Roma, 24 feb. (askanews) – Nell’ambito del progetto Ultimo indirizzo conosciuto (in russo Poslednij adres) il prossimo 28 febbraio a Mosca verrà applicata una targhetta sulla facciata del palazzo dove visse Alice Negro, cittadino italiano arrestato nel 1937 e morto in un lager staliniano nel 1944.
Ultimo indirizzo conosciuto https://www.poslednyadres.ru è un’iniziativa civica che ha lo scopo di perpetuare la memoria delle vittime delle repressioni politiche in Unione Sovietica e che si ispira al progetto commemorativo europeo Stolpersteine (Pietre d’inciampo), creato nel 1992 in Germania per ricordare le vittime della Shoah. Grazie al progetto Ultimo indirizzo conosciuto, che ha come principio fondatore il motto “Un nome, una via, una targa”, in Russia sono già state poste migliaia di targhette commemorative. I dati di queste targhette, grandi come una cartolina, vengono verificati e controllati dall’Associazione Internazionale Memorial, che ha compilato una banca dati con 3 milioni di nomi di vittime delle repressioni politiche in Urss.
Lombardi Luciano, pseudonimo Negro Alice, nacque a Tollegno (BI) il 6 aprile 1904 Di famiglia operaia, dall’età di 14 anni tipografo alla tipografia sociale di Biella. Come il padre, iscritto prima al partito socialista e dal 1921 al PCd’I. E’ arrestato per aver partecipato a un comizio. Nel 1931 emigra in Francia, a Parigi frequenta gli emigrati politici e lavora come tipografo, chiede all’Ambasciata dell’URSS il visto e si reca a Leningrado attraverso la Finlandia. In Italia lascia i genitori, il fratello minore Aldo e il figlio del primo matrimonio Guglielmo. Giunge a Mosca, inviato dal partito comunista italiano, per studiare Novembre 1931 arriva in Urss Frequenta la scuola ML. Nel 1932 si iscrive alla VKP(b) e lavora alla tipografia n. 39 (pubblica le opere di Lenin in italiano). Nel 1932 sposa Maria Kar, dalla quale ha due figlie, Atea (n. 1934) e Lucia (1937). Nel 1933 è trasferito alla tipografia n. 7 “Iskra Revoljucii”, dove due anni dopo diventa vice-caporeparto. Chiede di uscire dall’URSS ma non ottiene il permesso dal PCI. Nel 1934 chiede la cittadinanza sovietica, che però gli viene rifiutata. Denunciato da un compagno di lavoro italiano, nel 1936 è espulso dalla VKP (b) e licenziato. Viene accusato di metodi capitalisti nella direzione della tipografia e di propaganda antisovietica. Nei successivi quattro anni cerca invano di essere reintegrato nel partito e trovare un impiego. Si rivolge più volte all’ambasciata italiana per ottenere il passaporto in sostituzione di quello italiano lasciato a Parigi e poter rientrare in Italia. Arrestato una prima volta a Mosca nel 1937, ma subito dopo liberato, nel 1938 si presenta all’Ambasciata per ottenere il passaporto, ma gli viene negato. Nel febbraio 1941 è di nuovo arrestato con l’accusa di propaganda trockista, intenzioni terroriste e rivelazione dei metodi di lavoro dell’NKGB. Condannato a 8 anni di lager il 16 settembre 1941 in base all’art. 58-8 e 58-10 dall’OSO dell’NKVD. Inviato all’ Usol’skij lager (territorio di Perm’). Muore il 27 maggio 1944 all’Usol’skij lager. Riabilitato il 28 maggio 1957 per decisione del Procuratore generale dell’URSS