Roma, 22 set. (askanews) – “Non vorrei ci fossero equivoci. Sono profondamente convinto che il grado di civiltà di un Paese si misuri soprattutto attraverso due indicatori: il rapporto uomo-donna e quello tra politica e religione, o se preferisce tra Stato e Chiesa. Ebbene, su questi due punti la nostra linea è e sarà una sola: i nostri valori vanno a tutti i costi assimilati”. Lo afferma il ministro dell’Interno, Marco Minniti, in un’intervista a “Il Giorno”, “La Nazione”, “Il Resto del Carlino”.
“Chi ritiene che la donna debba essere succube dell’uomo e la legge dello Stato succube della legge di Dio (la sharia) si pone automaticamente fuori dalla nostra civiltà giuridica. Esistono valori non negoziabili, e su questi abbiamo il dovere di non arretrare”, sottolinea il titolare del Viminale.
Per Minniti chi si pone fuori dalla nostra civiltà “nei casi estremi si applica con scrupolo la legge fino a togliere la patria potestà, come è accaduto a quei genitori pakistani che a Bologna hanno rapato a zero la figlia perché considerata troppo ‘occidentalizzata’. Ma credo che l’integrazione non possa essere imposta per legge. Se forzassimo la mano sul credo religioso otterremmo risultati opposti a quelli desiderati. La strada è quella della condivisione, della corresponsabilizzazione”.
Il ministro ricorda anche che l’obiettivo del governo è “passare dal Patto (siglato lo scorso febbraio con l’Islam italiano, ndr) all’Intesa, e ciò presuppone che a rappresentare i musulmani d’Italia sia un unico interlocutore. Non so se si rende conto della portata rivoluzionaria di un simile cambiamento”.
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