Roma, 5 nov. (askanews) – La contestazione prevista contro il Pd c’è stata, ma in fondo molto più contenuta di quanto si potesse pensare e, alla fine, non è questo il problema più grosso che la manifestazione di Roma lascia a Enrico Letta. Il fatto è che il bilancio della giornata è quello di un centrosinistra ancora più spaccato di quanto già non fosse, con Giuseppe Conte che cerca di sostituirsi al Pd come interlocutore privilegiato del mondo pacifista cattolico e di sinistra e con i centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi che da Milano infieriscono sui democratici costretti a sfilare insieme al leader M5s che ha una linea opposta sull’Ucraina. Senza contare che anche dalle file Pd qualche distinguo sull’invio di armi comincia ad emergere. Dal Nazareno filtra un commento comunque positivo: “Oggi ci siamo sentiti a casa. Pochi estremisti non possono sporcare una bellissima manifestazione”. Ma è un dato di fatto che il leader M5s si sia preso la scena dall’inizio alla fine della manifestazione, consapevole che il suo “basta armi” è molto apprezzato dalla piazza. Non è un caso che nella piattaforma della manifestazione alla fine su questo si sia preferito sorvolare. I democratici, con Marco Furfaro, hanno lavorato nelle scorse settimane tenendo con gli organizzatori proprio per arrivare a definire un documento che non sollevasse il tema del sostegno militare all’Ucraina. Questa era la condizione perché il Pd potesse partecipare, come è stato chiaro anche dalle parole di Letta: “Noi siamo in tutte le piazze, purché non ci sia equidistanza tra aggressore e aggredito”. Ma, appunto, ci ha pensato Conte a riportare in primo piano il tema che mette in imbarazzo il Pd di fronte al “popolo della pace”. Il leader M5s è andato giù più duro che mai: “Non si azzardi questo governo a fare un ulteriore invio di armi senza venire a confrontarsi in Parlamento”. Concetto ribadito anche al termine della manifestazione: “Di invii di armi ce ne sono stati tantissimi. Rispetto alla sproporzione iniziale delle forze militari in campo mi sembra che quel momento sia stato superato. Continuando con questo invio c’è il rischio di un’escalation militare e di consegnare il mondo intero a una deflagrazione di un conflitto nucleare”. Letta davanti alle telecamere ha usato toni più prudenti, come è comprensibile a margine di una manifestazione per la pace, ma di fatto ribadendo la linea: “Quando il governo farà una proposta valuteremo. Ma per noi la coerenza con quanto fatto fino a oggi è fondamentale, la difesa dell’Ucraina è fondamentale, l’aiuto alla resistenza dell’Ucraina è un punto fermo”. Calenda, da Milano, ne approfitta: dice che “parte della sinistra ha dimenticato il valore della resistenza”, chiude la sua manifestazione con “Bella ciao” e chiosa: “Voglio dire a Enrico Letta che questa piazza stasera non lo avrebbe fischiato, lo avrebbe applaudito”. Ma forse la prudenza di Letta è dovuta anche al fatto che pure tra i democratici cominciano ad emergere posizioni non esattamente in linea con la posizione tenuta da febbraio ad oggi. Andrea Orlando sottolinea che la piazza chiede “a gran voce che si fermino le armi e che si metta al primo posto il dialogo”, una “grande partecipazione dal basso che deve essere ascoltata e valorizzata”. Gianni Cuperlo dice che è stato giusto sostenere la resistenza ucraina, ma ora bisogna capire se ulteriori invii di armi servono a “vincere questa guerra sul campo, con i costi umani che costerebbe”, o ad esercitare una “pressione più forte sulla Russia perché accetti la via di una trattativa e di una tregua?”. Dice un parlamentare Pd: “E’ chiaro che se votiamo sulle armi stavolta ci sarà una discussione anche tra di noi”. Al Nazareno sono netti: “Finchè Letta è segretario la linea rimarrà la stessa”. Il Conte pacifista ovviamente non piace: “Nessuna sorpresa. Il suo pacifismo è una divisa di stagione, in funzione degli umori dell’opinione pubblica. Se domani l’opinione pubblica si mobilitasse per il blocco navale lui sosterrebbe il blocco navale”. Il punto è che la tenaglia M5s-Terzo polo è sempre più soffocante e quel Conte che flirta con Cgil e Arci che si è visto oggi mette in agitazione una bella fetta di Pd, che non ci sta a lasciare al leader M5s un territorio storicamente monopolio della sinistra.
Ucraina, tra Roma e Milano piazza divide il centrosinistra, ma Letta ribadisce linea
Conte chiede stop armi, ma dubbi crescono anche nel Pd