Ravello (Salerno), 30 lug. (askanews) – “La paura non ha mai aiutato nessuno”. Parola di Valerij Gergiev, in camerino, dopo la sua applauditissima esibizione dal vivo a Ravello. Il concerto dell’orchestra del Teatro Mariinsky era stato messo in forse nei mesi scorsi a causa della pandemia da Covid 19, eppure si è tenuto. La formazione era ridotta a 40 elementi, insomma “da camera” anche per le necessità di distanziamento. Il programma offerto iniziava con la Cenerentola di Gioachino Rossini, poi spaziava sul terreno familiare per l’ensamble del Mariinsky con la Sinfonia numero 1 di Sergej Prokofiev, il Prélude a l’après-midi d’un faune, tra i primi capolavori di Claude Debussy e ancora una Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn. Il tutto sul Belvedere di Villa Rufolo, come lo stesso maestro desiderava tanto, in quella Ravello che paragona a qualcuno “che ami da molto tempo e che vuoi rivedere, rincontrare”.
Un legame forte unisce la perla della Costiera Amalfitana con il direttore d’orchestra che dirige a memoria e il cui trasporto diventa spettacolo nello spettacolo. Capace di generosità, come i tre bis concessi alla fine: Ouverture de “La cenerentola” di Rossini, “la Scozzese” e “Sogno d’una notte di mezza estate” di Mendelssohn.
Nell’intervista ad Askanews, Gergiev racconta in primo luogo cosa rappresenta il Covid 19 per lui, stella della musica mondiale. Tante esibizioni online, ma il forte desiderio di trovarsi davanti a un pubblico vero. Necessaria prudenza, ma la volontà di non farsi bloccare dalla paura di quella malattia capace di fermare il pianeta.
“Io amo molto essere a Ravello, ma questo era il primo concerto in cinque mesi” spiega. “Nessuno era ancora andato in tournée. Noi con i colleghi italiani abbiamo creato questo progetto internazionale per poterci esibire. Ne vado molto fiero. Nella mia vita, molto è legato all’Italia. Sia al festival di Ravello, sia a quello di Ravenna dove sono stato in precedenza, hanno preso una decisione molto importante per quello che è la vita. La paura non ha mai aiutato nessuno. Se le persone hanno paura non possono fare nulla. Bisogna essere attenti, ma bisogna comunque vivere in maniera normale, pienamente, la vita. Almeno a me sembra così”.
Gergiev racconta che era da tanto tempo che discuteva della possibilità di questo concerto con Alessio Vlad, il direttore artistico del Ravello Festival. “Alessio si è comportato coraggiosamente” dice. “E così hanno fatto anche al festival di Ravenna; giustamente e correttamente penso”.
Sempre con Vlad l’ultima volta Gergiev era giunto a Ravello nell’ambito del progetto internazionale Stagioni Russe, un festival voluto dal Cremlino, ma che si rifà all’idea delle tournée europee organizzate da Sergej Djagilev all’inizio del secolo scorso. Momenti di alta cultura che fecero conoscere al mondo talenti come quello della ballerina Anna Pavlova. Ai tempi del coronavirus però le Stagioni Russe hanno iniziato a proporre la grande musica russa online. Raggiungendo un pubblico internazionale ancora più ampio. “Quando tutte le sale e i teatri del mondo sono chiusi – prosegue Gergiev – bisogna essere online. Quando tutto si riapre, ovviamente la musica dal vivo è più importante. Ma anche noi lavoriamo molto online”.
Il direttore artistico e generale del Mariinsky spiega che il sito del teatro può contare 107 milioni di visite: “è molto. Questo non significa che io non voglia più esibirmi dal vivo. Anzi faremo di tutto perché tutto torni alla normalità”, aggiunge.
Chi sfoglia le pagine di critica musicale, si accorge che i pareri sono concordi: il teatro Mariinsky di San Pietroburgo ha compiuto un enorme balzo con Gergiev come direttore artistico, conquistando un repertorio invidiabile, e ora assomiglia molto a lui. “È ormai da molto tempo che dirigo il teatro Mariinsky”, dice. “Da tanto davvero. Per me è naturale come respirare, o dormire, o bere un bicchiere d’acqua. Per me questo teatro è parte della mia vita e del mio mondo. Io non ho bisogno di pensare a come lavorare. E anche difficile spiegare cosa sia per me. È casa. È un mondo enorme. È la grande tradizione”.
Ma non basta. Gergiev infatti non si è fermato semplicemente a quanto lasciato in eredità dai grandi artisti. “Io sviluppo la tradizione. Noi impariamo dai nostri compositori, i più grandi, sono come degli dei. Sono i nostri grandi insegnanti. I compositori russi intendo, ma anche quelli italiani, tedeschi, francesi, noi abbiamo un repertorio enorme, e l’orchestra e il coro e i cantanti. E il balletto. Tutti impariamo dai compositori. Io devo organizzare questo processo in maniera tale che si cresca sempre di più”.
Gergiev, di origini ossete, ha iniziato proprio in quel tempio della musica, quando il Mariinsky si chiamava Kirov, nel 1978, costruendo già allora la sua reputazione con esibizioni intensamente personali. Ma l’attività del maestro non si ferma sulle rive della Neva. Gergiev è stato direttore principale del Rotterdam Philharmonic Orchestra (1995-2008) e la London Symphony Orchestra (2007-2015). Nel 2015 è diventato direttore dell’Orchestra Filarmonica di Monaco. Oltre alle collaborazioni decennali di Gergiev e la Mariinsky Opera con il Kennedy Center for the Performing Arts di Washington DC e a molte altre sinergie.
E tra gli appuntamenti ricorrenti c’è anche Ravello. Ad un certo punto, in camerino, a Gergiev si avvicina Alfonso Andria, ex presidente della Provincia di Salerno che organizzava il festival tanti anni fa. Gli mostra dal cellulare una serie di sue foto che risalgono al 1990: c’è un giovane Gergiev, quando venne in Costiera per la prima volta con Mstislav Rostropovich. Ravello che cosa è per lei?, gli chiede Askanews.
“È come qualcuno che ami da molto tempo e che vuoi rivedere, rincontrare. Ormai è parte della mia vita. Il primo incontro risale a trent’anni fa, e poi 25 anni fa, e poi 20 anni fa. E certo io ricordo tutti quei concerti con Rostropovich, Placido Domingo… c’è tanto da ricordare”.