Roma, (askanews) – Il Nocs, Nucleo operativo centrale di sicurezza, è un reparto d’élite della polizia di Stato, chiamato nelle situazioni di emergenza, come la liberazione di ostaggi o la cattura di terroristi. Per entrare nel nucleo, la selezione è durissima e l’addestramento è continuo. Sono sempre pronti ad intervenire. E nella cabina di comando dei Nocs, c’è anche una donna. E’ il primo funzionario donna nella storia di questo reparto speciale. E nel testo a corredo del video, ha rilasciato ad askanews la sua prima intervista.
Ventisei anni in polizia, prima l’Accademia, poi sulle strade di Napoli a rubare con gli occhi l’esperienza dei colleghi; e dopo anni di lavoro come poliziotta, la voglia di mettersi ancora alla prova e fare qualcosa che sembrava folle: entrare nei corpi di élite, nel Nocs. Ora è la prima funzionario donna in questo gruppo speciale della polizia di Stato, addestrato per portare a termine operazioni ad alto rischio come la liberazione di ostaggi o la cattura di terroristi. Nessuno sa chi siano questi agenti speciali, i loro nomi e volti sono segreti, ma ci sono, pronti ad agire, sicut nox silentes, silenziosi come la notte, dice il loro motto.
Io la chiamo Anna, un nome di fantasia perché il suo nome è un segreto, e la intervisto al telefono, perché anche il suo volto non deve essere visto, ma la sua voce è gentile ed ha la calma di chi sa cosa fare. “Sono riservata, preferisco stare dietro le quinte ma – dice, spiegando perché ha accettato l’intervista, la prima – è anche bello portare la voce della polizia di Stato, far sapere l’impegno e il lavoro che facciamo, è un po’ abbattere anche così le barriere”. Lei ha abbattuto le barriere di un mondo che era riservato agli uomini: da due anni, a giugno, è nel Nocs, il primo funzionario donna di questo reparto scelto, chiamato a risolvere le emergenze e a garantire la sicurezza di fronte alle minacce del terrorismo. Un mondo dove una donna che dà ordini è una novità ma – confida Anna – “di fronte alla diffidenza di qualcuno non ho mai pensato ‘mi devono rispetto perché sono una donna’, ho sempre pensato ‘hanno ragione’, perché è sul campo e con l’impegno, la fatica che posso e devo conquistarmi l’autorevolezza e il rispetto”.
“Quella di aprire alle donne anche in questi corpi speciali è una decisione maturata dai vertici della polizia per rompere gli schemi ma – assicura Anna – i requisiti per entrare sono uguali per tutti, uomini e donne: il merito, la capacità e poi dopo continuare con l’impegno, il lavoro”. “All’inizio – racconta – ho pensato che fosse una follia, che fosse impossibile. Poi mi sono detta ‘perché no?’. E alla fine tutto si è consolidato con naturalezza. È stato un mettersi alla prova che fa parte della nostra formazione in polizia”. Ed è stata anche una voglia di rompere una barriera, far entrare il mondo femminile in un mondo finora solo maschile. Anna è entrata nel Nocs come dirigente dell’ufficio di supporto operativo, dopo qualche mese è stata nominata vice comandante, e adesso è il vice comandante dell’ufficio e direttrice della sezione istruttori e materiali, cuore pulsante dell’attività, che si cura anche di fornire gli equipaggiamenti e le dotazioni speciali che servono ai gruppi operativi di assalto. “Mi sono messa a studiare con impegno per capire quali potessero essere gli equipaggiamenti speciali migliori”, e come comandante in seconda, nei casi in cui il comandante è assente, deve lei pianificare le missioni e dare gli ordini.
