Roma, 20 lug. (askanews) – Bisogna intendersi sul significato della parola “autonomia” quando si parla di robot “altrimenti si rischia di compiere affermazioni azzardate e un po’ sensazionalistiche”. Ci tiene a mantenere la distanza tra realtà e fantascienza Andrea Bertolini, avvocato, ricercatore in Diritto privato presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove ha coordinato la scuola estiva internazionale “The regulation of robotics in Europe: legal, ethical and economic implications” che si è conclusa qualche giorno fa. Con lui askanews ha fatto il punto sui nuovi scenari che robotica e intelligenza artificiale aprono e sulle norme allo studio per regolamentare la materia.
Avere macchine sempre più “autonome”, capaci di operare senza una nostra costante supervisione, aggiunge , “è una delle principali ragioni per cui vogliamo i robot e la ricerca ingegneristica mira proprio a questo”, ma “altro è dire che queste macchine siano autocoscienti, capaci di avere desideri e obiettivi personali e capaci di decidere di perseguire tali obiettivi, eventualmente entrando in conflitto con gli obiettivi che il loro programmatore o creatore ha loro attribuito”. “Alla fine – osserva Bertolini – se gli uomini arriveranno a creare il mostro che li distruggerà – sia esso una guerra, un’arma o una macchina potentissima – sarà stato frutto di una serie di scelte compiute lungo la via, decisioni prese e mancate. Il miglior antidoto, per questo come per ogni altro scenario apocalittico, è uno studio attento e completo che non abbia paura di guardare lontano, mantenendo il contatto con la realtà”.
Come dobbiamo allora prepararci alla quarta rivoluzione industriale che porterà a un’industria del tutto automatizzata e interconnessa e quindi a un ruolo sempre più centrale dei robot? “Studiando”, taglia netto Bertolini. “Occorre acquisire una comprensione profonda e completa del fenomeno, non lasciando che lo sviluppo tecnologico sia il solo a dettare il passo. A livello europeo – spiega – si parla di Responsible Research and Innovation per indicare la nuova prospettiva che le istituzioni europee vogliono imprimere alla ricerca e all’innovazione. L’idea è che fin da principio, fin dalle fasi di sviluppo iniziali di un prodotto, occorre prenderne in considerazione le implicazioni sociali, economiche ed etiche e, quindi, giuridiche e regolamentari. Per questo a livello di progetti di ricerca europei la collaborazione tra giuristi, ingegneri, filosofi, esperti di economia e management è sempre più richiesta. Ciò, dal canto suo, esige che si adotti un approccio di studio multidisciplinare, che parta dall’analisi dell’esistente – oltre che del ragionevolmente futuribile – da un lato senza concedere troppo alla fantascienza ed alla speculazione destituita di fondamento e da un altro lato senza dogmatismi e rigidità proprie di una visione tradizionale delle rispettive discipline”.(Segue)