiati siriani fuggiti dal Paese verso gli stati confinanti supera la soglia dei 4 milioni. A migliaia tentano la pericolosa traversata del Mediterraneo, mentre altri sei milioni di persone sono sfollate all’interno della Siria. Il conflitto ha causato la più grande crisi di sfollati dalla Seconda guerra mondiale. MSF aumenta le attività nel paese e avvia operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Il 2015 è caratterizzato da una violenza estrema e sono numerose le segnalazioni di attacchi chimici. Almeno 1,5 milioni di persone rimangono intrappolate in aree assediate senza accesso ad aiuti umanitari, assistenza sanitaria o evacuazione medica.
In Siria, il 2015 è stato l’anno in cui MSF ha sostenuto il maggior numero di strutture sanitarie fino ad oggi, raggiungendone più di 150. Nel 2015, 23 operatori sanitari siriani supportati da MSF sono stati uccisi e 58 feriti; 63 ospedali e cliniche sostenute da MSF sono state bombardate in 94 occasioni diverse e 12 di queste strutture sono andate completamente distrutte. MSF ottiene l’accesso a Kobane/Ayn Al Arab, dopo che il gruppo dello Stato islamico viene costretto in ritirata dalle forze curde con il supporto di quelle della coalizione. Qui il team costruisce un ospedale, che però andrà distrutto in un altro intenso periodo di conflitto.
2016: una popolazione intrappolata
Nel 2016 continuano le tattiche di assedio, aumentano gli attacchi e i bombardamenti intensificati rendono ancora più grave la crisi umanitaria all’interno del Paese. L’accesso al cibo e ai servizi sanitari è estremamente difficile per molte persone, specialmente per quelle che vivono in luoghi sotto assedio. A dicembre il governo siriano riprende Aleppo Est, il luogo dove si commette ogni sorta di atrocità: è guerra d’assedio. Vengono distrutti ospedali, ci sono bombardamenti indiscriminati e un totale disprezzo delle regole della guerra. MSF supporta 8 ospedali di Aleppo Est, tutti colpiti dalle bombe.
Nel 2016, 32 strutture mediche supportate da MSF sono state bombardate in 71 diverse occasioni. Nel frattempo, più Paesi confinanti con la Siria hanno chiuso i confini ai rifugiati.
2017: una corsa al territorio
Dopo un’importante offensiva militare su Raqqa, il gruppo dello stato islamico perde il controllo su vaste aree nel nord-est a favore delle forze democratiche siriane sostenute dagli Stati Uniti. A seguito dell’intensa offensiva, MSF cura centinaia di feriti di guerra e di persone ferite gravemente da trappole esplosive e da ordigni inesplosi lasciate nelle case distrutte. Nel frattempo, nel sud del paese, il governo siriano inizia a riconquistare territori nelle province di Dara’, Quneitra e Suwayda. Questi mutamenti nelle dinamiche e nell’equilibrio di potere provocano l’interruzione delle attività di MSF in alcune aree. Sono 11 le strutture mediche supportate da MSF e colpite da bombe o proiettili in 12 attacchi mirati o indiscriminati.
2018: ondate di sfollati e ritorno
Gli intensi combattimenti danno origine a nuove ondate di sfollati a nord-ovest della Siria. Nel frattempo, nel nord-est, la gente sta facendo ritorno in città distrutte o piene di trappole esplosive e mine antipersona. Tra febbraio e aprile a Ghouta Est, nella periferia di Damasco, avviene uno dei bombardamenti più pesanti dall’inizio della guerra. Molte strutture sanitarie vengono colpite e circa 2.000 persone rimangono uccise durante l’offensiva, che si conclude con il controllo del sobborgo da parte del governo siriano. In molti luoghi, come Dara’, Ghouta Est, Hama e Homs, MSF non è più in grado di continuare a lavorare, ma aumenta l’assistenza medica nel nord del Paese.
“Siria, autunno 2017 e poi ancora primavera 2018: colpi di pistola, esplosioni, mine. Ricordo in particolare una ragazza di 20 anni, trasportata da Raqqa, ferita all’addome, al torace, incinta di sette mesi. Il bimbo morto per lo scoppio. Le abbiamo effettuato un taglio cesareo, un intervento addominale e un intervento toracico. La sua degenza è stata lunga, come erano lunghi i giorni dei combattimenti trascorsi a curare i feriti. ‘Potrò avere un figlio?’, la sua domanda, la sua speranza, la stessa di una Siria che nonostante tutto voleva ricominciare a vivere”.