Il Nocs è sempre pronto a intervenire, in ogni parte d’Italia, ogni volta che c’è un allarme, il comandante dà l’ok e tutta la struttura, a cascata, si attiva, tutti sono chiamati a muoversi come una cosa sola. Ci sono squadre dei reparti speciali, gli uomini coi mephisto, sempre pronte a intervenire. Anna racconta di quando un giovane si era barricato in casa armato, il comandante in quel caso era assente ed è stata lei a dover prendere le decisioni e guidare gli operativi in campo, gestire l’allarme, “ma sempre – sottolinea – in collegamento col direttore e col capo della polizia che prendono le decisioni di adeguatezza rispetto a quelle operative decise dal comandante. Sei sempre supportato in questo lavoro, perché è un lavoro di squadra. Si ragiona sul tipo di intervento con l’obiettivo di preservare sempre e comunque la vita, quella dei cittadini e quella degli operatori, ma anche degli stessi sequestratori”. E “in quel caso il ragazzo barricato non aveva ostaggi, l’unico tipo di intervento era quello di entrare nella casa dove si era asserragliato. Ma era chiaro il suo stato di alterazione, quindi abbiamo studiato un intervento per preservare la sua incolumità. Così abbiamo aspettato a fare irruzione, dal pomeriggio alla mattina seguente, e gli operatori hanno usato tutte le cautele per poterlo fermare senza fargli del male. E quando è stato portato fuori quel ragazzo li ha ringraziati, ‘quanto siete belli e bravi’, ha detto. Quel giorno è stata un’emozione indimenticabile, soprattutto perché abbiamo tutti collaborato a risolvere la situazione, senza che nessuno si facesse male. Ci ha ripagato tutti di tante fatiche”.
Nella struttura del nucleo operativo speciale ci sono più componenti, tutta la macchina che supporta le squadre di intervento speciali. Per accedere alle squadre operative di intervento è necessario superare una dura selezione fisica. Ad esempio, correre 5000 metri in 20 minuti e 100 metri in 14 secondi, salto in alto di almeno 135 centimetri, in lungo di almeno 4 metri e mezzo, salita alla fune con la sola forza delle braccia e prove di tiro. Tiratori scelti, i membri dei reparti di intervento devono conoscere tutti i tipi di armi ed esplosivi, sono in grado di arrampicarsi sulla roccia con le corde o pronti a lanciarsi col paracadute; devono essere esperti subacquei e saper guidare tutti tipi di veicoli. Sono molti gli addestramenti che gli operativi devono superare. Il primo step è un corso basico di sei mesi, dove si deve superare un duro addestramento fisico ma anche una rigida valutazione delle capacità attitudinali, perché viene richiesto un grande equilibrio per superare situazioni di emergenza e ad alto rischio, come un attacco terroristico. E nell’ultimo corso c’è stata anche la prima donna, che lo ha superato. Anna ha seguito da vicino il percorso della sua collega e “ha avuto una valutazione totalmente equa. Gli istruttori si sono impegnati a selezionare gli operativi che avessero le più alte capacità”.
“Il lavoro dei nostri – sottolinea infatti Anna con orgoglio – è un grande lavoro che ha in mano il futuro degli operatori e delle persone che si trovano in situazioni particolari di emergenza. È una grande responsabilità. Soprattutto in questo periodo storico dove la lotta al terrorismo e garantire la sicurezza dei cittadini è la priorità”. E se molti sentono parlare del Nocs e dei reparti speciali di emergenza soltanto adesso, “da tempo in realtà, tenendo un basso profilo, come costume del nucleo, siamo pronti. Siamo una presenza silenziosa, noi ci siamo”, dice Anna con fermezza, spiegando: “Dopo gli attentati di Parigi l’emergenza è cresciuta e anche la nostra presenza si è fatta palese, ma a garantire la sicurezza dei cittadini il reparto speciale della polizia c’è sempre anche se nell’ombra. Siamo sempre presenti”. La segretezza, il silenzio, sono loro armi, infatti, ma la scelta di tenere un profilo basso, lontano dai riflettori ha anche un’altra ragione: “Si cerca di non dare risalto a quello che fa il Nocs per non creare allarmismi. Ci basta – dice Anna – la consapevolezza di essere presenti e pronti”.
Anna è un poliziotto, ma anche una donna. E “a volte come donna non è facile, perché da fuori c’è qualcuno che mi guarda stupito, incredulo che ci sia una donna dietro tutto questo. Anche perché io sono una donna normale”. Altezza media, capelli biondi raccolti in una coda – confida- e “tengo comunque a non rinunciare alle piccole classiche cose femminili, come lo smalto colorato. Non ho lasciato quelle piccole cose che possono far parte della nostra vita di donne”. E in un mondo finora al maschile “ho sicuramente creato un po’ di scompiglio, ma ho sempre cercato di essere equilibrata, ferma e decisa. E di prendere comunque le mie decisioni in totale trasparenza, confrontandomi con tutti nel rispetto delle capacità di tutti. Non tutti sono stati uguali nell’affrontare questa novità, ricevere ordini da una donna, ma in ogni caso non puoi dare ordini dimenticando di rispettare le grandi capacità e professionalità che ha anche chi riceve gli ordini”.
