Roma (askanews) – A 20 anni dal successo di “Radiofreccia” Ligabue porta al cinema il suo nuovo film, “Made in Italy”, per raccontare la storia di un uomo normale, dalla crisi al cambiamento, attraverso un ventaglio di emozioni e di canzoni. Il film, nei cinema dal 25 gennaio, nasce dal concept album omonimo, ed è ambientato in quella provincia silenziosa che il cantautore-regista conosce bene, e che in qualche modo è uno specchio dell’Italia.
“C’era un’intenzione molto chiara che era sì quella di raccontare la normalità ma ancora di più un punto di vista anche sul nostro Paese, non solo sul nostro Paese ma anche, attraverso degli occhi meno privilegiati di quelli che si pensano siano i miei. Attraverso una condizione più normale, più consueta, e quindi un po’ più dentro al tessuto sociale vero del nostro Paese. E poi mi piaceva l’idea, e questo lo faccio anche altrimenti, non è la prima occasione, mi piaceva l’idea di ricordare che non esistono vite normali. Ogni vita su cui si posa l’attenzione si capisce che è speciale”, ha spiegato il regista.
Il protagonista del film, Riko, interpretato da Accorsi, e sua moglie, Kasia Smutniak, si confrontano con i problemi di lavoro, con un matrimonio che sembra spento, con le tragedie vicine. Lui dopo la crisi attraversa un percorso di cambiamento, con coraggio, nonostante le difficoltà.
“Riko è uno onesto, non è uno che fa finta, non è uno urbano da questo punto di vista. I personaggi troppo urbani sono personaggi più borghesi di solito, personaggi che sanno muoversi meglio nella società, invece Riko lo troviamo in un momento in cui non solo fa fatica con Sara, fa proprio fatica con questo mondo che gli è cambiato intorno. E quindi è se stesso in contrasto, in conflitto, con quella cosa lì”, ha detto Accorsi.
Attraverso la storia del protagonista Ligabue racconta anche le luci e le ombre dell’Italia, che lui oggi vede così.
“Le luci vengono non tanto da meriti nostri ma quanto dall’eredità che ci ritroviamo in casa. Le ombre vengono dall’incuria che abbiamo un po’ verso questa eredità. Dovremmo meritarcela un po’ di più”.