Simone Del Curto, anestesista di MSF
2019: operazioni militari nel nord
Nel 2019 il conflitto prosegue, interessando principalmente il nord della Siria. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate a seguito di un’offensiva lanciata dalle forze governative siriane e dai loro alleati, in particolare la Russia, nella provincia di Idlib, l’ultima roccaforte dell’opposizione. La maggior parte dei nuovi sfollati si dirige verso zone dove non sono disponibili acqua potabile o cure mediche. Nel nord-est della Siria, MSF intensifica le attività mentre al campo di Al-Hol sopraggiunge un rapido afflusso di oltre 60.000 sfollati, la maggior parte dei quali proveniente dalle ultime roccaforti del gruppo IS del governatorato di Deir Ez-Zor. Nello stesso anno, l’esercito turco, insieme ai gruppi armati alleati di opposizione siriana, lancia l’operazione ‘Sorgente di pace’, che mira a liberare le unità di protezione del popolo curdo da una striscia di terra lunga 30 km e larga 440 km lungo il confine turco. Oltre a continui conflitti e sfollamenti, nel 2019 la Siria soffre la peggiore crisi economica degli ultimi anni e la sterlina siriana raggiunge il minimo storico sul mercato nero, rendendo la vita delle persone ancora più difficile.
“A sud della Siria, MSF non aveva accesso per motivi di sicurezza. Tra il 2018 e il 2019 gestivamo il progetto da remoto, dalla vicina Giordania. Direttamente in contatto con tre ospedali, fornivamo aiuti logistici, finanziari e consulenze in telemedicina. La cosa più difficile è stata fare i conti con la nostra impotenza: l’impossibilità di fare qualcosa in quel preciso istante. In un progetto da remoto se un ospedale viene bombardato non puoi fare niente, serve almeno un mese per inviare tutto il necessario. Il personale dell’ospedale sapeva di vivere in un inferno, lavorava nella paura. Poco dopo il governo ha ripreso il controllo di quelle terre prima controllate dalle forze opposte. Qualcuno è fuggito, altri forse sono stati arrestati”.
Andrea Scali, capo progetto di MSF
2020: offensiva militare, crisi economica e pandemia globale
Il 2020 inizia con la prosecuzione di una grande offensiva militare nel nord-ovest del Paese, che provoca lo sfollamento di circa 1 milione di persone. La pandemia di Covid-19 peggiora ulteriormente la situazione sanitaria già precaria. La malattia raggiunge Idlib, con la conferma del primo caso il 9 luglio. I primi casi di Covid-19 si verificano tra i medici accrescendo la preoccupazione dal momento che anche prima della pandemia le risorse erano già limitate. Nel frattempo, la crisi economica prosegue e la svalutazione senza precedenti della sterlina siriana si traduce nell’incapacità di accedere a beni di prima necessità come alloggio, cibo e assistenza sanitaria. I rifugiati in alcuni Paesi limitrofi vengono a loro volta colpiti dalla crisi economica nei Paesi ospitanti, come in Libano. Dopo nove anni di guerra, il sistema sanitario siriano è distrutto.
Marzo 2021
Un decennio dopo, il conflitto in Siria non è finito e la popolazione continua a soffrire. Attualmente, quasi 12 milioni di siriani, metà della popolazione prebellica, sono sfollati all’interno o fuori dai confini della Siria. Circa 5,6 milioni di rifugiati sono sparsi in tutto il mondo, la maggioranza dei quali in Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto. Più di 6 milioni di persone (il numero più alto del mondo) sono sfollate internamente al paese, e la maggior parte di loro vive in condizioni precarie.
Un numero record di 12,4 milioni di siriani, quasi il 60% della popolazione, vive attualmente in condizioni di insicurezza alimentare, secondo i nuovi allarmanti dati nazionali del Programma alimentare mondiale (PAM) delle Nazioni Unite. In poco più di un anno, altri 4,5 milioni di siriani sono stati colpiti dall’insicurezza alimentare. Una crisi economica, la perdita dei posti di lavoro a causa del Covid-19 e l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari si sono aggiunti alla difficile situazione dei siriani sfollati e logorati da un decennio di conflitto.