Latina, 6 mag. (askanews) – Centinaia di persone hanno visitato oggi l’ex centrale atomica di Latina, il primo impianto nucleare italiano per la produzione di energia che, all’epoca della sua entrata in funzione, nel 1963, era la più potente d’Europa.
In larga parte giovani i cittadini che hanno approfittato di questa prima giornata della seconda edizione di “Open gate”, l’iniziativa con cui Sogin – la società pubblica responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi – apre le porte delle centrali atomiche in via di smantellamento in tutta Italia.
Grazie alla visita guidata è stato possibile ammirare la sala comandi originale della centrale, il corpo centrale che ospita il reattore, e un’ala del deposito – antisismico e antimissile – che custodirà i fanghi radioattivi, residui della combustione atomica, rimasti in una delle tre piscine dell’impianto. Il 95% della radiottività interna all’impianto era in realtà costituito dal combustibile, che nel corso degli anni è stato trasferito in Inghilterra per il riprocessamento.
Per la centrale di Latina, “siamo ad un 20-25%” dell’intero processo di smantellamento”, ha spiegato Agostino Rivieccio, responsabile disattivazione delle centrale, e i “piani prevedono la conclusione della prima fase del ‘decommissioning’ fra il 2025 e il 2027, con lo smantellamento delle infrastrutture e l’abbassamento dell’edificio reattore dagli attuali 50 metri a 30”. “Completata questa prima fase – ha proseguito – i rifiuti radioattivi, già condizionati e stoccati nei depositi temporanei del sito, saranno pronti per essere trasferiti al Deposito Nazionale. Solo dopo la realizzazione del deposito nazionale si potrà avviare la seconda e ultima fase del decommissioning, cioè lo smantellamento del reattore, che produrrà, fra l’altro, circa 2 mila tonnellate di rifiuti radioattivi ad alta attività (grafite)”.
Con il trasferimento nel depositio nazionale di tutti i rifiuti radioattivi presenti attualmente nei vari depositi provvisori e del combustibile riprocessato all’estero, il sito di Latina potrà essere riportato allo stato di “green field”, cioè a una condizione priva di vincoli radiologici, che consentirà il suo riutilizzo. Il tutto, si prevede, dovrebbe concludersi nel 2035.
Per via del referendum del 1987, “l’Italia è il primo Paese del G7 a fare il decommissioning nucleare – ha spiegato Luca Desiata, amministratore delegato di Sogin – e quindi siamo all’avanguardia in questo campo. Abbiamo sviluppato la prima metodologia di Project management per lo smantellamento dei siti di impianti nucleari e già applichiamo queste nostre competenze anche all’estero, ma vorremmo potenziare il nostro approccio internazionale”, perché, ha sintetizzato, “l’Italia in questo campo ha una competenza distintiva”.
La centrale nucleare di Latina è un impianto realizzato con tecnologia inglese a gas grafite, GCR-Magnox. La sua costruzione, da parte dell’Eni, è iniziata nel 1958. Dopo cinque anni, prima tra le centrali nucleari italiane, ha iniziato a produrre energia, con una potenza elettrica di 210 MWe. Nel dicembre 1964 la sua proprietà è passata all’Enel e la sua attività è stata fermata nel 1987, all’indomani del referendum sul nucleare. Nel 1999 Sogin è divenuta proprietaria dell’impianto con l’obiettivo di terminare il decommissioning e restituire il sito al territorio.