Roma, 6 ott. (askanews) – Un’etichetta intelligente, flessibile, sottile e a basso consumo che vede i raggi X: è l’ultimo risultato del progetto europeo i-Flexis, pubblicato di recente sulla rivista Nature Communications. Ideata dal Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari, l’etichetta è un innovativo rivelatore di radiazione ionizzante con molteplici possibilità di applicazione: dall’ambito medico, per misurare le radiazioni, passando per quello industriale, fino alla possibilità di creare “smart tag” per identificare e monitorare merci e bagagli.
L’interesse – anche commerciale – per innovativi rivelatori di radiazione ionizzante sta crescendo rapidamente, ma i rivelatori tradizionali a stato solido – spiega l’Alma Mater in una nota – soffrono di limitazioni dovute a processi di fabbricazione complessi e alla loro rigidità meccanica. Per superare questi problemi, il gruppo di ricerca ha sviluppato, per la prima volta, l’utilizzo di semiconduttori a matrice organica, utilizzando processi di fabbricazione additivi e a basso costo.
“Una della caratteristiche più interessanti e attraenti dei materiali organici – spiega Beatrice Fraboni, docente dell’Università di Bologna e coordinatrice del progetto europeo i-FLEXIS – è la facilità con cui possono essere depositati su substrati anche plastici e flessibili di grandi aree utilizzando tecniche a basso costo, come ad esempio la stampa a getto di inchiostro. Inoltre, sono materiali molto interessanti per applicazioni in dosimetria medicale e per diagnostica a raggi X, in quanto la densità tipica delle molecole organiche è equivalente a quella dei tessuti umani”. Annalisa Bonfiglio, docente dell’Ateneo di Cagliari, sottolinea: “È stata superata una delle limitazioni più importanti nell’uso dei semiconduttori organici, ovvero le alte tensioni, normalmente necessarie per ottenere segnali rilevanti. Questo apre la strada ad applicazioni portatili di grande rilevanza pratica”.
Al centro dei nuovi rivelatori c’è un film microcristallino di una molecola organica (TIPS-pentacene) che viene depositato con un processo di stampa a getto di inchiostro su un substrato plastico flessibile. Il risultato è un dispositivo in grado di operare con una tensione di alimentazione ultra-bassa fornendo una risposta elettrica in tempo reale in presenza di una radiazione ionizzante, come ad esempio raggi X.
Il lavoro è stato sviluppato dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, coordinato da Beatrice Fraboni, con il contributo di Laura Basiricò, Andrea Ciavatti e Tobias Cramer, in collaborazione con il gruppo del Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari guidato da Annalisa Bonfiglio con il contributo di Piero Cosseddu. Il lavoro è stato sviluppato nell’ambito del progetto europeo i-Flexis, coordinato dall’Alma Mater insieme a nove partner europei.