Roma, 7 nov. (askanews) – Salvare un bambino albanese, sequestrato dalla madre nel 2014 quando aveva 6 anni, che vive in un campo profughi di un territorio di guerra per riconsegnarlo al padre albanese che vive in Italia. Questa è l’operazione, complessa e piena di rischi, portata a termine dall’Italia, primo Paese che è riuscito a realizzare un corridoio umanitario dall’inizio della guerra in Siria. E ricostruita in un comunicato dalla Polizia di Stato.
La storia è quella di Alvin Berisha, raccontata dalla trasmissione Le Iene il 16 ottobre scorso, un bambino sequestrato e portato via dall’Italia nel 2014 dalla madre Valbona Berisha, radicalizzata via web in Italia e divenuta foreign fighter, associandosi all’organizzazione terroristica dello Stato islamico.
Le ricerche a livello internazionale hanno portato a localizzare il bambino nel campo profughi di Al Hol sotto il controllo dei curdi, che ospita oltre 70.000 persone, in prevalenza compagne e figli di combattenti jihadisti in prigione.Nel mese di agosto scorso è stato attivato il Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP) del Ministero dell’Interno che è il punto di contatto italiano per la cooperazione internazionale di polizia.
Lo SCIP e il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dei Carabinieri – titolare dell’indagine sul sequestro su cui era stato emesso un mandato di arresto europeo a carico della donna per la sottrazione del minore – hanno acquisito l’informazione che Valbona Berisha risultava deceduta in Siria durante un combattimento e che Alvin viveva nella cosiddetta “area degli orfani” del campo di Al Hol. Al fine di verificare con certezza l’identità del minore, lo SCIP ha interessato la Polizia Scientifica italiana che ha proceduto ad un esame di comparazione fisionomica dando un giudizio di totale compatibilità, anche per una malformazione specifica dell’orecchio destro di Alvin riferita dal padre e rintracciata nel bambino presente nel campo profughi in Siria.
Contemporaneamente, il 10 settembre scorso, su autorizzazione della Procura della Repubblica di Milano, è stata diramata in ambito Interpol una yellow notice, vale a dire una nota di rintraccio del minore, e il GIP del Tribunale di Milano ha chiesto di sentire in modalità protetta il bambino, una volta in Italia, sui fatti di terrorismo oggetto d’indagine. Lo SCIP ha, dunque, attivato una delicata partita a scacchi, dove il Ministero degli Affari Esteri italiano ha subito interessato l’omologo Ministero albanese, che ha coinvolto anche il Ministero dell’Interno dello stesso Paese.
Alvin e il padre, Afrimm Berisha, hanno, infatti, la cittadinanza albanese, pur con regolare permesso di soggiorno italiano, ed era necessaria l’attivazione di quelle autorità anche per i documenti del bambino necessari per trasportare il minore dalla Siria al Libano e quindi in Italia. Allo stesso tempo, lo SCIP ha chiesto aiuto alla Croce Rossa Internazionale, unica ad operare presso il campo Al Hol, che si è subito attivata con la corrispondente Mezzaluna Rossa, riuscendo ad identificare il bambino e a trasportarlo, grazie alle guarentigie offerte per le operazioni umanitarie, dal campo profughi a Damasco e poi fino al confine della Siria con il Libano, con tutti i pericoli di attraversare un territorio in guerra. Al confine è stato preso in carico da un dirigente della Polizia di Stato dello SCIP che, insieme alla CRI, al ROS dei Carabinieri e ad una delegazione del governo albanese, l’ha portato, fino all’Ambasciata italiana a Beirut dove partirà alla volta dell’Italia.