Roma, 14 gen. (askanews) – Il gigante della tecnologia cinese Huawei farà delle correzioni nel suo tentativo di ottenere un brevetto per un suo sistema di riconoscimento facciale che avrebbe la capacità di identificare l’etnicità, per esempio quella uigura rispetto a quella cinese han. Lo ha riferito la stessa compagnia alla Cnn, dopo che questo software è stato denunciato da media internazionali come la Bbc e l’authority internazionale sulla videosorveglianza Ipvm.
La richiesta di brevetto è stata presentata nel 2018 dalla Huawei in collaborazione con l’Accademia delle Scienze cinese, che è un ente dello Stato. Nella domanda, si descrive il prodotto come uno strumento d’identificazione dei pedoni per strada che “sulla base di attributi dell’obiettivo come il genere (maschio, femmina), l’età (teenager, mezza età, anziano), la razza (han, uiguro)…”.
Alla Cnn, un portavoce di Huawei ha detto che la compagnia “emenderà” il suo brevetto, aggiungendo che l’identificazione etnica semplicemente “non avrebbe mai dovuto entrare a far parte della richiesta”. E ha aggiunto: “Huawei si oppone alla discriminazione di ogni tipo, a partire dall’uso della tecnologia per discriminare su base etnica”.
Secondo Ipvm, in Cina sistemi di riconoscimento facciale sono ampiamente utilizzati dall’articolato sistema di controllo attraverso videocamere di sicurezza per l’identificazione degli uiguri, la minoranza etnica musulmana del Xinjiang che, secondo diverse organizzazioni internazionali, sono oggetto di una dura repressione.
Sono diverse le compagnie cinesi impegnate nella produzione di sistemi di questo tipo. Secondo Ipvm, in particolare, la startup Megvii ha presentato a giungo 2019 una richiesta di brevetto per “un metodo e un device per il riconoscimento dei ritratto” rafforzati da una “rete neurale” che “estrae le caratteristiche (facciali)”. E, tra le possibilità di questo sistema, Megvii segnala “la classificazione etnica” a partire dalla differenziazione tra “han, uiguri, non-han, non-uiguri e sconosciuti”. Questo sistema può “collegarsi direttamente al riconoscimento facciale istituito presso l’organo di pubblica sicurezza”.
Megvii, alle accuse di Ipvm ha risposto ammettendo che “il linguaggio usato nella richiesta di brevetto del 2019 si presta a fraintendimenti” e ha sostenuto di non aver “sviluppato” e che non svilupperà e venderà “soluzioni per la classificazione razziale o etnica”. Una risposta che ha convinto Ipvm, che ha risposto: “non c’è alcun ‘frantendimento’ su questo brevetto”.
A dicembre, invece, Alibaba ha annunciato che non tenterà più di identificare volti in base all’etnia dopo un’analoga denuncia della Ipvm.