Bamiyan, Afghanistan (askanews) – Quindici anni dopo la loro distruzione, i Buddha di Bamiyan fanno ancora discutere il mondo. Si tratta delle due enormi statue del Buddha risalenti al III secolo d.C. scolpite a un’altezza di circa 2.500 metri nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan, nell’Afghanistan centrale, 230 chilometri a Nord-ovest della capitale Kabul. Una delle due era alta 38 metri e risaliva a 1.800 anni fa, l’altra raggiungeva i 56 metri e aveva 1.500 anni. Nel 2003 erano state inserite, insieme all’intera zona archeologica circostante, nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco ora impegnato, insieme a diverse nazioni, per la ricostruzione dei due Buddha distrutti il 12 marzo 2001 dai talebani.
La furia iconoclasta era stata determinata dalla volontà di eradicare il passato buddista della regione, nel quadro della conquista talebana della provincia e dei massacri della minoranza sciita hazara, considerata eretica dai guerriglieri sunniti islamisti.
Dal 1 al 3 dicembre un gruppo di archeologi e restauratori afgani, giapponesi, tedeschi e francesi da tempo al lavoro nella valle di Bamiyan si riunirà a Monaco di Baviera per cercare una soluzione comune su un dossier che genera profonde divisioni a proposito di che cosa prevedere per la conservazione delle memoria e della cultura di una comunità violentata. La frattura si colloca tra quelli che vorrebbero ricostruire i Buddha e chi si oppone.
“Se cominciamo a ricostruire, si tratterà di ricostruzione, non di restauro o di conservazione” spiega Thomas Lorain, vice direttore della Delegazione archeologica francese in Afghanistan. “E ricostruire significa cemento, acciaio, pezzi che non provengono dai Buddha originali.. A mio parere ricostruire i Buddha non ha alcun senso”, conclude Lorain.
La soluzione migliore per il fronte del no alla ricostruzione sarebbe preservare la memoria delle statue e le nicchie in cui erano collocate, in pericolo a causa delle fratture prodotte dall’erosione e dalle esplosioni.
Dello stesso parere anche Mohammad Nader Rasouli, archeologo dell’équipe afgana
“Evitando di ricostruirli, i Buddha possono rivelare chiaramente l’orrore talebano mostrando ai turisti che arrivano a Bamiyan i saccheggi e le violenze perpetrate. Ricostruire i Buddha comprometterebbe il loro effettivo valore archeologico perché non sarebbero restaurati ma interamente rifatti. Meglio conservare i pezzi danneggiati delle statue che una nuova scultura ricreata dal nulla”, taglia corto Rasouli.
(Immagini Afp)