“Il mio comandante è una persona molto equilibrata e illuminata, che mi dà grandi responsabilità, e ho il supporto del direttore, del capo della polizia; e poi ho la fortuna di avere dei collaboratori vicino che mi danno consigli preziosi”, ma in questo mondo maschile “ci può anche essere qualcuno che non ha accettato bene di prendere ordini da una donna, c’è qualcuno che lo fa solo per rispetto alla gerarchia e c’è qualcuno che invece ti apprezza”, dice con molta serenità Anna, che racconta quali sono le sue armi per superare qualche diffidenza che ha incontrato: “Io sto anche molto attenta a rispettare le competenze, gli operativi si addestrano tutti i giorni, non posso sostituirmi alla loro competenza, devo rispettarla, ognuno ha il proprio ruolo e ne tengo conto”. Ma soprattutto “di fronte alla diffidenza di qualcuno non ho mai pensato ‘mi devono rispetto perché sono una donna’, ho sempre pensato ‘hanno ragione’, perché è sul campo e con l’impegno, la fatica che posso e devo conquistarmi l’autorevolezza e il rispetto”.
E “essere donna forse mi ha costretta ad impegnarmi ancora di più. Ma poi a volte ci sono piccoli riconoscimenti, anche banali, e questo ripaga le difficoltà”, ché Anna è sempre e soprattutto una poliziotta: “Sono una poliziotta da 26 anni e anche saper valutare il lavoro sul campo è qualcosa che devi imparare. Quando ero sulla strada a Napoli, dopo l’accademia di polizia, avevo solo 24 anni, una ragazzina bionda con la coda. E molti ispettori più anziani mi hanno aiutato, mi hanno insegnato a ‘rubare con gli occhi il lavoro’. Imparare sempre, ogni giorno da chi ha più esperienza. Un insegnamento che non ho mai dimenticato. Ed è in quest’ambiente che ho maturato il senso del buon senso, sembra un gioco di parole ma è proprio questo il segreto; sia quando gestisci una situazione a livello personale, sia quando sei sul campo a gestire una missione, nelle valutazioni devi sempre essere equilibrata. È un esercizio quotidiano, di grande valore.” “Io – dice – sono frutto di molte esperienze, di quelli che mi hanno insegnato, seguito, supportato, di tutte le persone nella polizia da cui ho imparato, lavorando con loro. Mi hanno insegnato ad andare avanti, anche di fronte alle difficoltà. Ho la fortuna di avere alle spalle tanta dedizione e fatica. Di tutti”.
Anna fa “il lavoro che ho sempre sognato fin da piccola, mio padre era nelle forze di polizia, ho sempre visto il suo impegno, per me è quasi naturale, questo lavoro mi scorre nelle vene, è bellissimo fare quello che ti piace sono fortunata anche se é una fortuna che non è mai stata senza fatica, come per tutti”. Che il suo lavoro ora resti nell’ombra non le importa, “la segretezza è una segretezza verso l’esterno, tanti miei colleghi all’interno della polizia sanno chi sono e cosa faccio. Gli altri, le persone che conosco, con cui ho un rapporto, gli amici, sanno che io sono un funzionario di polizia, e questo basta. Che non sappiano cosa faccio non è un problema, anzi. Io sono sempre un poliziotto e questo lo sanno. Poi forse per me è facile partire anche all’improvviso perché non sono sposata, ma – aggiunge poi sorridendo – non è stata una scelta, è soltanto perché, come per molte donne, non ho trovato l’uomo giusto”.
“Il mio incarico ora è sicuramente prestigioso – mi dice infine Anna, prima di finire l’intervista e tornare al suo lavoro – e spero che sia uno spunto per le colleghe più giovani, per tutte le donne che abbiano la voglia di mettersi alla prova. Sappiano che con l’impegno, la dedizione, la capacità e la voglia di assumersi le proprie responsabilità possono arrivare dove vogliono”.