Roma, 1 set. (askanews) – Mercoledì 26 agosto la Instrument Control Unit (Icu) di Plato – il futuro cacciatore di nuove Terre potenzialmente abitabili dell’Agenzia spaziale europea, con lancio previsto nel 2026 – è stata accesa per la prima volta in maniera ufficiale e nominale in maniera del tutto simile a ciò che avverrà tra qualche anno nello spazio: tramite un simulatore di satellite, è stavo inviato un comando che ha dato l’ordine a un alimentatore di fornire tensione alla Icu. E la Icu ha preso vita, mandando i suoi primi “vagiti”: pacchetti di telemetria che contengono informazioni sullo stato della Icu stessa.
“Non è in realtà la prima volta che la Icu viene accesa, -racconta Stefano Pezzuto, software system engineer della Icu, su Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – dato che l’unità è stata sottoposta a numerosi test da parte di Kayser Italia, la ditta di Livorno che ha fornito l’hardware e parte del software di bordo, prime della consegna ad Asi e Inaf, ma quella del 26 agosto è la prima accensione effettuata in maniera ufficiale e nominale. Plato è una missione Esa con lancio previsto nel 2026. Avrà il compito di trovare esopianeti simili alla Terra orbitanti intorno a stelle come il Sole. Naturalmente scoprirà un gran numero di esopianeti come quelli già osservati da precedenti missioni, ma l’obiettivo principale sarà proprio quello di trovare una seconda Terra, e sistemi planetari simili al Sistema solare”.
“Per raggiungere tale scopo, – prosegue Pezzuto – il satellite userà la tecnica dei transiti: sfrutterà cioè le variazioni di luminosità che una stella subisce quando un pianeta che le orbita intorno si interpone tra la stella e la Terra. La variazione di luminosità è estremamente debole – poche parti per milione – cosicché, per essere sufficientemente sensibile, Plato userà non un “occhio”, bensì 26. Due telescopi acquisiranno immagini velocemente – una ogni 2,5 secondi – per osservare stelle brillanti; gli altri 24 acquisiranno un’immagine ogni 25 secondi. I primi due sono detti telescopi veloci, gli altri vengono chiamati normali. I dati dei vari telescopi saranno quindi combinati a terra per raggiungere la sensibilità richiesta”.
“Per elaborare le immagini dei telescopi si useranno 12 Dpu (Digital Processing Unit), una ogni due telescopi normali, dette quindi N-Dpu, e due per acquisire i dati dei telescopi veloci (F-Dpu, fast Dpu). La mole di dati da gestire sarà enorme, e uno dei compiti della Icu sarà quello di acquisire tutti i dati di scienza dalle Dpu, comprimerli e trasmetterli a terra. La Icu – precisa Pezzuto – sarà l’unico computer a interfacciarsi direttamente con il modulo di servizio (service module) che tramite antenna collegherà Plato ai centri di ascolto a terra. Essa dovrà gestire e smistare i comandi ai vari sottosistemi, come le Dpu, dovrà controllare lo stato di salute della missione, eventualmente attivando delle procedure di emergenza nel caso qualche cosa non dovesse funzionare come ci si aspetta”.
“Plato, come diverse missioni quali Herschel o Gaia, lavorerà in L2, il punto Lagrangiano a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, e sarà in contatto con le antenne terrestri solo poche ore al giorno, tipicamente due o tre, per cui la maggior parte della vita operativa sarà condotta in autonomia. La consegna all’Inaf – Istituto di astrofisica e planetologia spaziali (Iaps) di Roma da parte di Kayser Italia è avvenuta in condizioni non usuali, per il dovuto rispetto delle norme di sicurezza connesse con la pandemia Covid-19. L’evento è stato quindi seguito allo Iaps da poche persone soltanto, mentre altri collaboratori si sono collegati in remoto”.